Giustizia & Impunità

Prete condannato per pedofilia, i giudici: “Il vescovo era bene consapevole delle segnalazioni di abusi”. Papa Francesco lo aveva difeso

“Emerge chiaramente che il vescovo di Piazza Armerina (monsignor Rosario Gisana, ndr), ben consapevole da molti anni delle segnalazioni effettuate intenti agli abusi partiti da un ragazzo ancora minorenne ad opera di Giuseppe Rugolo, abbia totalmente ignorato questi campanelli di allarme, non solo ritardando volutamente l’incontro con” la vittima, Antonio Messina e i suoi familiari, […]

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“Emerge chiaramente che il vescovo di Piazza Armerina (monsignor Rosario Gisana, ndr), ben consapevole da molti anni delle segnalazioni effettuate intenti agli abusi partiti da un ragazzo ancora minorenne ad opera di Giuseppe Rugolo, abbia totalmente ignorato questi campanelli di allarme, non solo ritardando volutamente l’incontro con” la vittima, Antonio Messina e i suoi familiari, “ma evitando di attuare qualunque forma di controllo o di provvedimento a tutela dei fedeli, soprattutto adolescenti, facenti parte della comunità religiosa da lui guidata”. Lo scrive il collegio presieduto da Francesco Paolo Pitarresi del tribunale di Enna nelle motivazioni della condanna in primo grado a 4 anni e sei mesi di carcere per violenza sessuale su minori a don Rugolo, interdetto 5 anni dai pubblici, in forma perpetua dalle scuole, da uffici attinenti alla tutela, curatela e amministrazione di sostegno. Il giorno prima della sentenza, papa Francesco in udienza Gela elogiava monsignor Gisana: “È stato perseguitato, calunniato e lui fermo, sempre, giusto, uomo giusto. Per questo, quel giorno in cui andai a Palermo, ho voluto fare sosta prima a Piazza Armerina, per salutarlo. È un bravo vescovo”.

Silenzi e omissioni – Il “bravo vescovo” Gisana “ometteva – si legge nelle motivazioni -, con ogni evidenza, qualsivoglia, doverosa, seria iniziativa a tutela dei minori della sua comunità e dei loro genitori, nonostante la titolarità di puntuali poteri/doveri, conferiti nell’ambito della rivestita funzione di tutela dei fedeli, facilitando l’attività predatoria di un prelato (Rugolo, ndr) già oggetto di segnalazione”. “Sarebbe stato doveroso da parte dell’autorità religiosa alla guida della diocesi di Enna – scrive il collegio -, non solo segnalare alle autorità religiose queste denunce” e “precludere in via cautelare, a Rugolo di coordinare e gestire numerosi gruppi di giovani in attività ricreative a sfondo religioso”. Violenze commesse da don Rugolo sono state commesse tra 2009 e il 2011 ai danni di Antonio Messina, che solo molti anni dopo e raggiunte la maggiore età ha deciso di denunciare, e nei confronti di altri due minori tra il 2015 e il 2019. Il prete, secondo i giudici, agiva “consapevole di poter contare sull’appoggio dei vertici religiosi che contribuivano a rafforzare all’esterno” la sua immagine, di “esponente di spicco del clero locale”

“Ho insabbiato questa storia”– Dai numerosi dialoghi captati in fase di indagine e riportati nella motivazioni, emerge la consapevolezza del vescovo Gisana negli abusi del parroco. “Ma è vero che ha ricevuto una telefonata dal Papa? Perché dicono questo i giornali!”, chiede Rugolo il 18 gennaio 2021. “No, no! Io ho ricevuto una lettera della congregazione per il Clero. Dove mi chiedono gli accertamenti di quello che abbiamo fatto…”, risponde il vescovo. Il prete scoppia a piangere, e monsignor Gisana lo rincuora: “E u’ sacciu gioia mia… (lo so gioia mia, ndr.) Eh, però in questo momento non so neanche io che cosa si deve fare. Ehm…, l’unica cosa è pregare il Signore, che freni questo impeto demoniaco e speriamo che il Signore ci aiuti e basta. Picchi ccaà (perché qua, ndr), ora il problema non è solo tuo, il problema è anche mio, perché io ho insabbiato questa storia, per cui stanno cercando in tutti i modi di accusarmi…”. In realtà Gisana non finirà sul banco degli imputati.

“Tu li conosci gli omosessuali” – Monsignor Gisana “non aveva dato credito alle denunce sugli abusi segnalati, nonostante egli fosse consapevole che si trattasse di un minore, etichettandole come questioni tra omosessuali e, cosa ancora più grave, giustificando padre Rugolo per la sua condotta con un momento di debolezza da lui vissuto all’epoca in cui si erano verificati i fatti”. A tal proposito, il collegio riporta la conversazione del 21 gennaio 2021, tra monsignor Gisana e don Angelo Passaro. “Ti dico le mie considerazioni – dice il vescovo -, tu li conosci anche gli omosessuali, non che niatri vinimu da Marte (non è che noi veniamo da Marte, ndr), quindi li conosci anche gli omosessuali sono fatti così, amano in maniera viscerale o odiano in maniera viscerale, cioè chiesta (questa, ndr) è una pura vendetta di una persona innamorata che è stata respinta, e che è stata trattata poi probabilmente… io immagino, sarà stata trattata chiaramente per allontanarlo anche in una maniera così: ‘Ora tu vattene’, e chiddu s’ha sintutu ferito (quello si è sentito ferito, ndr), ma ferito da innamorato…”.

“Per la Chiesa è tutto pedofilia sotto i 18” – Poi il vescovo si sofferma a spiegare la differenza tra Stato e Chiesa. “Angelo allora, la questione è questa, adesso le cose sono cambiate: per lo Stato tutti coloro che sono sotto i 16 anni è pedofilia, non c’è differenza, (…) Per noi la pedofilia è sotto i 18. Cioè pederasta, come si chiama, non pederasta… c’è un altro termine, efobo, l’efebofilia, sai chisti picciotti (questi ragazzi, ndr) di 15, 16, 17 anni, ha caputo? (hai capito?, ndr.) l’efebofilia, per lo Stato è tutto pedofilia sotto i 15, per la Chiesa è tutto pedofilia sotto i 18. Detto questo, n’attaccamu o’ tram”. Per i giudici, “la condotta coscientemente colposa da parte del vescovo Rosario Gisana rendono legittima la condanna al risarcimento del danno della Curia nella sua qualità di responsabile civile per i pregiudizi cagionati da padre Rugolo”.