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Cronaca

Ultimo aggiornamento: 9:05 del 28 Luglio

La mediatrice culturale che assiste i naufraghi sulla nave di Emergency: “Ecco perché le persone non vogliono tornare in Libia”

La mediatrice culturale che assiste i naufraghi sulla nave di Emergency: “Ecco perché le persone non vogliono tornare in Libia"
di Simone Bauducco
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In queste settimane un giornalista de Ilfattoquotidiano.it si trova a bordo della nave Life Support di Emergency impegnata nella sua 22esima missione nel mediterraneo centrale. Da quando ha iniziato la sua attività nel dicembre 2022, la nave umanitaria di Emergency ha recuperato 1856 persone. Con una serie di video e articoli documenteremo le fasi di preparazione e le operazioni in mare.

La Libia è non è un posto sicuro e affidarsi alle milizie libiche o di altri paesi (come la Tunisia) è una forma di violazione della Convenzione di Ginevra che tutela i richiedenti asilo e la libertà di movimento”. Miriam Bouteraa è una mediatrice culturale. È alla sua terza missione con la Life Support di Emergency e ha deciso di imbarcarsi “per vedere e testimoniare che cosa succede nel Mar Mediterraneo”. Il mediatore è la prima persona che parla con i naufraghi in mare dai gommoni di salvataggio.

“Cerchiamo di rassicurarli innanzitutto dicendo loro che non siamo la guardia costiera libica – spiega dopo una giornata di esercitazione e prove di salvataggi in mare – infatti molto spesso le persone hanno paura a vedere qualsiasi nave che si avvicina perché pensano che sia una barca libica che è pronta a respingerle in Libia”. Le store delle centinaia di persone che la Life Support ha salvato in questi mesi testimoniano il perché. “Mi viene in mente un ragazzo siriano che ha provato ad attraversare il Mediterraneo quattro volte, le altre tre è stato respinto dalle milizie libiche venendo riportato in quelli che sono luoghi degradanti e disumani” racconta Bouteraa.

“In Libia ha visto tutti i tipi di violenza, le ha subite, le ha viste subire a bambini, donne e uomini con il coinvolgimento delle milizie libiche, ha visto tre-quattro compagni di viaggio morire per il caldo nei luoghi asfissianti di reclusione. E solo chi riusciva a pagare le milizie poteva uscire da questi luoghi”.

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