La riforma della giustizia firmata da Carlo Nordio può avere effetti negativi sulle indagini anti corruzione, mentre il bavaglio approvato su input di Enrico Costa per vietare la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare potrebbe avere un “effetto intimidatorio” nei confronti dei giornalisti, che continuano a essere “aggrediti, minacciati di morte e intimiditi in vario modo”. Tutto questo mentre non si registra alcun progresso sul fronte delle garanzie per la protezione del segreto professionale e delle fonti giornalistiche. E neanche nella regolamentazione della lobby e del confitto d’interessi. Ma a destare preoccupazione sono anche le riforme costituzionali: quella della separazione delle carriere in magistratura e quella per introdurre il Premierato. Per l’Italia è una bocciatura totale quella contenuta nell’ultimo rapporto sullo Stato di diritto della commissione Europea. Un dossier che passa in rassegna le varie riforme in tema di giustizia del governo di Giorgia Meloni. Al fianco di preoccupazioni “di lunga data” come quelle sull’indipendenza della Rai, palazzo Berlaymont elenca tutta una serie di critiche alle norme varate dall’esecutivo di centrodestra.
Il rapporto “nascosto” – Una stroncatura che era in qualche modo attesa, dato che nelle scorse settimane aveva fatto scalpore la decisione di Ursula von der Leyen di ritardare la pubblicazione del rapporto, originariamente prevista per il 3 luglio. La presidente della Commissione Ue stava ancora cercando di ottenere la rielezione al vertice di palazzo Berlaymont e non voleva alienarsi l’appoggio della leader di Fratelli d’Italia con la pubblicazione di un dossier che critica aspramente le leggi del governo Meloni. Ora che von der Leyen è stata riconfermata, senza l’appoggio della presidente del consiglio, ecco dunque che il dossier è stato pubblicato. Va detto che, al netto dei giochi politici, il contenuto del Rule of Law è il frutto di un attento monitoraggio. Dopo interlocuzioni annuali con i vari Paesi comunitari, la Commissione Ue mette per iscritto le proprie valutazioni sul sistema giudiziario, sul quadro anticorruzione e sul pluralismo dei media. Nel caso italiano sono stati ascoltati esponenti del Parlamento, della Presidenza del consiglio, dell’autorità Anticorruzione, dell’Agcom, dell’Associazione italiana costituzionalisti, della corte di Cassazione, del Csm, della Procura nazionale Antimafia, dell’Ordine dei giornalisti, della Fnsi e dell’Associazione nazionale magistrati, ma anche di Libera e Amnesty.
Le raccomandazioni all’Italia – Sei le raccomandazioni indirizzate all’Italia da parte Commissione Ue: si chiede maggior impegno nella digitalizzazione di tribunali e procure, un intervento per sbloccare la legge sui conflitti di interessi, regolando anche l’attività delle lobby, l’introduzione di un registro elettronico in cui siano riportati i finanziamenti a partiti e campagne elettorali. Bruxelles chiede inoltre a Roma di tutelare i giornalisti, proseguendo l’iter legislativo sul progetto di riforma della diffamazione, la tutela del segreto professionale e delle fonti giornalistiche, ma anche di fornire finanziamenti ai media del servizio pubblico garantendone l’indipendenza. Infine viene chiesto anche di creare un’istituzione nazionale per i diritti umani in linea con i principi Onu.
I danni della riforma Nordio – Le sei Recommendations sono riportate all’inizio del Country Chapter on the rule of law situation in Italy: 46 pagine con cui gli analisti della commissione Ue bocciano la riforma della giustizia di Nordio recentemente approvata in via definitiva. “In Italia, una nuova legge che abroga il reato di abuso d’ufficio e limita la portata del reato di traffico d’influenze potrebbe avere implicazioni per l’individuazione e l’investigazione di frodi e corruzione“, si legge nel rapporto. In cui si spiega come il governo italiano ritenga “che solo una frazione di tutti i procedimenti penali correlati per abuso di ufficio pubblico si concluderebbe con una condanna, il che dimostrerebbe l’inefficacia della criminalizzazione di tale comportamento, se confrontata con le risorse amministrative e finanziarie investite nello svolgimento delle relative attività procedurali. Inoltre, il governo sostiene che il reato ha un effetto paralizzante sulle pubbliche amministrazioni e altri reati di corruzione forniscono un quadro legislativo sufficientemente forte per contrastare gli atti che minano l’imparzialità e la corretta condotta della pubblica amministrazione”. La commissione Ue, però, ricorda quello che alcuni addetti ai lavori – come la professoressa Marina Castellaneta, intervistata dal Fatto Quotidiano – hanno più volte cercato di spiegare al ministro Nordio: abolire l’abuso d’ufficio equivale a violare un obbligo internazionale. “Tuttavia – si legge nel Rule of Law – la criminalizzazione dell’abuso d’ufficio e del traffico di influenze fanno parte delle convenzioni internazionali sulla corruzione e sono quindi strumenti essenziali per l’applicazione della legge e l’azione penale per combattere la corruzione”. Nel dossier si spiega come gli interlocutori della commissione abbiano “sottolineato che l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio potrebbe portare a livelli inferiori di individuazione e indagine di frode e corruzione. Inoltre, la riduzione della portata del reato di traffico di influenze dovrebbe essere controbilanciata da norme più severe in materia di lobbying”. E a questo proposito si ricorda che “il 3 luglio 2024, il Governo ha approvato un decreto legge che introduce un nuovo reato di appropriazione indebita che copre i casi di impropria allocazione di denaro o beni mobili da parte di funzionari pubblici”. Una norma varata dopo il pressing del Quirinale, preoccupato dal rischio di una procedura d’infrazione europea.
I timori per la separazione delle carriere – A impensierire Bruxelles ci sono anche le due riforme costituzionali non ancora approvate. A cominciare da quella per separare le carriere tra pm e giudici in magistratura. “La separazione delle carriere ha innescato un dibattito sul fatto che la riforma possa incidere sull’indipendenza dei pubblici ministeri“, riportano gli analisti Ue, ricordando che “come già affermato nella Relazione 2023 sullo Stato di diritto, sebbene nell’Ue non esista un modello unico per l’assetto istituzionale delle procure, sono necessarie garanzie istituzionali per assicurare che i pubblici ministeri siano in grado di adempiere ai propri doveri e responsabilità professionali in condizioni giuridiche e organizzative adeguate e senza interferenze o influenze politiche indebite”. Il dossier riporta che “nel corso dell’ultimo anno, le parti interessate, tra cui l’Associazione nazionale dei magistrati, hanno espresso preoccupazione per le dichiarazioni pubbliche critiche nei confronti della magistratura da parte dei politici. Nell’ottobre 2023, alcuni politici hanno espresso pubblicamente forti critiche nei confronti di un giudice per una decisione sul rilascio di un migrante posto in detenzione”. Il riferimento è al caso di Iolanda Apostolico, la magistrata di Catania attaccata duramente dalla Lega per aver giudicato illegittimo il decreto del governo in materia di accoglienza. “In alcuni Stati membri dell’Ue – si legge nel rapporto generale – si teme un’indebita pressione sul sistema giudiziario da parte di politici o a livello esecutivo, e vi sono prove di pressioni provenienti anche da Paesi terzi. Il rischio che le dichiarazioni pubbliche di governi e politici possano influenzare la fiducia nell’indipendenza della magistratura desta preoccupazione in Slovacchia, Italia e Spagna”.
Quelli sul Premierato – Da Bruxelles avanzano dubbi anche sulla riforma del Premierato. “Il Governo ha presentato al Parlamento un progetto di riforma costituzionale, con l’obiettivo di garantire una maggiore stabilità di governo. Alcune parti interessate hanno espresso preoccupazioni in merito alle modifiche proposte all’attuale sistema di controlli e bilanciamenti istituzionali, nonché dubbi sul fatto che ciò possa apportare maggiore stabilità”, si legge nel quarto paragrafo del dossier. “Il progetto di riforma prevede anche una regolamentazione dettagliata in caso di crisi di governo, ovvero se il governo cade prima della fine del mandato quinquennale della legislatura – si legge ancora – In tal caso, il Presidente della Repubblica avrebbe tre opzioni: dare un nuovo mandato per formare il governo al Primo Ministro uscente, nominare un nuovo Primo Ministro, a condizione che sia un membro del Parlamento e appartenga allo stesso partito o coalizione del Primo Ministro uscente, oppure sciogliere il Parlamento se né il primo né il secondo Primo Ministro ottengono la fiducia del Parlamento (non sarebbe consentita la formazione di un terzo governo). Con questa riforma, non sarebbe più possibile per il Presidente della Repubblica trovare una maggioranza alternativa e/o nominare una persona esterna al Parlamento come Primo ministro”.
“Modiche alla prescrizione riducono il tempo per i processi” – Ma non solo. Nel report si avanzano preoccupazioni anche per l’ultima riforma della prescrizione. “Le modifiche proposte alla prescrizione potrebbero ridurre il tempo a disposizione per condurre procedimenti giudiziari anche nei casi di corruzione“, si legge nel dossier. Le autorità giudiziarie, ricorda la commissione, “hanno espresso preoccupazione per il fatto che la riforma proposta, arrivando così presto dopo quella del 2021 (ci sono state cinque riforme di questo tipo dal 2016), impone un notevole onere amministrativo per ricalcolare i termini di prescrizione applicabili per tutte le cause pendenti, con possibile effetto pregiudizievole sulla durata dei procedimenti giudiziari e per l’eliminazione dell’arretrato giudiziario”. Da Bruxelles si esprime apprensione per il fatto che “gli sviluppi possano incidere sull’efficacia del perseguimento e del giudizio dei reati penali, compresi i casi di corruzione ad alto livello”.
I bavagli e l’effetto chilling out – Gli analisti Ue criticano poi la riforma Nordio anche nella parte in cui vieta la pubblicazione di intercettazioni che non siano state riportate nelle motivazioni di un provvedimento del giudice. Ma bocciano anche la norma proposta dal deputato di Azione, Enrico Costa, per vietare la pubblicazione delle ordinanze cautelari. “Due iniziative legislative, la cosiddetta riforma di Nordio e l’emendamento Costa, sono state presentate per regolamentare la possibilità di pubblicare determinate categorie di documenti giudiziari. Il governo ha ritenuto che tali iniziative fossero giustificate per garantire il diritto alla privacy, il rispetto della riservatezza della corrispondenza e delle comunicazioni e la presunzione di innocenza. Il governo ha inoltre ritenuto che tali iniziative non avrebbero influito sulla libertà di stampa né sulla libertà di informazione, poiché, nel caso della riforma Nordio, la limitazione si sarebbe applicata solo alle informazioni non acquisite nel corso del procedimento penale in conformità alle pertinenti disposizioni del codice di procedura penale, mentre, nel caso dell’emendamento Costa, il divieto di pubblicazione sarebbe stato limitato temporalmente alla fase delle indagini preliminari e non avrebbe impedito in alcun caso ai giornalisti di parafrasare o riassumere il contenuto delle ordinanze di custodia cautelare”, riassume la commissione Ue. “Tuttavia – aggiunge – diversi soggetti interessati hanno ritenuto che tali misure costituissero una restrizione della libertà di stampa, poiché avrebbero influito sulla rendicontazione giudiziaria e sul diritto dei cittadini a essere informati. I soggetti interessati hanno inoltre sollevato preoccupazioni in relazione alle misure previste dall’emendamento Costa, evidenziando come questo generi un chilling effect sui giornalisti, i quali rischiano di essere maggiormente esposti a possibili cause per diffamazione in caso di riassunti errati o riformulazioni di ordini di custodia cautelare”. Con chilling effect si intende la riluttanza a esercitare un diritto per paura di sanzioni legali: è dunque una sorta di effetto intimidatorio quello che produce il bavaglio nei confronti dei cronisti.
Il caso Rai – Non è l’unica preoccupazioni avanzata nel dossier sulla libertà di stampa. “I giornalisti continuano ad affrontare diverse sfide nell’esercizio della loro professione. Sono stati segnalati casi di aggressioni fisiche, minacce di morte e altre forme di intimidazioni, che continuano a sollevare preoccupazioni sulla sicurezza dei giornalisti in Italia”, si legge nel rapporto. “Nonostante le norme mirate sulla protezione dei giornalisti dalle minacce – prosegue palazzo Berlaymont – la situazione relativa alla loro sicurezza e alle condizioni di lavoro, nonché la crescente prevalenza di casi di querele temerarie (Slapp) contro la loro partecipazione pubblica rimangono un problema”. La commissione si sofferma anche sulla Rai, avvertendo che il governo deve “garantirne l’indipendenza” e “finanziamenti adeguati”. Sulla questione della tv pubblica il dossier ricorda che “il sistema di governance nel garantire la piena indipendenza della Rai rappresenta una fonte di preoccupazione di lunga data in Italia”. E ancora una volta riporta la richiesta di “una riforma completa per garantire che la Rai sia meglio protetta dai rischi di interferenza politica“. La commissione ricorda che “i media di servizio pubblico svolgono un ruolo cruciale nel panorama dei media” e “sebbene esistano regole volte a garantire che forniscano informazioni indipendenti e pluralistiche, ci sono diverse sfide in relazione alla loro governance e al sistema di finanziamento”. Bruxelles riporta poi diverse “preoccupazioni” espresse dalle parti interessate anche sui fronti della par condicio e sulla “decisione del Governo, adottata con la Legge di Bilancio per il 2024, di ridurre il canone di abbonamento Rai e di compensare tale riduzione con l’erogazione di un finanziamento diretto aggiuntivo di 430 milioni di euro”.
“Preoccupazione per i troppi decreti legge” – Nel rapporto viene definito come “fonte di preoccupazione” pure l’uso eccessivo di decreti legge da parte del governo: “Il frequente ricorso a decreti legge da parte dei governi potrebbe incidere sull’equilibrio dei poteri tra il governo (in quanto potere esecutivo) e il Parlamento (in quanto potere legislativo)”. Mentre tra le segnalazioni arrivate si riportano quelle sugli “attacchi verbali da parte di alcuni media e politici contro le organizzazioni, soprattutto quelle che svolgono attività umanitarie, e di episodi di violenza contro i manifestanti da parte della polizia”. All’Italia, comunque, viene riconosciuto di aver fatto “alcuni progressi nel proseguire gli sforzi per migliorare ulteriormente il livello di digitalizzazione per i Tribunali penali e le Procure” e “alcuni ulteriori progressi nell’adozione di norme globali sui conflitti di interessi“, anche se non si registra “nessun progresso nell’adozione di un regolamento sul lobbismo per istituire un registro”. Per la Commissione Ue, inoltre, non è stato intrapreso “nessun ulteriore progresso nell’affrontare in modo efficace e rapido la pratica della canalizzazione delle donazioni attraverso fondazioni e associazioni politiche e per l’introduzione di un unico registro elettronico per le informazioni sul finanziamento dei partiti e delle campagne elettorali”. Da qui le sei raccomandazioni indirizzate al nostro Paese.