“Sono l’unica persona in tutto il paese a desiderare che ricominci a piovere?”. Inizia così il lungo sfogo di una donna, rimasta anonima, sul Daily Mail. E non è il troppo caldo il problema ma con l’arrivo dell’estate, la donna è costretta, a suo dire, a rinchiudersi in casa, sigillando ermeticamente ogni fessura della dimora. Il motivo? Una cucina. O meglio, la cucina all’aperto che i suoi vicino hanno comprato da tre anni e che la donna starebbe ancora maledicendo.
“Frigo per il vino da giardino, griglia rotante, forno per la pizza, banco di preparazione, lavello e, ovviamente, un barbecue così grande da poter cucinare spiedini di mammut lanoso”. Ma non è tanto la presenza di una cucina considerata ingombrante, quanto la vicinanza alla recinzione condivisa a infastidire la donna. Che, inevitabilmente, è raggiunta da “nuvole di fumo come se l’intero patio fosse in fiamme”. Un fastidio che, con il tempo, è diventato nervosismo e, infine, furia. Talmente cieca da maledire sia “David Beckham, per aver fatto girare la testa ai miei vicini” (togliendo loro lucidità? Chi può dirlo) sia “il sogno di una persona di preparare e cenare all’aperto” perché è “il mio incubo vivente”. E alla base non ci sarebbero sentimenti di invidia o gelosia. Anzi, totale repulsione, in quanto “vegetariana convinta da 40 anni – dichiara la donna -. Quale peccato ho commesso in una vita passata per avere una famiglia pazza per il barbecue accanto, perennemente avvolta dall’odore delle loro mangiate di carne quotidiane?”.
I dolci momenti estivi passati nel suo giardino sono presto svaniti. O meglio, “andati in fumo, dispersi”, come la serenità della vita casalinga. “Le nostre case sono il nostro rifugio, ma i semplici piaceri della vita domestica sono seriamente compromessi. Una volta amavo i pranzi tranquilli e i drink al tramonto nel patio. Un prezioso pomeriggio trascorso a leggere un libro sdraiata sul nostro angolo Capri di Cox & Cox. Curare attentamente il giardino”. E allora, ogni giorno è costretta all’attenzione più totale, quasi maniacale, verso il giardino dei suoi vicini, “come un reggimento ben addestrato messo in azione”. Così, al primo segnale di fumo, la corsa verso l’esterno per recuperare “il bucato umido, i cuscini dei mobili da giardino, il nostro cibo e le nostre bevande. La nostra sanità mentale”.
Ma la donna assicura che non sia sempre stato così. Anzi. “Una volta mi piacevano molto i miei vicini. Una volta condividevamo la stessa tata. Nutriamo i loro gatti quando sono in vacanza”. Poi è arrivata la cucina all’aperto, che ha distrutto tutto. Anche i rapporti più idilliaci. E perfino il sostegno del marito, a un certo punto, vacilla: “Lui annuisce con la testa ma preferisce principalmente seppellirla nella proverbiale sabbia. Non è un fan del confronto. È anche un mangiatore di carne”.
Ed è in momenti come questi che la furia cieca della donna si trasforma in una vendetta, pianificata silenziosamente, ma molto rumorosa: “Quando tutto è tranquillo sul fronte della cucina fumante, quando so che uno di loro si sta godendo il sole estivo – magari leggendo i giornali o un libo – è in quel momento che divento una ninja furtiva, aprendo silenziosamente le porte a fisarmonica e dicendo: ‘Ehi Google, riproduci The Archers. Al massimo volume'”.