È morta, o meglio è stata uccisa a 9 anni, Betty Boop, la figura femminile interprete, il 4 novembre 1932, proprio quattro giorni prima delle elezioni presidenziali di quell’anno, e per la prima volta sugli schermi, una candidata alla presidenza degli Stati Uniti d’America. Adesso una donna sulla poltrona dello studio ovale alla Casa Bianca potrebbe sedercisi davvero: Kamala Harris è una candidata democratica in carne e ossa, mentre quella virtuale di 92 anni fa è solo un cartone animato, la cui protagonista si chiama Betty Boop, la ragazzina flapper, oggi si direbbe pin-up, sexy, in cilindro, minigonna e tacchetti, con la giarrettiera che fa maliziosamente capolino sulla coscia sinistra.

È lei, infatti, la star di Betty Boop for President, film d’animazione diretto da Dave Fleischer, animato dal fratello Max e musicato dal terzo Fleischer, artisti di origine ebrea polacca naturalizzati Usa.

Solo un cartoncino animato per bambini? Tutt’altro. Betty si candida alla Casa Bianca contro Mr. Nobody (il signor Nessuno), una specie del futuro nostrano Tiramolla (senza un corpo né un viso, ma apparentemente di colore…). Entrambi i candidati fanno promesse elettorali cantando e ballando davanti a un pubblico di animali umanizzati. La sala è tutta per Betty («We want Betty», cantano in coro gli spettatori) che giura di amministrare saggiamente i soldi degli americani, mentre il cartone mostra fermate dei tram porta a porta, vie pulite, «strade della Florida centrale liberate dalla cacca» e anche un mega-ombrello per proteggere l’intera città dalla pioggia.

Betty giura inoltre che pacificherà il Congresso costituito da democratici asini e repubblicani elefanti, e che trasformerà i condannati alla sedia elettrica in dolci fanciulline. Mr. Nobody invece è un nichilista: in omaggio al proprio nome afferma, coperto dai «buuuu…» a tempo di musica del pubblico, che nessuno, cioè lui, risolverà alcun problema dei cittadini: «Chi renderà leggere le vostre tasse?… Signor Nessuno! Chi proteggerà il diritto degli elettori?… Signor Nessuno! Se tua moglie fosse scappata con il lattaio… beh… io me ne frego… ».

Ovviamente Betty vince le elezioni e viene portata in trionfo per le strade, mentre il film termina con un primo piano di un boccale di birra dietro al quale si intravvede il viso di Betty (come dire che lei metterà fine al proibizionismo, assai inviso al popolo). Ma, come fanno notare numerosi osservatori, «Betty Boop si trasforma brevemente nelle caricature di Herbert Hoover e Al Smith che era il candidato del Partito Democratico nel 1928» anche se, alla fine, sarebbe stato sostituito da Franklin D. Roosevelt».

Sedici anni dopo, Betty Boop for President fu rielaborato dai Fleischer che produssero il cartone Popeye the Sailor-Olive Oyl for President. Questo corto riutilizza varie battute di Betty Boop for President e così ci ritroviamo pure Olivia, la fidanzata di Braccio di Ferro, in corsa per la Casa Bianca. E lo slogan del povero Mr. Nobody («Nessuno per il presidente») divenne molti anni dopo il mantra dell’intrattenitore e pacifista americano Wavy Gravy che partecipò al primo indimenticabile raduno beat di Woodstock del 1969.

Betty riapparirà in Chi ha incastrato Roger Rabbit (1988) di Robert Zemeckis, ma dovette aspettare oltre mezzo secolo. Della breve ‘carriera ‘ di Betty Boop scrive l’Hollywood Reporter: «Nella speranza di evitare l’intervento del governo, i dirigenti del cinema arruolarono l’anziano presbiteriano Will Hays, per fissare su carta una serie di regole valide per il grande schermo. Via ogni allusione “all’immoralità sessuale” (“talvolta necessaria per la trama”, non doveva “mai sembrare giusta o lecita”), nessun riferimento all’omosessualità o alla religione, bandito l’amore interrazziale e qualsiasi forma di violenza. Ideato nel febbraio 1930, il Codice Hays fu applicato rigorosamente solo dal 1° luglio 1934». E Betty Boop ne fece le spese.

In realtà più che Hays fu il giornalista cattolico Joseph Breen (personaggio che ritroviamo in The Aviator di Scorsese) che eliminò la giarrettiera di Betty, le censurò il decolleté e la minigonna. E le origini ebraiche del suo padre fondatore, Fleischer, e della cantante che doppiava Betty, Mae Questel, anche lei un’ortodossa di lingua yddisk, pare possano aver contribuito alla dipartita di Betty, presto sostituita dalla più traquillizzante Olivia, regolare fidanzata di Braccio di Ferro. E così Rhythm on the Reservation, 1939, è l’ultimo cartone di Betty, icona dei tempi moderni che ben rappresenterebbe gli stilemi sociali della (possibile) prima donna presidentessa degli Usa.

Le altre donne-presidentesse cinematografiche americane appaiono in film poco significativi o in serie con ruoli marginali, tutte, in definitiva, poco credibili: da Una donna alla Casa Bianca (Geena Davis) a House of Cards (Robin Wright) a Homeland (Elizabeth Marvel) a Independence Day – Rigenerazione (Sela Ward), solo per citarne alcuni fra i pochi. La sola, vera presidentessa di spessore resta lei: l’inarrivabile Betty Boop.

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