Una modifica legislativa per escludere le attenuanti dai casi di femminicidio. È la proposta lanciata dal palco di Furci, in provincia di Messina, dai parlamentari di destra e sinistra presenti alla marcia contro la pronuncia della Cassazione. La Suprema corte ha annullato l’ergastolo di Antonio De Pace, assassino di Lorena Quaranta, rinviando gli atti alla Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria perché venga valutata l’attenuante dello stress da Covid.

Contro questa decisione, una marcia silenziosa è partita alle 19 di ieri, sabato 27 luglio, da casa di Lorena a Furci Siculo, il paese della costa ionica messinese dove la 27enne laureanda in Medicina viveva assieme a De Pace, infermiere due anni più grande della ragazza. Proprio a Furci si è consumato il femminicidio: Lorenza è stata strangolata al termine di una lite, il 31 marzo del 2020. Una presenza massiccia di amministratori e politici di destra e di sinistra quella che si è registrata alla marcia: a manifestare contro la decisione della Cassazione c’erano dieci sindaci del comprensorio, più il primo cittadino di Favara, paese dell’Agrigentino dove era nata Lorena, parlamentari nazionali e regionali di Lega, Fdi, Italia viva, Sud chiama Nord e Pd. “Non si può accettare che il femminicidio venga sminuito”, ha detto Antonio Nicita, senatore dem che ha lanciato la proposta di una modifica legislativa per escludere le attenuanti dal reato di femminicidio.


Una proposta ampiamente condivisa poi dagli altri parlamentari: Ella Bucalo di Fdi, Dafne Musolino di Iv, l’ex europarlamentare della Lega Annalisa Tardino, il neo segretario siciliano del Carroccio Nino Germanà, Maria Stefania Marino del Pd, Pippo Lombardo di Sud chiama Nord. Alla manifestazione, organizzata dal centro antiviolenza “Al tuo fianco” e sostenuta anche dall’amministrazione di Furci, guidata dal leghista Matteo Francilia, hanno preso parte pure Enzo e Cinzia Quaranta, genitori di Lorena. “Siamo il grido di chi non ha più voce”, recitava uno dei manifesti esposti durante la marcia, partita dalla casa su in collina: “Di fronte alla pronuncia della Cassazione non possiamo che restare senza parole”, ha sottolineato Cettina La Torre, avvocata e presidente del centro antiviolenza.

In piazza è stato invece montato un palco dal quale sono intervenuti amministratori, organizzatori e parlamentari: “Adesso è davvero come se di nuovo si considerasse la violenza sulle donne come frutto di un raptus, di uno stato di stress – ha detto dal palco La Torre -. La violenza su di noi nasce da una cultura che considera la donna inferiore all’uomo, possesso dell’uomo, su questo terreno non possiamo accettare che si torni indietro. Il processo è giusto quando viene applicata la pena giusta. Anche noi sosteniamo i diritti degli imputati, ma c’è un altro delitto di cui non dobbiamo dimenticarci che è il diritto alla vita, quella vita che a Lorena è stata tolta”. “Sto vicino a tutte le associazioni antiviolenza e sarò al loro fianco per tutto il resto della mia vita, per Lorena ma anche per tutte le altre donne”, ha detto dal palco anche Enzo Quaranta, padre di Lorena. A margine ha poi raccontato: “Dopo la pronuncia della Cassazione mia moglie ed io siamo tornati indietro, è un dolore che si rinnova con la stessa intensità di 4 anni fa. Abbiamo avuto Lorena che eravamo ancora molto giovani, era per me quasi più una sorella che una figlia. Una ragazza dolcissima che non litigava mai con nessuno. Lo stress non può portare ad uccidere. Questi uomini che uccidono le donne, mi chiedo io da uomo e padre, che uomini sono?”. Assieme ai genitori anche la sorella e il fratellino della 27enne studentessa di Medicina. La manifestazione si è poi conclusa di fronte alla panchina del lungomare, dedicata a Lorena, dove sono stati deposti due mazzi di fiori.

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