Da un paio di giorni nella comunità trans altro non si fa che parlare della sentenza della Corte Costituzionale italiana che ha affermato l’esistenza delle persone non binarie e ha dichiarato, semplificando, che non sempre è obbligatorio passare per il Tribunale per poter accedere agli interventi chirurgici di affermazione di genere.
Occorre fare attenzione però a come le sentenze vengono veicolate sui media, altrimenti rischiamo di farci un’idea su alcuni diritti che pensiamo di aver ottenuto, ma che in realtà non ci sono proprio per niente.
“La nostra Corte Costituzionale non può fare legge” afferma Matteo Mammini avvocato, attivista, referente Toscana Rete Lenford. “Da noi non funziona come nel sistema anglosassone della Common Law. Però quanto affermato due giorni fa è un richiamo al Parlamento, il primo così chiaro riguardo all’esistenza delle persone non binarie. Ma sai quanti ce ne vorranno prima che succeda qualcosa? Il Parlamento ha già ricevuto innumerevoli richiami in passato: per la definizione delle famiglie omogenitoriali, per il matrimonio egualitario e le unioni civili. Questa affermazione sicuramente può dare la possibilità di mettere in essere delle cause per le persone non binarie, dà la possibilità di difendere le loro esistenze e la loro salute. La parte che riguarda gli interventi chirurgici a mio parere è molto poco chiara, però” continua Mammini.
“Ok, si può non dover passare per il Tribunale per l’autorizzazione all’intervento chirurgico, ma in Italia vige il principio che non si possono asportare organi sani laddove non ci sia un pericolo per la salute. E quindi come si potrebbe effettivamente procedere? Quale medico si prenderebbe la responsabilità di togliere degli organi sani sulla base della salute psicologica, perché una persona afferma di avere necessità di un percorso di affermazione di genere? Pensare che la Corte Costituzionale abbia detto queste cose e che quindi da domani cambi tutto è una visione molto populista. Gira su tutti i social e sui giornali questa idea che sia cambiato effettivamente qualcosa, quando da qui a che cambi davvero ce ne vorrà. Le affermazioni populiste sui social, anche da parte di chi svolge la mia professione, obbligano chi si occupa della tutela delle persone trans a trascorrere giornate al telefono a spiegare che la realtà è diversa”.
Fare un richiamo è una cosa, che il Parlamento Italiano ascolti quindi è un’altra. I richiami arrivano molto spesso anche da parte della Corte Europea dei diritti umani, che addirittura dal 2009 invita tutti gli stati membri a semplificare e velocizzare i procedimenti per le rettifiche anagrafiche, rettifiche che invece di anno in anno in Italia, soprattutto col nuovo governo, stanno diventando sempre più lunghe e complicate. Quindi sì, essere visti è un primo passo, ma personalmente credo che sia necessario anche essere realistici.
Il Belgio per esempio è uno dei paesi più avanzati da sempre riguardo ai diritti Lgbtqia+. Lì la Corte Costituzionale ha detto che non riconoscere le persone non binarie è incostituzionale già nel 2019. Nonostante ciò non sono mai riusciti a creare una legge che tuteli le persone non binarie o che conceda loro un documento in cui vengono riconosciute. Magari da noi sarà una cosa diversa ma sinceramente ne dubito. Quindi un passo sì, ma da qui a festeggiare come se fosse qualcosa che realmente porterà a un cambiamento in poco tempo ce ne passa.
“Tutti esultano, ma in realtà poi di fatto non cambia nulla” afferma Cinzia Messina, presidente dell’Associazione Affetti Oltre il Genere. “A me pare l’ennesimo contentino. Non voglio dire che non sia importante che la Corte Costituzionale per la prima volta confermi l’esistenza delle persone non binarie, ma tutta questa esaltazione da parte della comunità in un paese in cui non esiste alcuna regola, dove in molti centri ti prendono soldi per trattamenti e visite che dovrebbero essere gratuiti, centri dove si annidano professionisti non-professionisti con nessuna specializzazione che ti parcheggiano come tu fossi un oggetto, un paese che ti ruba il tempo della tua vita, dove non si fa altro che parlare di carriera alias come se quella fosse la soluzione e non combattere per il diritto al proprio nome sul documento, mi pare poco concreto esultare per una sentenza che è un suggerimento che non verrà mai ascoltato”.
È vero: è la politica del meglio di nulla. Siamo talmente stremati dalla privazione di diritti che basta niente per farci sentire in paradiso perdendo la visione globale della questione. La notizia a me non trasmette molto in termini di realtà pratica. Ci dice che ok, le persone non binarie esistono. E noi già lo sapevamo. Anche loro le hanno viste. E ora?