Cronaca

Prete condannato per pedofilia, botta e risposta tra vescovi: ‘Non ero ancora in carica’, ‘Io non avrei esitato a prendere provvedimenti’

“Ritengo di non aver facilitato l’attività predatoria di alcuno”, “i fatti che hanno riguardato i rapporti tra Antonio Messina e Giuseppe Rugolo si sono verificati prima del mio insediamento a Piazza Armerina come vescovo nel 2014”. Si solleva da ogni responsabilità, monsignor Rosario Gisana, vescovo di Piazza Armerina, nella lunga intervista apparsa su La Stampa, […]

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“Ritengo di non aver facilitato l’attività predatoria di alcuno”, “i fatti che hanno riguardato i rapporti tra Antonio Messina e Giuseppe Rugolo si sono verificati prima del mio insediamento a Piazza Armerina come vescovo nel 2014”. Si solleva da ogni responsabilità, monsignor Rosario Gisana, vescovo di Piazza Armerina, nella lunga intervista apparsa su La Stampa, dopo la pubblicazione delle motivazioni della condanna in primo grado a 4 anni e sei mesi di carcere per violenza sessuale e tentata violenza su minori a don Rugolo.

La reazione dell’ex vescovo – Un’intervista che però ha portato alla reazione di monsignor Michele Pennisi, ex vescovo di Piazza Armerina oggi in pensione: “Se durante il mio vescovato fossi venuto a conoscenza di questi fatti che, preciso, per me costituiscono reato, non avrei esitato a prendere provvedimenti”. Una querelle vescovile scaturita dalla decisione dei giudici di Enna, che hanno puntato il dito – nelle motivazioni della sentenza – contro “la curia, nella persona del vescovo” Gisana (che non era imputato nel processo), perché avrebbe “facilitato l’attività predatoria” di Rugolo, “già oggetto di segnalazione”, e che avrebbe evitato “di attuare qualunque forma di controllo o di provvedimento a tutela dei fedeli, soprattutto adolescenti, facenti parte della comunità religiosa da lui guidata”.

“Ho disposto io la verifica” – Monsignor Gisana su La Stampa si difende spiegando che avuta “conoscenza di quanto rappresentato da Messina”, avrebbe “immediatamente disposto una ‘investigatio praevia’ che ha costituto un doveroso momento di verifica di quanto sostenuto” dalla vittima, “in esito a tale ‘investigatio’ è stato sospeso l’insediamento a parroco di Rugolo e lo stesso è stato inviato a Ferrara per le ragioni espresse dal provvedimento all’epoca adottato”. “Nessuno degli altri giovani – aggiunge Gisana nell’intervista – ha dichiarato di essersi sentito abusato da Rugolo, né per quanto a mia conoscenza, ha mai palesato condizioni di difficoltà o lamentato traumi, né avanzato richieste di sorta”. È vero che l’allontanamento di Rugolo dalla Sicilia avviene nel 2019 su decisione del vescovo Gisana, e che la prima denuncia ecclesiastica di Messina risale al 2018, quando ormai era maggiorenne, in cui vengono portati alla luce i fatti accaduti tra luglio 2009 e maggio 2011. In seguito, Messina denuncerà a dicembre 2020 tutto alla polizia. Da qui parte l’inchiesta, e saltano fuori altri episodi, come la tentata violenza di don Rugolo a due minorenni tra il 2015 e il novembre 2019, “reiterati anche dopo” che le vittime avevano “compiuto sedici anni” e affidati al prete “per ragioni di istruzione ed educazione alla religione cattolica e di vigilanza”. Questi ultimi episodi avvengono sotto il vescovato di Gisana, e per tale motivo che i giudici ritengono “la condotta coscientemente colposa da parte del vescovo”, rendendo “legittima la condanna al risarcimento del danno della Curia nella sua qualità di responsabile civile per i pregiudizi cagionati da padre Rugolo”.

“Rugolo era solito palpeggiare” – Durante il processo, è emerso “dalle testimonianze di decine di giovani la circostanza che” Rugolo “era solito palpeggiare gli adolescenti dei quali si circondava, dando loro pacche sui genitali, ad esempio al momento del saluto. Gesti che egli camuffava con un atteggiamento scherzoso e cameratesco”. In una realtà così piccola, come quella di Enna, in tanti sapevano quello che succedeva. Il vicequestore Antonino Ciavola, che ha testimoniato al processo, ha spiegato che ascoltando le conversazioni del vescovo Gisana “dal 2 gennaio al 14 febbraio 2014”, “in occasione dell’ondata mediatica scaturita dalla notizia” sulle violenze sessuali e “di fronte all’inquietudine manifestata da padre Rugolo”, il vescovo “si mostrava preoccupato per aver ‘insabbiato’ la vicenda nel passato”.

Le conversazioni del vescovo – “L’unica cosa è pregare il Signore – dice Gisana a Rugolo -, che freni questo impeto demoniaco e speriamo che il Signore ci aiuti e basta. Picchi ccaà (perché qua, ndr), ora il problema non è solo tuo, il problema è anche mio, perché io ho insabbiato questa storia, per cui stanno cercando in tutti i modi di accusarmi”. Nell’intervista a La Stampa, però, Gisana dice che la frase sarebbe stata “decontestualizzata dal dialogo”. Eppure, è sempre lo stesso vescovo che parlando con un altro prelato, minimizza sugli abusi subiti da Messina, considerandoli una vicenda tra “omosessuali” finita male: “Li conosci anche gli omosessuali, sono fatti così, amano in maniera viscerale o odiano in maniera viscerale, cioè chiesta (questa, ndr) è una pura vendetta di una persona innamorata che è stata respinta”.

Seconda “investigatio” su Rugolo – Una cosa è certa, nell’intervista a La Stampa, monsignor Gisana si fa scappare una notizia, quando dice che “è in corso una distinta ed ulteriore ‘investigatio praevia’ per la valutazione in sede canonica di quanto è avvenuto”. L’”investigatio” è nei confronti di Rugolo per le violenze sugli altri due minori. “Io non ho mai ricevuto alcuna segnalazione in merito a Rugolo -, ribadisce l’ex vescovo Pennisi all’Ansa -. Perché quando sono stato informato, come in un caso di Gela, ho preso immediatamente seri provvedimenti. Se durante il mio vescovato alla Diocesi di Piazza Armerina fossi venuto a conoscenza di questi fatti che, preciso, per me costituiscono reato, non avrei esitato a prendere provvedimenti”.