Far sì che i 3.000 miliardari globali versino ogni anno un’imposta minima pari al 2% dei loro patrimoni. Per invertire la rotta rispetto a sistemi fiscali che al momento li favoriscono consentendo loro di pagare meno tasse rispetto alla classe media e alle fasce meno abbienti. È il cuore della proposta che sarà discussa oggi e domani al G20 dei ministri delle Finanze e dei banchieri centrali a Rio de Janeiro. Il Brasile ha messo al centro del suo anno di presidenza del gruppo che riunisce le maggiori economie la lotta contro fame, povertà e disuguaglianze. E secondo il presidente Luiz Inacio Lula da Silva e il ministro delle Finanze Fernando Haddad una delle chiavi per affrontare quelle emergenze è proprio uno standard minimo coordinato che imponga agli ultra ricchi di pagare la loro “giusta quota”. La misura potrebbe diventare il terzo pilastro dell’architettura fiscale globale che al momento comprende la (pur depotenziata e non ratificata dagli Usa) tassa minima del 15% sulle multinazionali e la (inattuata) tassazione di una parte dei profitti dei gruppi più grandi nei Paesi in cui registrano i propri ricavi.
Un mese fa l’economista Gabriel Zucman, numero uno dell’Osservatorio fiscale europeo e teorizzatore della tassa minima sui miliardari, su incarico di Lula ha preparato un piano che spiega come potrebbe funzionare. I Paesi che aderiscono potrebbero ottenere il risultato di far pagare ai miliardari almeno il 2% della loro ricchezza nel modo che preferiscono: per esempio introducendo un’imposta sul reddito presunto, ampliano la definizione di reddito tassato o varando una patrimoniale. Il nuovo prelievo si applicherebbe solo agli individui che possiedono oltre 1 miliardo sotto forma di asset finanziari e immobili e solo nel caso non versino già a titolo di imposte sul reddito almeno il 2% della loro ricchezza. Come da stime del Global tax evasion report 2024, un provvedimento del genere consentirebbe di raccogliere circa 250 miliardi di gettito annuo.
Il rischio di elusione verrebbe affrontato attraverso “exit tax” a carico di chi spostasse la residenza fiscale in Paesi non aderenti all’accordo e rafforzando lo scambio automatico multilaterale di informazioni bancarie, che nell’ultimo decennio ha già permesso di ridurre in maniera significativa l’evasione offshore da parte dei più facoltosi: andrebbe ampliato anche agli asset immobiliari.
L’impatto sulle fortune dei miliardari e dunque sulle loro scelte di accumulazione del risparmio e investimento sarebbe limitatissimo se si considera a che ritmo hanno potuto moltiplicare la propria ricchezza negli ultimi 40 anni: Zucman, nel suo report, calcola che gli ultra ricchi abbiano goduto in media di un rendimento nominale annuo lordo sulla loro ricchezza del 7,5% che scende al 7,2% al netto delle tasse. La loro aliquota effettiva è stata pari a un misero 0,3%. Un’imposta minima del 2% ridurrebbe quel rendimento a un comunque ottimo 5,5%. Sarebbe, spiega l’economista, un primo passo per rimediare alla regressività che caratterizza oggi i sistemi fiscali di molti Paesi. In Italia servirebbero però anche altri interventi, perché già oltre il 95esimo percentile di reddito l’aliquota media pagata è più bassa di quella applicata ai contribuenti meno benestanti. E la global minimum tax colpirebbe solo gli individui che ricadono nel 99,99esimo percentile.
A sostegno della proposta brasiliana, supportata tra l’altro dai Nobel per l’economia Joseph Stiglitz ed Esther Duflo, si sono già espressi Francia, Germania, Spagna e Sudafrica. La Segretaria al Tesoro Usa Janet Yellen si è espressa contro una redistribuzione del gettito ottenuto, che però non è prevista, e sia lei sia il presidente Joe Biden sostengono da tempo forti aumenti delle tasse sui redditi elevati. Martedì il ministro dell’Economia italiano Giancarlo Giorgetti ha parlato per la prima volta pubblicamente dell’argomento rispondendo ai ragazzi durante il festival di Giffoni ed è parso aprire: “C’è una proposta brasiliana di tassazione dei super ricchi a livello globale. Il super ricco che non vuole essere tassato in Italia va a Monaco, nel principato di Monaco, e magari non paga le tasse lì: dobbiamo metterci d’accordo in tutto il mondo affinché questo non possa avvenire”.
L’ong Oxfam auspica che i governi del G20 decidano di cooperare, anche alla luce di nuovi dati che emergono da una sua analisi: nel decennio 2013-2022 la ricchezza aggregata dell’1% più ricco del pianeta è cresciuta in termini reali di ben 42.000 miliardi di dollari, 34 volte l’incremento registrato dalla metà più povera della popolazione mondiale. E, in media, la ricchezza di un appartenente all’1% più ricco su scala globale si è gonfiata di quasi 400.000 dollari mentre chi fa parte del 50% più povero del pianeta si è accontentato di 335 dollari, appena 9 centesimi al giorno.
La tassa minima sui miliardari risponde agli stessi obiettivi dell’Iniziativa dei cittadini europei per un’imposta europea sui grandi patrimoni, sostenuta dalla raccolta firme La Grande Ricchezza promossa da Oxfam in partnership con Il Fatto (qui trovate il link al sito da cui è possibile aderire).