Le parole di Zuppi hanno sollevato l’attenzione del fratello di Emanuela, Pietro Orlandi che ha replicato a FqMagazine
Un messaggio di speranza sulla scomparsa di Emanuela Orlandi arriva dal Giffoni Film Festival, la manifestazione in corso nel piccolo borgo del salernitano in questi giorni. Il festival del cinema dedicato ai ragazzi ieri ha accolto il Cardinale Matteo Maria Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana che ha risposto alle tante domande poste in sala dai giovani giurati su questioni delicate che riguardano la Chiesa tra cui la scomparsa della 15enne vaticana avvenuta nel 1983 a Roma. La platea di ragazza gli ha posto domande sferzanti sul ruolo della Chiesa a cui Zuppi ha riposto. “È interesse della Chiesa collaborare. Mi auguro che la commissione (la bicamerale di inchiesta che indaga sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, ndr) chiarisca tanti dubbi che ancora ci sono su questo caso, comprensibili perché quando non si sa la verità tutto diventa verosimile. E a maggior ragione è importante stabilire la verità“.
Il vescovo di Bologna ha dunque ammesso il coinvolgimento della Chiesa nella vicenda. “Certe volte ci sono state anche delle illazioni che possono essere comprensibili quando una situazione è poco chiara ed è per questo che bisogna cercare di arrivare quanto prima alla verità”. Le parole di Zuppi hanno sollevato l’attenzione del fratello di Emanuela, Pietro Orlandi che ha replicato a FqMagazine: “Bene che il Cardinale Zuppi abbia detto di avere fiducia nella commissione ma ha dimenticato che c’è un’inchiesta vaticana interna portata avanti dal promotore di giustizia Alessandro Diddi?”
Il coinvolgimento del Vaticano
Non è la prima volta che emerge il ruolo della Chiesa nel rapimento della 15enne vaticana. La prima telefonata dei rapitori di Emanuela arrivò difatti in Vaticano e non alla famiglia della ragazza, quella stessa sera del 22 giugno del 1983, neanche due dopo che la Orlandi fu prelevata; sarebbe stata fatta due ore dopo la scomparsa, alle 21 precisamente, mentre Emanuela fu vista per l’ultima volta alle 19. Ad ammetterlo fu proprio un prelato: parliamo di monsignor Carlo Maria Viganò che oggi è stato scomunicato e condannato per scisma da Papa Francesco.
Il contenuto di questa telefonata fu svelata da Viganò in un’intervista sul sito di Aldo Maria Valli. Viganò lavorava nella segreteria di Stato Vaticana all’epoca della scomparsa di Emanuela. Di questa telefonata fu messa al corrente anche l’avvocato della famiglia Orlandi Laura Sgro’ che nel 2019 dichiarò alla stampa: “Parlai con Viganò un anno e mezzo fa, lo dico solo oggi perché a seguito della sua intervista mi ha autorizzato a dire che c’era stato un incontro tra noi in cui lui mi riferì esattamente quello che oggi (nel 2019, ndr) è stato reso pubblico”.
Ecco la dichiarazione del monsignore: “Quella sera mi trovavo in ufficio in segreteria di Stato alla terza loggia insieme con monsignor Sandri, mentre il sostituto era assente”, ha raccontato Viganò. “Erano circa le 20, o forse più tardi, quando ricevetti una telefonata da padre Romeo Panciroli, allora direttore della sala stampa vaticana, il quale mi annunciò che era giunta, appunto alla sala stampa, una telefonata anonima che annunciava che Emanuela Orlandi era stata rapita. Padre Panciroli mi disse che mi avrebbe inviato immediatamente via fax un testo con il contenuto della telefonata. In quel testo, si affermava che Emanuela Orlandi era detenuta da loro e che la sua liberazione era collegata a una richiesta, il cui adempimento non necessariamente dipendeva dalla volontà della Santa Sede. Si trattava di un messaggio formulato in termini precisi e ben costruito. Esso è indubbiamente reperibile nell’archivio della segreteria di Stato“.