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Tremila migranti a piedi verso i confini Usa, vogliono entrare “prima dell’elezione di Trump” e sono già un problema per Harris

Tremila di migranti marciano a piedi verso la frontiera tra Messico e Guatemala con l’intenzione di raggiungere gli Stati Uniti. Come sempre, la carovana è partita con un tam-tam sui social network da Ciudad Hidalgo, nel sud del Messico vicino a un fiume che segna il confine con il Guatemala. È composta per lo più da famiglie con minori provenienti da decine di Paesi, non solo dell’America Latina.

La partenza del gruppo di migranti è coincisa con il ritiro di Joe Biden dalla corsa per le presidenziali Usa di novembre e si candida a diventare uno dei centri della campagna elettorale, che sul tema migratorio è già stata infervorata dalle dichiarazioni di Donald Trump e del suo vice J. D. Vance.

Alcuni partecipanti alla carovana hanno raccontato alle telecamere di Abc News che sperano di superare il confine con il Messico prima delle prossime elezioni presidenziali di novembre, perché temono la vittoria di Donald Trump e una stretta sulla politica di accoglienza degli Stati Uniti. Un migrante di El Salvador ha raccontato la strategia del gruppo: ottenere un appuntamento con i funzionari di frontiera statunitensi nella speranza di entrare legalmente negli Stati Uniti. L’appuntamento si può chiedere attraverso un’applicazione, la CBP One, che però funziona solo quando si è geolocalizzati a Città del Messico o negli Stati del Messico settentrionale.

Il cavallo di battaglia dei repubblicani e il punto debole di Kamala Harris– L’allarme per la cosiddetta “invasione” dei migranti alla frontiera col Messico è da tempo uno dei cavalli di battaglia dei trumpiani. Nel suo discorso dalla Convention repubblicana di Milwaukee, la settimana scorsa, Donald Trump ha attaccato il presidente Biden accusandolo di aver consentito a “milioni di persone di attraversare il nostro confine, totalmente incontrollate, molte provenienti da carceri, istituti psichiatrici e un numero record di terroristi”, affermazioni esagerate e smentite dai fact-checker degli attenti media Usa.

Il tema migratorio è considerato uno dei “punti deboli” della futura probabile candidata democratica alla Casa Bianca, Kamala Harris, che proprio nel primo anno di mandato da vicepresidente di Biden, nel 2021, è stata incaricata di gestire la questione della frontiera con il Messico senza produrre i risultati attesi. Harris ha anche commesso diversi errori di comunicazione (come appellarsi ai migranti dicendo “non venite” in una conferenza stampa) che le hanno attirato critiche dal suo stesso partito.

La carovana più grande degli ultimi mesi – Negli ultimi anni, i migranti che cercano di attraversare il Messico si sono organizzati in grandi gruppi per cercare di ridurre il rischio di essere attaccati da bande o fermati dai funzionari messicani dell’immigrazione durante il viaggio, ma le carovane tendono a sciogliersi nel Messico meridionale, perché le persone si stancano di camminare per centinaia di chilometri. Di recente il governo del Messico ha anche reso più difficile per i migranti raggiungere il confine con gli Stati Uniti con autobus e treni. I permessi di viaggio sono raramente concessi ai migranti che entrano nel Paese senza visto e migliaia di migranti sono stati trattenuti dagli agenti dell’immigrazione ai posti di blocco nel centro e nel nord del Messico e riportati in autobus nelle città del profondo sud del Paese.

L’accusa: “i migranti portano il fentanyl negli Usa” – Il presidente uscente del Messico, Andrés Manuel López Obrador (che cederà il testimone a Claudia Sheinbaum il 1 ottobre) è intervenuto sulla questione invitando i migranti di stanza negli Stati Uniti a “creare sistemi di comunicazione alternativi” per ribaltare lo stereotipo diffuso negli Usa che li accusa di essere spacciatori di droghe chimiche, in particolare il fentanyl. Il leader messicano ha citato i sondaggi secondo cui il 60% degli statunitensi che si considerano repubblicani e il 39% di quelli che si considerano democratici pensano che il fentanyl sia introdotto negli Usa da migranti illegali. A smentire questa convinzione, ha detto López Obrador, l’86% dei detenuti per traffico di droga sono statunitensi, citando poi una stima secondo cui i migranti contribuiscono all’economia Usa ogni anno per 265 miliardi di dollari.