L'uomo è stato condannato all'ergastolo per l'omicidio di Yara Gambirasio
Mancava solo il diretto interessato a commentare la serie Netflix “Il caso Yara – Oltre ogni ragionevole dubbio”. Così Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio. in una lettera al programma “Iceberg” di Telelombardia, ha dichiarato: “Ho visto ‘Oltre ogni ragionevole dubbio’ e mi ha fatto molto emozionare. Descrivere l’angoscia che ho provato nel vederlo è quasi impossibile, il cuore ora come allora mi scoppia dentro”.
E ancora: “Prima la paura. Tanti, tanti militari tutti addosso a me che non capivo nemmeno cosa stesse succedendo. Poi, sdraiato nella mia branda, nelle solitudini, nelle sofferenze delle mie notti quasi a scandire con forza il passare del tempo. Poi, quando davanti alle telecamere avrei voluto raccontare tutto, svuotare il sacco delle emozioni, batteva tanto forte che i fonici hanno dovuto interrompere le riprese: il battito era troppo forte! Disturbava i microfoni. Rivedermi, rivivere ogni istante fa male, ma voglio ringraziare per avermi dato voce“.
La docuserie si sofferma anche sul ruolo delle donne nella vicenda: Yara, la madre Maura, Ester Arzuffi, Marita Comi, la pm Ruggeri, la giudice Bertoja e le due mediche legali Cattaneo e Ranalletta. Le loro storie si intrecciano con la vicenda giudiziaria, offrendo una prospettiva più ampia e complessa sul caso. L’indagine di Netflix non tralascia gli aspetti controversi dell’inchiesta: dai campioni di DNA comparati per errore a quelli analizzati con kit scaduti, dal video del furgone di Bossetti “confezionato a scopo comunicativo” ai campioni di DNA di Ignoto 1 distrutti per incuria. Emerge anche il ruolo dei veggenti, le cui “visioni” sono state prese in considerazione dagli inquirenti, sollevando ulteriori dubbi sulla conduzione delle indagini.