Beauty e Benessere

I Botox Bar arrivano anche in Italia: peeling chimici, gummy smile e foxy eyes nel menù. L’allarme degli esperti: “Non è corretto proporre il botox come un bicchiere d’acqua”

L’ultima fontiera della chirurgia estetica? Portare botox e filler fuori dagli studi medici, in locali elegantemente arredati (e molto instagrammabili) che ricordano saloni di bellezza e spa

I colori pop dell’ambiente, il marketing ironico sui social, l’arredamento che ricorda più un locale del centro che uno studio medico. Eppure è qui che ragazzi e ragazze vengono per ricevere trattamenti come rinofiller, botox e iniezioni di acido ialuronico. Parliamo dei botox bar, strutture sempre più popolari negli Usa e in Europa che sono arrivati anche in Italia. Suscitando tanto entusiasmo quanta perplessità.

Il successo dei botox bar nel mondo
Ormai i botox bar sono realtà ben radicate negli Stati Uniti e in Europa. Il più famoso, in Italia, è Botox Bar, che ha sedi a Roma, Monza e Milano. A Londra è molto popolare Alchemy 43, a New York, Los Angeles e Miami l’indirizzo cult è il Ject, il cui feed di Instagram è pieno di selfie di influencer accomodati sulle poltroncine in pelle dello studio. Il “menù” (in tutte le strutture si chiama esattamente così) propone trattamenti à la carte come peeling chimici, microneedling e botox per trattare una grande varietà di aree, dal cosiddetto gummy smile (cioè rimpolpare le labbra per non mostrare le gengive sorridendo) alle ormai note zampe di gallina intorno agli occhi. Alcuni saloni propongono anche i trattamenti virali sui social, come le russian lips (labbra turgide e molto arcuate) e i foxy eyes (occhi allungati e sollevati). In ogni caso, tutti i trattamenti vengono eseguiti nel pieno rispetto delle norme vigenti da un team di chirurghi plastici ed estetici. Quello che cambia, semmai, è il contesto: luoghi accoglienti e informali, dove sentirsi a proprio agio, superare la diffidenza e i timori legati alla chirurgia parlando direttamente con i medici di fronte a un caffè.

Stefania de Fazio (SICPRE): “Non è corretto proporre il botox come un bicchiere d’acqua”
A giudicare dalle recensioni, chi prova è entusiasta. I chirurghi estetici, invece, sono più cauti. Stefania de Fazio, presidente della Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva-rigenerativa ed Estetica (SICPRE) riconosciuta dal Ministero della Salute, spiega a FQ Magazine: “La posizione della SICPRE è verso la non banalizzazione di questi trattamenti, che sono procedure mediche e richiedono pertanto colloqui approfonditi con il medico e la piena comprensione da parte del paziente dei pro, contro, dei possibili rischi e dell’evoluzione nel tempo. No, quindi, alla versione “salotto” e ai contesti che allontanano dalla percezione di un atto medico”. Il trend è chiaro: portare il botox e i filler fuori dagli studi, in locali elegantemente arredati (e molto instagrammabili) che ricordano saloni di bellezza e spa.

Il rischio, però, è quello di dare una percezione fuorviante di un intervento estetico, equiparandolo a una messa in piega o a una manicure: si entra, si sceglie, si paga e si esce sentendosi più belli. “Il botulino è un farmaco sicuro, ampiamente utilizzato in medicina – chiarisce la dottoressa de Fazio – dall’oculistica alla neurologia, fino alla medicina estetica, sono tantissimi gli impieghi che permettono di migliorare la qualità di vita dei pazienti. Ritengo che il botox sia un farmaco utile a scopo estetico, in molti casi. Tuttavia, non ritengo corretto proporlo come un bicchier d’acqua o un drink analcolico, appunto, accessibili a tutti. Si tratta di una procedura medica la cui corretta somministrazione presuppone professionisti, ambienti e materiali adeguati. E di conseguenza dei costi che tengono conto di tutto ciò. Quando i costi vengono oltremodo ridotti, il paziente deve sapere se c’è qualcosa che non va, che qualcuno dei criteri fondamentali per la sua sicurezza è stato trascurato”.

L’estetica pop e divertente di queste strutture fa presa specialmente sui più giovani, i più vulnerabili sul tema della percezione e dell’accettazione di sé. I social, in questo frangente, giocano un ruolo cruciale: da un lato hanno contribuito a eliminare lo stigma sulla chirurgia, legittimando il desiderio delle persone di star bene con se stesse e con il proprio aspetto. Dall’altro lato, però, hanno anche imposto standard di bellezza irrealistici, capaci di ingigantire le insicurezze.

I rischi da non sottovalutare
Prima di rivolgersi ai professionisti – sempre in uno studio medico autorizzato – è bene parlare in modo chiaro e diretto con i medici per essere informati su pro e contro, rischi e possibili complicanze. “Le infiltrazioni di botox e acido ialuronico sono comunque un atto medico cruento per il quale la procedura e l’ambiente sterile sono fondamentali – avverte la dottoressa de Fazio – Non si tratta di banalizzare il trattamento (approccio che può portare ad eseguire un maggior numero di trattamenti, ma che non ritengo eticamente corretto), ma di fornire al paziente tutte le informazioni, affinché possa decidere per il sì, se lo ritiene corretto e adatto a sé, o per il no”. La prima impressione, guardando i video sui social che parlano di filler e iniezioni, è che siano trattamenti facili da eseguire, privi di rischi e per questo molto popolari. Negli ultimi anni c’è stato chi addirittura proponeva tutorial per farli a casa con Hyaluron Pen acquistate su Internet. Botox e filler sono sicuri se eseguiti da medici preparati, con strutture e dispositivi adeguati. E, cosa non meno importante, con pazienti informati, psicologicamente stabili, collaborativi e consapevoli.

“Aggiungo che a differenza dell’acido ialuronico, per cui esiste un antidoto (la ialuronidasi) per un’infiltrazione di botox eseguita male non c’è un rimedio immediato – conclude la dottoressa de Fazio – Se il botulino viene iniettato nel muscolo sbagliato (e quindi anziché attenuare le rughe si ha l’effetto di non riuscire ad aprire completamente l’occhio, o di non riuscire a chiudere perfettamente la bocca) l’unica possibilità per il paziente è attendere la naturale degradazione del prodotto da parte dell’organismo”.