Prosegue a tappeto l’azione della procura di Milano per frode fiscale di grandi gruppi legati al sistema di “serbatoi di manodopera che ha portato nel corso del tempo al recupero di quasi 500 milioni di euro. Il Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Milano, in un’inchiesta dei pm Paolo Storari e Valentina Mondovì, ha eseguito un sequestro preventivo d’urgenza di circa 121 milioni di euro per frode fiscale a carico di Amazon transport italia srl. Tre le persone iscritte nel registro degli indagati oltre alla società. L’indagine, come altre del pm Storari, vede appunto al centro i “serbatoi di manodopera”, presunto sistema attraverso il quale grandi aziende si garantiscono “tariffe altamente competitive” sul mercato “appaltando” per i loro servizi di logistica la manodopera a cooperative, consorzi e società “filtro” in modo irregolare, con annesso “sfruttamento del lavoro“.
Il controllo dei lavoratori e l’ultimo miglio – Secondo gli inquirenti Amazon Italia Transport srl, “attraverso i propri dispositivi tecnologici, esercita poteri direttivi organizzando di fatto l’attività complessiva di distribuzione e consegna merci, compresa quella relativa alla cosiddetta consegna ‘di ultimo miglio’ in apparenza appaltata” a fornitori, “esercitando direttamente nei confronti dei singoli corrieri, formalmente dipendenti dai sopra citati fornitori, i poteri specifici del datore di lavoro”, anche nel “controllo del loro operato”. I corrieri quindi vengono di fatto controllati tramite app e smartphone.
Le “singole società affidatarie del servizio di consegna”, ossia quelle per cui formalmente lavorano i corrieri, “non dispongono nello svolgimento dell’attività di alcun potere discrezionale, in quanto i lavoratori non possono che interloquire costantemente solo con il dispositivo informatico loro in uso, dotato di un software gestionale di proprietà Amazon, con cui sono impartite le concrete direttive operative per effettuare l’attività di consegna”.
Lo sfruttamento dei lavoratori – I software “e i relativi dispositivi elettronici, messi a disposizione da Amazon”, si legge ancora, “sono studiati e impostati al fine di massimizzare la produttività e raggiungere la maggior quantità possibile di passaggi, non lasciando all’appaltatore, o comunque all’affidatario del servizio di consegna di ultimo miglio, alcuna discrezionalità operativa, residuando per esso unicamente poteri accessori, quali l’assegnazione di ruoli, l’organizzazione dei turni, il pagamento delle retribuzioni”.
Il “meccanismo fraudolento è tutt’ora in atto, con rilevantissime perdite per l’erario e situazioni di sfruttamento lavorativo che perdurano, a tutto vantaggio di Amazon Italia Transport srl” – scrivono i pm di Milano Paolo Storari e Valentina Mondovì nel decreto di sequestro. Dalle 94 pagine del decreto, che dovrà essere convalidato dal gip Luca Milani, risulta che per la presunta frode fiscale sono indagati tre responsabili della srl, Gabriele Sigismondi, Adriano Susta e Jason Miller, oltre alla stessa società per la responsabilità amministrativa.
La presunta frode, attraverso la “somministrazione illecita di manodopera”, sarebbe stata commessa, stando alle imputazioni, tra il 2017 e il 2022, con effetti anche sulle “dichiarazioni Iva” del 2023. Emerge, scrivono ancora i pm, “un sistema piramidale con all’apice Amazon Italia Transport srl nella gestione del servizio di trasporto e consegna cosiddetto ‘di ultimo miglio’ in apparenza affidato a enti fornitori, realizzato a vari livelli attraverso la concatenazione di contratti di appalto o di trasporto ed il coinvolgimento di diversi soggetti quali ‘serbatoi di primo livellò e ‘serbatoi di secondo livellò”.
Gli altri casi – Il presunto “sistema” descritto anche in quest’ultima indagine, che ha portato stamani al sequestro d’urgenza da 121 milioni, era già venuto a galla anche nei casi, solo per citarne alcuni, delle inchieste su Dhl, Gls, Uber, Lidl, Brt, Geodis, Esselunga, Securitalia, Ups, Gs del gruppo Carrefour e Gxo, con ultimo sequestro da quasi 84 milioni il 2 luglio.
Anche il sequestro firmato dai pm a carico di Amazon Italia – costituita nel 2016, con sede a Milano e proprietà riconducibile alla società di diritto lussemburghese Amazon Europe Core Sarl – dovrà essere convalidato dall’ufficio giudice per le indagini preliminari. Dalle inchieste sono emerse vicende in fotocopia di lavoratori “sfruttati”, costretti a passare come in una “transumanza” da una società all’altra dalle quali erano formalmente assunti – società “filtro” o consorzi – e lasciati sempre senza contributi previdenziali e assistenziali. Un presunto “schema” realizzato con false fatture ed evasione dell’Iva e che ha visto al centro nelle varie inchieste, oltre alla logistica, anche i servizi di facchinaggio e di vigilanza privata, tutti messi nel mirino dalla Procura milanese, guidata da Marcello Viola e con la procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano.
Il recupero dei soldi della frode e le assunzioni – Con le inchieste, coordinate dal pm Storari, le imprese, almeno una quindicina in tutto, hanno, poi, versato all’erario, come risarcimenti sulle somme contestate, un “totale” di circa mezzo miliardo di euro, come era stato evidenziato pure nell’ultimo decreto di sequestro: ad esempio, oltre 35 milioni da Dhl, 38 milioni da Gls, quasi 48 milioni da Esselunga, 146 milioni da Brt, oltre 86 milioni da Ups. Inoltre, le società, come chiarito dalla Procura, “hanno proceduto ad internalizzare i dipendenti, prima ‘in balia’ delle cooperative”. Sono stati stabilizzati così negli anni circa 14mila dipendenti e a 70mila è stato aumentato lo stipendio.