Oggi parleremo di una specie molto diffusa durante la stagione estiva che, al contrario di tante specie animali che rischiano l’estinzione, pare moltiplicarsi di anno in anno, diventando sempre più infestante e incivile: il cafone da spiaggia.

Questa particolare specie rappresenta la prova tangibile che l’evoluzione umana ha avuto anche conseguenze abbastanza disastrose. Infatti, ogni anno il cafone da spiaggia si evolve in una forma sempre più becera di essere umano, con svariate e preoccupanti peculiarità.

Cominciamo dai cafoni Robinson Crusoe, ovvero quella specie piuttosto diffusa che bazzica nelle aree protette del nostro bel Paese e, in barba ai divieti e alle restrizioni, decide di accamparsi senza ritegno sulle spiagge protette, bivaccando e molto spesso allestendo persino fantasiosi rifugi con teli mare e ombrelloni ben piantati nella sabbia. Non è insolito trovare questa specie presso la Spiaggia Rosa di Budelli, un’aera marina nel Parco Nazionale della Maddalena protetta dal 1994 (trent’anni!) in cui è vietato l’accesso, il transito, la sosta e la balneazione; essendo, quindi, vietato calpestare l’arenile è possibile ammirare i suoi colori dal mare.

Ma per i cafoni Robinson Crusoe, limitarsi ad ammirare questa bellezza da lontano va contro il loro spirito d’avventura e l’irrefrenabile esigenza di postare su Instagram la violazione appena compiuta, mossa degna dell’intelligenza che li contraddistingue. Infatti, solitamente dopo qualche ora la Capitaneria di Porto si presenta con una bella multa e un immediato ordine di sgombrare l’area.

Quando, per un barlume di ragione sconosciuto, non sono loro a postare direttamente foto e video fatti nell’isoletta conquistata, è qualcuno che si trova in barca poco distante e che filma i cafoni e poi ne posta i video on line, i quali arrivano presto alle autorità competenti.

Altra interessante varietà di cafoni da spiaggia sono i Collezionisti, coloro i quali sono mossi da un incontenibile desiderio di portarsi via un ricordo prezioso della propria vacanza. Una calamita, un prodotto tipico, un capo d’abbigliamento che ricordi le tradizioni di quel luogo. Un soprammobile, un libro? Ma certo che no! Il cafone Collezionista vuole portarsi a casa una prova molto più tangibile della sua vacanza e cosa c’è di più tangibile di qualche chilo di sabbia bianca di quella spiaggia in cui ha bivaccato per giorni, delle conchiglie che il tenero pargoletto ha raccolto per ore nella battigia o dei famosi sassolini bianchi che compongono una delle spiagge più belle del mondo, la spiaggia dei chicchi di riso di Is Arutas?

Nel 2019, l’Aeroporto di Olbia ha inaugurato il progetto “Riportami al mare”, che ha come nobile obiettivo quello di restituire alla natura tutta la sabbia rubata, recuperata durante i controlli di sicurezza. Negli ultimi cinque anni sono state sequestrate oltre 10 tonnellate di rocce, sabbia e conchiglie che i cafoni Collezionisti nascondevano nei posti più disparati: nei flaconi delle creme solari, nelle tasche interne di zaini e valigie, nelle bottiglie di plastica accuratamente nascoste in valigia, sotto i vestiti e le mutande. Insomma, una cafonaggine fantasiosa.

Dato che il cafone da spiaggia è una specie piuttosto infestante, non possiamo non citare i cafoni Occupanti. A questa categoria appartengono tutti coloro che vivono con la convinzione che il concetto di suolo pubblico sia qualcosa di astratto, una sorta di spauracchio per chi non è sveglio e furbo come loro. Infatti, il cafone Occupante è disposto ad alzarsi perfino alle 4 del mattino pur di riuscire a piantare il suo ombrellone in primissima fila, sistemare i suoi teli mare in modo che occupino circa 40 mq di spiaggia e poi, con la fierezza di chi ha appena compiuto un’azione strategica degna di Alessandro Magno, se ne torna a casa sicuro di essersi assicurato il posto migliore in spiaggia per i prossimi 7 giorni di vacanza.

Verso le dieci torna in spiaggia e con l’allegra famiglia di cafoni al seguito comincia ad occupare tutti i 25 teli mare stesi per delimitare il territorio conquistato all’alba. Qualora nessuno del gruppo abbia portato borse frigo piene di peperonata e panini con mortadella, verso l’ora di pranzo la mandria si sposta per andare a mangiare, non prima di aver steso per bene i teli mare e di aver aggiunto qualche ombrellone in più per delimitare lo spazio orgogliosamente guadagnato. In questo modo, anche se assenti, i cafoni Occupanti sono certi che il loro spazio non verrà mai invaso dal povero stronzo che, al contrario del loro prode condottiero, non è stato in grado di alzarsi all’alba e arriva in spiaggia solo alle 13. Come si dice, chi tardi arriva male alloggia, specialmente in una spiaggia pubblica.

Ovviamente la sera, quando è ora di andar via, il sistema di occupazione viene portato avanti con orgoglio e gli ombrelloni rimangono piantati nella sabbia tutta la notte, con lettini pieghevoli e piccole sdraio appoggiate tutto intorno o qualche salvagente di gomma infilato all’estremità. Tutto è pronto per il mattino seguente e chi pensa stupidamente di arrivare in una spiaggia pubblica all’ora che vuole e di poter trovare posto, non ha capito come si sta al mondo. Chi fotte per primo vince.

E’ ormai abbastanza chiaro che i cafoni da spiaggia sono una specie piuttosto variegata e che non c’è alcuna distinzione tra sesso, nazionalità o età. La cafonaggine è eterogenea, ma occorre seguire una regola di base per potersi assicurare una vacanza tranquilla: essere sempre il più cafone tra i cafoni. Zero scrupoli e tanta strafottenza. Esattamente quella strafottenza che mostra fiero il cafone Contestatore, per rispondere come si deve a chi, seppur gentilmente, si lamenta del fumo che arriva dalla sua sigaretta, fumata appassionatamente ad un metro di distanza dal malcapitato. In quei casi, il cafone si appella come non mai al concetto di spazio pubblico, sostenendo che la spiaggia è un luogo comune e che per questo lui è autorizzato a fare come gli pare.

Si lamenta della mancanza di libertà e delle pretese assurde di chi gli chiede cortesemente di spostarsi di qualche metro, perché non gradisce sorbirsi il suo fumo passivo. Sbraita e urla, farneticando che non c’è più rispetto per il prossimo e che questo maledetto politically correct ha rotto le palle, che siamo tutti schiavi del sistema, che ci lamentiamo per un po’ di fumo e non ci accorgiamo delle scie chimiche sopra la nostra testa. Insomma, un ottimo cocktail di cafonaggine e ignoranza, a 40 gradi e per giunta senza ghiaccio!

Certo, la specie del cafone da spiaggia è decisamente più articolata e più terrificante di così. L’unica speranza è che, in un futuro non troppo lontano, a lungo andare, i cafoni da spiaggia comincino a sterminarsi l’un l’altro, in una lotta civile all’ultimo incivile, risparmiandoci così la fatica di doverli affrontare ogni estate, insieme all’afa e alle zanzare maledette. Buone vacanze!

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