Il governo l’aveva scampata a metà giugno, quando le contrattazioni per la riconferma di Ursula von der Leyen erano entrate nel vivo e la tedesca sperava ancora nell’appoggio della sua (ormai ex) alleata Giorgia Meloni. In poco più di un mese è cambiato tutto: la presidente del Consiglio ha negato l’appoggio alla presidente della Commissione e lei ha già dato inizio alla sua ritorsione. Prima con la maggioranza parlamentare che ha penalizzato l’esecutivo di Roma sull’elezione di presidenti e vicepresidenti di commissione e oggi con la pubblicazione del rapporto sullo Stato di diritto rimandata di oltre un mese. L’Italia viene bocciata su tanti temi: dalla giustizia alla libertà di stampa, dalla digitalizzazione alla regolamentazione sull’attività delle lobby e sul finanziamento ai partiti.

Le opposizioni all’attacco in commissione
Le motivazioni ufficiali della mancata pubblicazione erano state rese note dai portavoce della Commissione, spiegando che “i rapporti sullo Stato di diritto sono in fase di preparazione e non siamo ancora in grado di consultare gli Stati membri sulle bozze, cosa che facciamo sempre – aveva detto Olof Gill, portavoce – Tratteremo gli sviluppi dell’ultimo anno per ciascun Paese, compresa l’Italia, in modo concreto e obiettivo, come abbiamo sempre fatto”. Adesso che i giochi per Palazzo Berlaymont sono quasi fatti, con von der Leyen che dovrà valutare le proposte sui prossimi commissari Ue, il report è stato diffuso e non fa sconti all’Italia.

Il primo italiano a intervenire in commissione è l’esponente pentastellato Giuseppe Antoci che si è detto “preoccupato” per il quadro disegnato dal report, sottolineando come si debba intervenire sulle riforme dell’abuso d’ufficio e della prescrizione per non depenalizzare, se non eliminare, i cosiddetti “reati spia“. L’europarlamentare del Pd Alessandro Zan punta il dito invece contro il premierato “che mina l’architettura istituzionale”, poi cita l’aggressione da parte di militanti di Casapound al giornalista de La Stampa, Andrea Joly, per denunciare “un inquietante pericolo per la libertà di stampa nel Paese”, per poi concludere con le “discriminazioni nei confronti delle famiglie arcobaleno e della comunità Lgbtqi+“. L’ultimo esponente delle opposizioni a parlare è il verde Leoluca Orlando che invoca “lo scioglimento di formazioni dichiaratamente fasciste in contrasto con la nostra carta costituzionale”.

L’unico membro di un partito di governo a prendere la parola è stato l’eurodeputato di FdI Paolo Inselvini che denuncia il rischio di utilizzare report del genere come “una clava, un’arma con la quale dividere tra Stati buoni e Stati cattivi in base ai governi che sono più o meno amici della maggioranza che governa in Unione europea“. E memore delle iniziative intraprese nel corso dell’ultima legislatura nei confronti di Polonia e Ungheria, solleva la questione del possibile blocco dei fondi che rappresenterebbe “un ulteriore ricatto nei confronti degli Stati membri”.

Le reazioni in Italia, Gasparri (FI): “Respingiamo le accuse”. Pd: “Gestione schizofrenica”
Il report ha provocato la reazione di forze politiche, come Forza Italia, che hanno sostenuto la rielezione della presidente della Commissione: “Respingiamo le raccomandazioni che si dice provengano dalla Commissione Ue (quale Commissione? Visto che si deve rinnovare) in materia di informazione all’Italia – ha attaccato Gasparri – Siamo la culla della democrazia e del pluralismo. Si preoccupino piuttosto del fatto che in Germania i nazisti hanno preso il 16% dei voti e che in Francia i sostenitori di Hamas pretendono la guida del governo. Questi sono i pericoli per l’Europa. Non altri. Questi sedicenti rappresentanti di una Commissione che non c’è più si trovino qualcosa da fare. Il commissario, immagino uscente, alla giustizia che parla di monitoraggi monitori soprattutto i giganti della rete che stanno devastando l’economia, l’informazione e non pagano tasse. Uno che fa il commissario alla Giustizia e non si accorge di questa ingiustizia è bene che allarghi i suoi orizzonti e si occupi di altre materie”.

Ma le opposizioni partono all’attacco. La responsabile nazionale giustizia del Partito Democratico, Debora Serracchiani, e il capogruppo dem in commissione giustizia alla Camera, Federico Gianassi, hanno commentato il rapporto di Palazzo Berlaymont: “Dall’Ue arriva una sonora bocciatura alla gestione schizofrenica della giustizia del ministro Nordio. Nel report della Commissione c’è scritto che ‘in Italia, una nuova legge che abroga il reato di abuso d’ufficio e limita la portata del reato di traffico d’influenza potrebbe avere implicazioni per l’individuazione e l’investigazione di frodi e corruzione‘. È un anno che diciamo che le misure messe in campo da Nordio creano problemi enormi. La cancellazione della riforma Cartabia sull’improcedibilità per il ritorno alla prescrizione rischia di pregiudicare i fondi Pnrr e l’abrogazione dell’abuso d’ufficio, unico Paese a farlo in Europa, lascia impuniti fatti gravi. Tanto che lo stesso Nordio ha già reintrodotto l’abuso-bis nel decreto carceri con il peculato per distrazione e ora, zitto zitto, ha fatto un nuovo emendamento al decreto carceri per introdurre il peculato contro gli interessi finanziari dell’Ue oggi al Senato. È la conferma che quella scelta è profondamente sbagliata e che è stata presa dalla maggioranza con grande superficialità senza approfondirne le concrete ricadute, solo per furore ideologico. Nordio è in seria difficoltà e agisce in modo schizofrenico”.

I Cinquestelle, con i rappresentanti nelle commissioni Giustizia della Camera e del Senato Stefania Ascari, Anna Bilotti, Federico Cafiero de Raho, Valentina D’Orso, Carla Giuliano, Ada Lopreiato e Roberto Scarpinato, parlano di “allarme lanciato sulla Giustizia in Italia dal Rapporto annuale dell’Unione europea sullo Stato di diritto. Le continue e indebite pressioni della politica verso la magistratura, lo smantellamento del contrasto ai reati del colletti bianchi attraverso l’indebolimento delle intercettazioni e la cancellazione o lo svuotamento di alcuni reati contro la pubblica amministrazione, l’assenza di norme sul conflitto di interessi e per la regolamentazione delle lobby, le preoccupazioni sulla grave restrizione della libertà di stampa. È un quadro impietoso quello delineato dalla Commissione europea, sulla Giustizia il governo Meloni sta non solo fallendo ma anche facendo danni gravi che produrranno effetti drammatici per anni”.

X: @GianniRosini

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