Giustizia & Impunità

Incidente ferroviario di Pioltello, chiesti 8 anni e 4 mesi di carcere per l’ex ad di Rfi Gentile. I pm: “Accettato il rischio per risparmiare”

La colpa più grave per l’incidente ferroviario di Pioltello è da addebitare all’allora amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana, Maurizio Gentile. È questa l’idea dei pubblici ministeri della procura di Milano Maura Ripamonti e Leonardo Lesti che hanno chiesto una condanna a 8 anni e 4 mesi di reclusione per il manager, imputato nel processo per il disastro ferroviario che il 25 gennaio 2018 costò la vita a 3 donne (Ida Maddalena Milanesi, Pierangela Tadini e Alessandra Giuseppina Pirri) e nel quale rimasero feriti oltre 200 passeggeri.

Per il deragliamento del treno regionale 10452, partito da Cremona e diretto a Milano Porta Garibaldi con a bordo 350 persone, avvenuto alle 6.56, sono state richieste anche le condanne dell’ex direttore produzione Umberto Lebruto (8 anni e 4 mesi, come Gentile) e Vincenzo Macello, allora numero uno della Direzione territoriale provinciale, che secondo l’accusa dovrebbe scontare 7 anni e 10 mesi. E ancora: 6 anni e 10 mesi per Marco Albanesi (responsabile dell’Unità manutentiva di Brescia) e Andrea Guerini (responsabile delle Linee Sud della Direzione territoriale produzione di Milano di Rfi). Chiesta anche la condanna della stessa Rfi, in qualità di responsabile civile, al pagamento di una multa da 900mila euro.

I pubblici ministeri hanno invece invocato l’assoluzione per altri tre imputati: Moreno Bucciantini, a capo del Reparto programmazione e controllo dell’Unità Territoriale Linee Sud della Direzione territoriale, Ivo Rebai (responsabile della struttura operativa ingegneria della DTP di Milano) e Marco Gallini, responsabile della struttura organizzativa servizi per i rotabili e per la diagnostica della società. Tutti rispondono, a vario titolo, di disastro ferroviario, omicidio plurimo e lesioni plurime colpose, violazioni della normativa sulla sicurezza sul lavoro e la prevenzione degli infortuni.

Il deragliamento, stando alla tesi accusatoria, avvenne a causa di un giunto ammalorato poco dopo la stazione di Pioltello Limito. Ad avviso degli inquirenti, tutto partì da quelle pessime condizioni del pezzo che portarono alla rottura di uno spezzone di rotaia di 23 centimetri nel cosiddetto “punto zero”. Per la procura quello di Pioltello fu un incidente causato da una lunga serie di “omissioni” nella “manutenzione” e nella “sicurezza”, messe in atto solo per risparmiare. Il problema del giunto – è emerso nel corso delle indagini – era noto ed era stato segnalato già dall’estate 2017, ma si intervenne solo con una zeppa di legno “tampone” sotto il pezzo ammalorato.

Ad avviso della pm Ripamonti, disporre un rallentamento su quel tratto “era l’unica cosa che, esclusa la sostituzione del giunto, avrebbe potuto prevenire con certezza l’incidente”, ha detto nel corso della sua requisitoria che era iniziata lo scorso 18 giugno. “Se un treno deraglia non a 140 chilometri all’ora, ma a 50 – ha aggiunto – allora quasi sicuramente non muore nessuno”. In un altro passaggio della lunga requisitoria, iniziata alla scorsa udienza, è poi stato sottolineato che “non potendo sostituire tutti i giunti, si finisce per accettare il rischio che qualche giunto si rompa” o “si interviene tempestivamente in continuazione oppure ogni tanto qualcosa si rompe”. Quindi la sottolineatura: “Intervenire ogni tanto costa meno”. Nel 2022, davanti alla quinta sezione penale del Tribunale di Milano, era già arrivata una sentenza di patteggiamento a 4 anni per Ernesto Salvatore, allora responsabile del Nucleo Manutentivo Lavori di Treviglio di Rete ferroviaria italiana.