di Leonardo Botta

Leggo, sui giornali non filo-governativi, di difficoltà che la presidente Meloni starebbe affrontando in Europa rispetto alle grandi manovre per definire le nomine alla guida degli organismi (Parlamento, Commissione, Consiglio e commissioni varie) e soprattutto le politiche dell’Unione. La narrazione è quella che vede la nostra premier isolata nello scacchiere europeo, a causa del mancato voto di fiducia a Ursula von der Leyen per la guida della Commissione.

In queste ore stanno trapelando addirittura indiscrezioni che la vedrebbero a breve disarcionata dalla guida del gruppo dei Conservatori, a vantaggio dell’omologo leader polacco Morawiecki.

Non so quanto questa narrazione sia verosimile: probabilmente l’eventuale avvicendamento alla guida dell’Ecr rientra nelle fisiologiche dinamiche e dialettiche interne a quel gruppo (e, tutto sommato, sono affari loro). E chi conosce meglio di me i meccanismi delle politiche nell’Ue sa bene che le maggioranze a Strasburgo e Bruxelles sono mobili e mutevoli caso per caso, provvedimento per provvedimento, indipendentemente dal voto di fiducia iniziale per la guida della Commissione.

Io ritengo che il voto contrario di Meloni e Fratelli d’Italia a Ursula sia stato un errore. A mio avviso, però, un errore dal loro punto di vista ben ponderato, dettato dalla scelta di non lasciare il pallino dell’euroscetticismo completamente nelle mani dei partiti e del popolo dei sovranisti (non a caso, subito dopo FdI è risalito nei sondaggi di voto degli italiani), anche in ragione di scelte poco innovative a cui si è assistiti, come le riconferme di Roberta Metsola alla guida dell’Europarlamento e della stessa von der Leyen.

Ma credo anche che sia stato uno sbaglio non fare di più per convincere la nostra premier a dare la fiducia alla riconfermata presidente della Commissione. Probabilmente se il programma di von der Leyen, dopo aver previsto una maggiore attenzione sul controllo dei fenomeni migratori (scelta senz’altro gradita alla destra) avesse anche rivisto un tantino al ribasso i paletti del Green Deal, la fiducia sarebbe arrivata, anche a costo di perdere quella del gruppo dei Verdi. In questo modo si sarebbero inchiodati i nostri partiti di maggioranza (fatta eccezione per la Lega, che ormai viaggia irreversibilmente verso altre mete) alle responsabilità di governo dell’Ue, dando così anche atto del pur non dirompente spostamento a destra che il voto europeo del mese scorso ha certificato.

Alla fine credo che il nostro governo in qualche modo rientrerà nei ranghi (l’Italia è un paese troppo importante per il vecchio continente) e sarà adeguatamente coinvolto (le imminenti nomine dei commissari Ue ci diranno di più). Ma se viceversa, come qualcuno lamenta, davvero nell’Unione Europea si tramassero azioni di rappresaglia contro Giorgia Meloni (peggio ancora se fomentate dai nostri partiti di opposizione), questa sarebbe una cattiva notizia per tutti gli italiani, che essi sostengano o meno il governo e la maggioranza di centro-destra. Sarebbe il caso di vigilare e, nel caso, far sentire la nostra voce. Tutti.

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