Una riforma inutile e dannosa per il cittadino che ha un unico obiettivo: arrivare a sottomettere la magistratura al controllo del governo. I vertici del sindacato delle toghe e la prima presidente della Corte di Cassazione fanno a pezzi la separazione delle carriere tra giudici e pm. Uno storico obiettivo del centrodestra, che il guardasigilli Carlo Nordio ha portato in Consiglio dei Ministri il 29 maggio scorso.
I progetti di legge promossi dal ministro della giustizia prevedono di modificare l’articolo 87 e al titolo IV della parte II della Costituzione separando le carriere tra magistratura giudicante e requirente, sdoppiando i Csm (che saranno composti da membri eletti tramite sorteggio) e istituendo un nuovo organismo titolare dell’azione disciplinare sulle toghe: l’Alta Corte Corte disciplinare, i cui componenti saranno scelti in gran parte tramite sorteggio. Un disegno di legge all’esame della commissione Affari costituzionali della Camera, che proprio oggi ha audito i vertici dell’Associazione nazionale magistrati e la prima presidente della Corte di Cassazione.
“La magistratura finirà sotto il governo” – “L’esigenza di una separazione delle carriere in nome della terzietà è un tentativo che resta incompiuto: la prospettazione del governo resta vana, terzietà messa in campo non si raggiunge. Sul piano ordinametale la magistratura resta unica: lo scopo è invece quello di creare due Consigli superiori della magistratura che produrrà solo una fortissima burocratizzazione del Csm. Non un rafforzamento delle indipendenza della magistratura ma realizzerà indebolimento del giudiziario“, ha detto Giuseppe Santalucia, presidente dell’Anm. Secondo il più alto dirigente del sindacato delle toghe con la riforma della separazione delle carriere “si rafforza nell’immediato il pubblico ministero: se oggi i pm hanno 5 componenti in Csm su 30, diventeranno 20 su 30 con la riforma e quindi con una capacità molto più forte di incidere sulle carriere. E tutto questo avrà una ricaduta: si rafforza il pubblico ministero quando si dice di voler rafforzare il giudice. Ma così lo si rende più debole. E bisognerà riequilibrare, perché non sarà democraticamente tollerabile. Il passo successivo sarà quindi la necessità di introdurre dei controlli, e quindi la magistratura inquirente finirà, secondo me, inevitabilmente, per finire sotto il controllo del governo“. Su questo punto Santalucia ha insistito: “Si pensa di risolvere i problemi della giustizia aumentando l’incidenza della politica ma io dico che non è la strada da percorrere. Non che la magistratura non abbia sbagliato ma fatta una diagnosi bisogna vedere se la terapia che si mette in campo risponde ma io dico che questo aggraverà il problema”. E ancora ha aggiunto: “L’obiettivo è ridimensionare il potere giudiziario. Questo è scritto chiaramente nelle relazioni illustrative dl ddl Giachetti e degli altri ddl sostanzialmente sovrapponibili, in maniera un pò più ipocrita il ddl di iniziativa governativa sostiene il contrario”. Secondo il presidente dell’Anm la separazione delle carriere “è un grande passo indietro” e “non si rafforza l’autonomia e l’indipendenza né della magistratura giudicante né della inquirente. Nei Csm saranno in maggioranza numerica i magistrati inquirenti: si rafforzerà il pm a danno del giudicante, e questo creerà uno squilibrio nei fatti, con una magistratura inquirente che sarà autoreferenziale”.
“Csm declassati a uffici del personale” – Santalucia ha anche criticato le norme che sdoppiano i Csm: “Cambiano i sistemi di elezione, si prevede il sorteggio dei componenti togati nei due Csm. Abbiamo già sperimentato il sorteggio per le commissioni di concorso negli esami di abilitazione universitaria e c’è uno studio dell’Ufficio valutazione impatto del Senato sulle performance del sorteggio. Da 2008 si sorteggia, lo studio è del 2017 e le conclusioni sono che il sorteggio non ha per nulla migliorato la capacità di selezionare i migliori”. E a proposito dell’Alta Corte disciplinare, il numero dell’Anm ha invece detto che “aveva un senso nel passato quando si pensava di unificare le magistrature, viene costruita come un Tribunale speciale ad hoc per la magistratura ordinaria”. Secondo Santalucia “l’Alta Corte dimostra che il disegno della separazione delle carriere non risponde e non può rispondere a quel principio dell’articolo 111 ma è solo il modo per indebolire il sistema di governo autonomo“. In questo modo secondo il presidente dell’Anm i Csm vengono declassati a “uffici del personale, alla gestione burocratica delle carriere”. Per tutti questi motivi Salvatore Casciaro, segretario generale dell’Anm, ha fatto notare come il ddl “vorrebbe realizzare una maggiore efficienza e qualità della giurisdizione in realtà non c’è nulla di tutto questo; non si conseguiranno miracolanti recuperi del Pil, non migliorerà l’efficienza”. Al contrario “ci sarà una trasformazione della figura del pm, o meglio una involuzione: sarà inevitabilmente attratto nell’orbita delle forze polizia – ha spiegato – Un pm meno garante dei cittadini e delle libertà”.
“Passaggio tra pm e giudici? Lo fa meno dell’1%” – Davanti ai parlamentari è comparsa anche Margherita Cassano, prima Presidente della Corte di Cassazione. “Da quando sono state introdotte le modifiche, prima nel 2006 e successivamente nel 2022, di fatto la strada del pubblico ministero e del giudice si sono allontanate professionalmente – ha detto – Nell’arco di cinque anni è pari allo 0,83% la percentuale dei pubblici ministeri con funzioni requirenti che sono passati a funzioni giudicanti. E sono lo 0,21% la percentuale dei giudici che sono passati a funzioni requirenti. Bisogna parlare partendo dai dati reali”. L’alta magistrata ha criticato un profilo quasi incostituzionale della riforma: “Da un punto di vista metodologico – ha detto – è fondamentale che i principi che sono in Costituzione non siano valutati in maniera frazionata. Interrogarci sul ruolo del pm significa innanzitutto considerare il rispetto del principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. I principi di indipendenza e imparzialità del pm sono fondamentali. La separazione delle carriere si pone in netto contrasto con le ultime norme approvate, a partire da quella del 2022, la riforma Cartabia, che prevede che per i reati meno gravi, come danneggiamento o guida in stato di ebbrezza, fin dalla fase delle indagini preliminari possano essere promosse dal pm sanzioni, per un superamento della prospettiva carcerocentrica. Si chiede cioè al pm l’assunzione di funzioni e responsabilità che prima non aveva, avvicinandolo alla sensibilità del giudice. Inoltre ha previsto il rafforzamento di una serie di garanzie fondamentali a tutela della completezza delle indagini, per non comprimere i diritti fondamentali della persona. La riforma ha voluto proiettare il pm in questa nuova dimensione che lo avvicina al giudice, e se ora” con questa nuova riforma “si distacca il pm dal resto della magistratura, ci sarà un unico danneggiato, il cittadino. Il pubblico ministero sarà fatalmente attratto verso ruoli investigativi, e questi sono aspetti negativi. Infine, si dice che in Francia e Spagna è così, ma si dimentica che in quei Paesi il ruolo di indagine non lo svolge il pm, ma il giudice istruttore, che fruisce di tutte le garanzie di autonomia e indipendenza proprie del giudice”.