L’incontro a Roma tra i capi delle intelligence di Israele, Stati Uniti, Qatar ed Egitto è arrivato nel momento in cui ce ne era forse più bisogno. Gli occhi delle cancellerie internazionali sono tutti puntati sul confine tra Israele e Libano dove si teme l’innesco di un nuovo conflitto, dopo quello del 2006, dopo la strage di bambini nel campo di calcio nel villaggio druso di Majdal Shams, territorio siriano occupato da Tel Aviv, e la risposta dello ‘Stato ebraico‘ con numerosi raid in Libano e la promessa di una “risposta dura“. Così, con il premier Benjamin Netanyahu che ha anticipato il ritorno in patria dal suo viaggio istituzionale negli Stati Uniti, stava ai servizi segreti di Washington, Doha e Il Cairo cercare di convincere Tel Aviv a non alzare il livello della tensione regionale oltre il punto di non ritorno.
Il summit che si è tenuto nella capitale italiana si è concluso nella serata di domenica e intorno al tavolo si sono seduti il capo del Mossad David Barnea, il direttore della Cia William Burns, il premier del Qatar Mohammed Al-Thani e il capo dell’intelligence egiziana, Abbas Kamal. Il tema al centro della discussione è lo sviluppo nelle trattative per un cessate il fuoco a Gaza, dopo che sabato Israele aveva presentato agli Stati Uniti la propria proposta “aggiornata” per un accordo sulla tregua e il rilascio degli ostaggi. Nella proposta sono contenute le condizioni sollevate da Netanyahu, tra le quali, scrive Axios, un meccanismo straniero per monitorare e impedire il movimento di armi e militanti palestinesi dal sud di Gaza al nord, senza specificare come funzionerebbe o chi ne sarebbe responsabile, il mantenimento del controllo israeliano sul confine tra Gaza e l’Egitto e modifiche nei luoghi in cui avrà luogo il ridispiegamento delle forze dell’Idf nella Striscia nella prima fase dell’accordo, che resteranno nel corridoio di Filadelfia. L’ufficio del premier israeliano, a incontro concluso, ha fatto sapere che “le parti hanno discusso il documento chiarificatore inviato da Israele in merito all’accordo proposto. Nei prossimi giorni proseguiranno le trattative sulle questioni principali”.
Alla vigilia, i negoziatori israeliani non erano fiduciosi che l’incontro a Roma avrebbe portato a una svolta e dubitavano che la pressione di Biden su Netanyahu avesse convinto il primo ministro ad ammorbidire alcune delle sue nuove e difficili richieste nella proposta israeliana aggiornata. “Netanyahu vuole un accordo che è impossibile da ottenere. Al momento non è disposto a procedere e quindi potremmo essere diretti verso una crisi nei negoziati e non verso un accordo”, ha affermato un dirigente israeliano.
È inevitabile però che alla luce di quanto accaduto sabato notte la discussione tocchi anche il tema della possibile reazione di Israele all’attacco che loro stessi attribuiscono alle milizie sciite di Hezbollah, che nel frattempo hanno negato ogni responsabilità. Su questo fronte, la priorità rimane una sola: evitare una nuova guerra tra Israele e Libano.