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“Crimini di guerra a Gaza”, Londra non si opporrà al mandato di arresto per Netanyahu

E’ una decisione puramente formale, ma ha una forte valenza politica. Londra non si opporrà all’arresto di Benjamyn Netanyahu. Il governo laburista di Keir Starmer non intende porre obiezioni procedurali di fronte alla Corte Penale Internazionale contro i mandati di arresto spiccati nei confronti del premier israeliano e del ministro della Difesa, Yoav Gallant, oltre […]

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E’ una decisione puramente formale, ma ha una forte valenza politica. Londra non si opporrà all’arresto di Benjamyn Netanyahu. Il governo laburista di Keir Starmer non intende porre obiezioni procedurali di fronte alla Corte Penale Internazionale contro i mandati di arresto spiccati nei confronti del premier israeliano e del ministro della Difesa, Yoav Gallant, oltre che dei leader di Hamas, accusati di crimini di guerra nella Striscia di Gaza. Lo ha confermato un portavoce di Downing Street dopo le indiscrezioni pubblicate giovedì dal New York Times.

Si tratta di una decisione che non mette in discussione i rapporti tra i due Paesi, ma che nel contesto delle proteste della comunità internazionale per il modo in cui Tel Aviv sta conducendo le operazioni militari nella Striscia di Gaza dopo gli attacchi del 7 ottobre – quasi 40mila palestinesi uccisi – assume un forte significato simbolico. Il Regno Unito è uno degli alleati più forti e uno dei principali partner commerciali di Israele in Europa. Dopo il 7 ottobre, il governo Sunak ha espresso una forte comprensione per il diritto di Israele di usare la forza contro Hamas a Gaza e le forze aeree militari di Londra hanno avuto un ruolo nell’intercettare l’attacco con missili e droni iraniani del 13 aprile. Tuttavia, Londra ha espresso crescente costernazione e sgomento per la condotta della guerra da parte di Israele e la sua apparente mancanza di cooperazione nel consentire l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza e ha preso in considerazione la possibilità di imporre un divieto di vendita di armi a Tel Aviv.

Il premier Starmer, ex avvocato per i diritti umani, ha condannato Hamas e sostenuto il diritto di Israele a difendersi, ma ha anche chiesto un cessate il fuoco e maggiori aiuti umanitari per l’enclave assediata. La scorsa settimana il governo ha annunciato che avrebbe ripreso a finanziare l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi (Unrwa) nonostante le segnalazioni provenienti da Israele secondo cui alcuni suoi dipendenti sarebbero stati coinvolti nell’attacco di Hamas del 7 ottobre. Il nuovo ministro degli Esteri, David Lammy, ha affermato che l’Unrwa ha adottato misure per garantire “i più elevati standard di neutralità” tra i suoi dipendenti.

L’ipotesi di porre obiezioni era stata evocata – ma non ufficializzata – dal precedente governo di Rishi Sunak. A giugno l’esecutivo Tory aveva presentato, in qualità di stato membro della Corte, la richiesta di specificare se la “Corte possa esercitare la sua giurisdizione su cittadini israeliani, considerato che la Palestina non può esercitare la sua giurisdizione sui cittadini israeliani sulla base degli accordi di Oslo”. Israele non è Paese membro della Corte, ma i procuratori a maggio spiegarono che le incriminazioni erano possibili perché relative a fatti compiuti a Gaza che appartiene all’Autorità Nazionale Palestinese che è invece è membro della Corte. Ora un portavoce del governo laburista ha “confermato che non continuerà a sostenere la richiesta, in linea con la nostra posizione assunta da tempo che questa è una questione che spetta alla Corte decidere”.

L’intenzione era stata accolta ancor prima della sua ufficializzazione dalla reazione stizzita del governo d’Israele, che per bocca d’un funzionario s’era detto “profondamente deluso da una decisione fondamentalmente sbagliata” già sulla base delle anticipazioni del Nyt.

Una portavoce di Downing Street ha peraltro sottolineato come la mancata presentazione di obiezioni non significhi un avallo delle motivazione dei mandati d’arresto in questione. Ma solo il rispetto di “decisioni indipendenti” della Cpi, massimo organismo giudiziario internazionale nato da un trattato a cui il Regno Unito ha a suo tempo aderito. “Noi crediamo fermamente nello stato di diritto e nella separazione dei poteri”, ha rimarcato.

I mandati recano del resto la firma del procuratore capo della Cpi, Karim Khan, avvocato ed esperto di diritto internazionale britannico di chiara fama, il quale in passato ha già ricoperto incarichi di giudice nel tribunale sui crimini nella ex Jugoslavia e che ha un fratello ex deputato conservatore alla Camera dei Comuni di Westminster.