Raid israeliano con aerei e carri armati a Khan Yunis: un’operazione che – secondo il ministero della Salute di Gaza – ha ucciso settanta palestinesi e causato più di 200 feriti, molti dei quali gravi. I combattimenti sono iniziati lunedì mattina: al 290esimo giorno di guerra a Gaza, l’Idf è tornata in forze – con tank e soldati – ad est della città dopo aver chiesto alla popolazione dell’area di evacuare “temporaneamente” la zona spostandosi a Mawasi sulla costa. “Hamas – ha spiegato l’esercito – ha messo infrastrutture terroristiche nell’area definita come zona umanitaria” dalle quali sono stati lanciati razzi verso Israele.

Una nota dell’esercito israeliano, arrivata in serata, ha fatto sapere che in seguito alle operazioni di Hamas per rimettere insieme le sue brigate a Khan Younis e al lancio di razzi dall’area, aerei e carri armati dell’esercito israeliano hanno “colpito ed eliminato i terroristi” nell’area. “Da lunedì mattina, l’aeronautica militare israeliana e l’artiglieria hanno colpito più di 30 siti di infrastrutture terroristiche a Khan Yunis, compresa l’area da cui è stato lanciato un proiettile verso Nirim, nel sud di Israele, nella giornata di oggi”, ha detto l’Idf. E ha aggiunto che gli aerei militari hanno colpito un deposito di armi, postazioni di osservazione, tunnel e strutture utilizzate da Hamas.

Tutto questo è accaduto mentre il premier israeliano volava negli Usa: Benyamin Netanyahu sarà il primo capo di Stato ad incontrare Joe Biden dopo la sua scelta di lasciare la corsa per la Casa Bianca. Un viaggio rivendicato dal premier perché “è importante che i nemici di Israele sappiano che America e Israele sono uniti, oggi, domani e sempre”. Una visita di Stato – la prima di Netanyahu negli Usa in 4 anni e la prima all’estero dopo il 7 ottobre – a un presidente con il quale i dissidi sulla guerra a Gaza sono stati profondi e ripetuti: “Sarà un’opportunità per ringraziarlo per le cose che ha fatto per Israele in guerra e durante la sua lunga carriera politica”, ha sottolineato comunque Netanyahu.

Premier israeliano che il 24 luglio parlerà al Congresso Usa, vedrà anche Kamala Harris, attuale vice di Biden e possibile candidata dem nella corsa elettorale. E un incontro è in programma anche con Donald Trump, l’ex presidente che spostò l’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme e fu l’artefice degli Accordi di Abramo, atti entrambi di enorme valenza politica per Israele. Attento tuttavia a non suggerire possibili indicazioni di preferenza nel prossimo voto di novembre, un Netanyahu dal tono bipartisan ha osservato che “chiunque sarà scelto come prossimo presidente dal popolo americano, avrà Israele come indispensabile e più forte alleato in Medio Oriente”. Fatto sta che nell’agenda diplomatica del viaggio non c’è più solo la guerra a Gaza, arrivata oramai al nono mese, ma anche la nuova minaccia degli Houthi yemeniti, parte “dell’asse terroristico dell’Iran” denunciato dal premier israeliano.

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