Saltare l’Olimpiade per difendere con maggior forza il numero 1 del mondo. L’annuncio della rinuncia di Jannik Sinner alle Olimpiadi di Parigi (la seconda consecutiva dopo quella di Tokyo di tre anni fa) ha aperto una voragine di sconforto che si è diffusa in pochissimi istanti in tutto l’ambiente italiano, ma spinge anche a uno sforzo di lungimiranza. Basta guardare oltre i cinque cerchi pensati da Pierre de Coubertin per rendersi conto dell’opportunità che l’azzurro si trova adesso tra le mani. È il classico bicchiere mezzo pieno. Un orizzonte che però può essere osservato solo dopo aver fronteggiato la prima fase di frustrazione, in cui tutto appare nero.

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La delusione olimpica
Dopo l’eliminazione ai quarti di finale di Wimbledon, il forfait a Parigi è un’altra doccia gelata, per certi aspetti clamorosa. La notizia della febbre diffusa martedì scorso era stata subito depotenziata dalle immediate rassicurazioni del caso. Tutto si è consumato nel giro di appena 24 ore. Non c’è stato nemmeno il tempo di tirare un sospiro di sollievo che la spedizione olimpica azzurra si è trovata a dover ingurgitare l’abdicazione del suo rappresentante più atteso. Quello più conosciuto a livello mondiale. Quello che era chiamato a spezzare la maledizione che avvolge la racchetta italiana esattamente da 100 anni, a secco di medaglia dal bronzo di Uberto De Morpurgo alle Olimpiadi 1924, disputate proprio a Parigi. L’amarezza è tanta, assume sfumature polemiche, rimette in dubbio la tenuta fisica del numero 1 del mondo dopo l’infortunio all’anca e il quasi svenimento ai Championships. Collega casi incompatibili tra loro. L’addio a Parigi non evidenzia un’integrità muscolare e articolare in pericolo, semmai sembra confermare la presenza di una certa dose di sfortuna in questa fase della stagione. Al virus londinese si unisce la tonsillite attuale. Inutile negarlo, si tratta comunque di una delusione, e per certi aspetti si può parlare anche di un fallimento personale, dal momento che Sinner non ha mai mancato di sottolineare come le Olimpiadi fossero uno dei grandi obiettivi di questa stagione. Eppure, spesso i fallimenti nascondono un altro lato della medaglia, che rovescia l’equazione mostrando le cose sotto un’altra prospettiva.

Il finale di stagione cruciale
Come già accennato in principio, il forfait olimpico regala Sinner una grande occasione per difendere la prima posizione mondiale dai prossimi attacchi di Novak Djokovic e Carlos Alcaraz. Il Masters 1000 in Canada (che quest’anno si giocherà a Montreal invece che a Toronto come vuole la tradizionale alternanza annuale) rappresenta un pericolo reale per l’azzurro. Il titolo conquistato un anno fa va difeso per non rischiare di perdere la leadership nel ranking. Non giocare a Parigi consentirà di recuperare e di preparare al meglio l’appuntamento canadese, e di approfittare anche di un altro aspetto non secondario. Montreal arriverà pochi giorni dopo la fine del torneo parigino, in cui sono impegnati sia Alcaraz che Djokovic. È quindi plausibile ipotizzare che entrambi si presenteranno in Canada con diverse scorie in corpo, oppure che decidano di rinunciare per poi presentarsi direttamente a Cincinnati. Scenari che sarebbero tutti a vantaggio di Sinner. Ma non c’è solo questo. Dopo l’ostacolo canadese, il percorso sarà in discesa fino a ottobre. Il Masters 1000 di Cincinnati e gli Us Open sono appuntamenti in cui l’azzurro avrà moltissimo da guadagnare e i rivali tantissimo da perdere. Nello specifico, Djokovic avrà cambiali per 3000 punti, Alcaraz per 1320. Sinner invece solo per 190. Conservare il numero 1 del mondo in Canada e poi rafforzarlo negli Stati Uniti è un passaggio fondamentale in vista dell’autunno, il periodo più caldo per l’altoatesino. Quello in cui sarà necessario presentarsi al 100 per cento della condizione per gestire gli oltre 2000 punti messi insieme nel 2023.

Una scelta sensata e giusta
Di fronte a tutto quello che saranno i prossimi mesi, la scelta di Sinner di non rischiare giocando per forza a Parigi può essere condivisibile o meno, ma è sensata e giusta. A questo livello ogni minimo dettaglio può fare la differenza, e anche una “banale” tonsillite, se non gestita al meglio, può togliere giorni di allenamento preziosi. D’altronde poi, la storia del tennis è chiara: le Olimpiadi sono importanti, gli Slam e il numero 1 del mondo lo sono molto di più. Così come la Coppa Davis.

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