Cronaca

Femminicidio e attenuanti per Covid, “marcia contro la decisione della Cassazione”. Il papà di Lorena Quaranta: “Ci saremo”

“Sarà una marcia silenziosa, perché riteniamo che di fronte alla richiesta della Cassazione di valutare le attenuanti dovute allo stress da Covid per l’assassino di Lorena Quaranta, si possa stare solo in silenzio”. Così interviene Concetta La Torre, avvocata e presidente del centro anti violenza, Associazione Al Tuo Fianco, che sabato prossimo ha organizzato la marcia di protesta a Furci Siculo (il paesino della costa ionica messinese dove è avvenuto il femminicidio) contro la pronuncia della Suprema Corte.

I giudici di terzo grado non hanno, infatti, confermato l’ergastolo per Antonio De Pace, il fidanzato e convivente, che il 31 marzo del 2020 ha strangolato Lorena, al culmine di una lite. Il femminicidio avvenuto in pieno lockdown è avvenuto per forte stress date le condizioni di clausura ai quali tutti erano sottoposti in quel periodo? La Cassazione ha annullato la sentenza della corte d’Assise d’appello di Messina e ha rinviato alla Corte di Reggio Calabria perché venga valutata la possibilità che De Pace abbia agito sotto stress da Covid. Una pronuncia che ha creato molto scompiglio nel Messinese, dove è avvenuto l’omicidio.

Soprattutto perché questa nuova pronuncia della corte di Cassazione arriva pochi mesi dopo la riduzione di pena per l’assassino di Alessandra Musarra, uccisa dal fidanzato a Messina nel 2019. Lo scorso marzo la corte d’Appello di Reggio Calabria ha ridotto la pena dall’ergastolo a 24 anni per Cristian Ioppolo, reo confesso. Anche in questo caso la corte di Cassazione aveva annullato la condanna all’ergastolo della corte d’Appello di Messina, rinviando gli atti alla corte di Reggio Calabria, questa volta perché fosse valutata la sussistenza dell’aggravante dei futili motivi. Dopo il rinvio, lo scorso marzo, da Reggio Calabria è arrivata la condanna a una pena più lieve. Un precedente che mette in allarme i familiari di Lorena, ma non solo: “Ci chiediamo se non fossimo tutti in una situazione di forte stress durante il lockdown. È un precedente molto pericoloso, anche perché non riconosce il femminicidio in quanto tale, ovvero frutto di una cultura di sopraffazione della donna e compagna, ma riconosce le attenuanti generiche dovute a una particolare situazione di stress: questo ci fa tornare indietro di anni. Dopo aver finalmente superato l’attenuante della gelosia, ora dobbiamo affrontare l’attenuante da stress da covid”, sottolinea La Torre.

Alla marcia ha aderito anche l’amministrazione comunale di Furci Siculo che ha fornito sostegno organizzativo e il patrocinio del comune: “Chiediamo tutti insieme giustizia per Lorena, soffocata da quest’uomo a mani nude – interviene il sindaco di Furci, Matteo Francilia -. Indossare scarpe rosse, rafforzare la legislazione, sensibilizzare sulla violenza contro le donne, diventa inutile se poi la magistratura derubrica la violenza di genere ad atto scaturito da stress…”.

La marcia partirà sabato 27 luglio alle 19, dalla casa in cui Lorena è stata uccisa e proseguirà fino alla panchina rossa che le è stata intitolata, sul lungomare di Furci. Nel frattempo la rettrice dell’università di Messina, Giovanna Spatari, martedì scorso, ha annunciato che il cortile del Rettorato sarò intitolato a Lorena, laureanda di 27 anni. Poco dopo l’omicidio l’università peloritana aveva consegnato la laurea Honoris causa in medicina per Lorena alla famiglia Quaranta.

Nel frattempo però nel dibattito è intervenuto anche il presidente della camera penale di Messina, Bonaventura Candido, con un lungo comunicato, in cui sottolinea come la notizia dell’annullamento dell’ergastolo da parte della Suprema Corte, abbia “scatenato un tripudio di reazioni che hanno un solo pregio: attrarre i likes del popolo del web”. E ha chiarito: “La Suprema Corte ha semplicemente censurato la circostanza che i giudici di merito non hanno riscontrato un punto dell’impugnazione che invocava il riconoscimento delle attenuanti generiche in conseguenza delle criticità derivanti dal lockdown. Ogni volta che un imputato assistito (anche lui ricordiamolo) da diritti inviolabili avanza un motivo di appello questo deve essere valutato dai giudici di merito che non possono non dare riscontro ad ogni sua doglianza (è la legge bellezza!!). Questo è il nostro sistema e solo di questo si è occupata la Suprema Corte che ha lasciato ampio spazio a chi dovrà giudicare in sede di rinvio. Non è stato riconosciuto alcun diritto all’imputato sen non quello di avere una risposta alle proprie domande ed una motivazione al loro rigetto. I parenti della vittima hanno il sacrosanto diritto di ottenere Giustizia ma la Giustizia non si ottiene negando diritti all’imputato”.

“I giudici della corte d’Assise d’appello di Messina hanno specificato che lo stress non ha influito sulla responsabilità penale e hanno ampiamento motivato. La corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria adesso dovrà dire se chiunque abbia commesso reati durante il lockdown possa vedere riconosciute le attenuanti generiche”, ha ribattuto La Torre. Convinto che il Covid non c’entri nulla con l’omicidio, il padre di Lorena, Vincenzo Quaranta, parlando con ilfattoquotidiano.it, dice: “Era solo l’inizio della pandemia e lui era infermiere. Usciva per andare a lavoro, e usciva anche la sera, andava dagli amici a bere, infischiandosene delle restrizioni. Il Covid non c’entra, è stato un senso di inferiorità, lui infermiere e lei prossima alla laurea in medicina, non ci vengano a dire il contrario”. Si ferma un istante e riprende: “Quando lo abbiamo saputo mia moglie si è sentita male. È stato come tornare al 31 marzo. Finora non mi sono esposto, ho lottato nei tribunali ed eravamo arrivati dove dovevamo arrivare. Ma adesso che siamo tornati indietro e abbiamo subito questa ingiustizia, quando la stampa mi chiamerà, risponderò sempre. Sarò alla marcia sabato, con tutta la mia famiglia, ci sarò sabato e ci sarò sempre, ovunque. Lo faccio per Lorena e per tutte le altre donne”.