“A tutto lo staff di Emergency, abbiamo un contatto visivo ravvicinato con un’imbarcazione, preparatevi al soccorso”.
Sono le 3 del mattino quando la capa missione della Life Support Anabel Montes Mier lancia l’allarme via radio a tutto l’equipaggio. Dal ponte di comando è stata avvistata un’imbarcazione sovraffollata. Siamo in acque internazionali, in zona Sar libica. In pochi minuti tutti sono ai loro posti. Viene lanciato un primo gommone che si avvicina alla piccola barca in difficoltà. Quarantuno persone di cui tre minori non accompagnati.
“C’è acqua a bordo, ma non c’è odore di benzina” dice uno dei soccorritori. Si può procedere così alla stabilizzazione. Vengono lanciati i giubbotti di salvataggio. In questo modo se le condizioni della barca dovessero peggiorare, le persone hanno uno strumento in più per sopravvivere. Una volta che tutti hanno il giubbotto inizia il trasbordo dei naufraghi. Uno per uno salgono sul gommone di Emergency. Ma durante le operazioni un’altra imbarcazione si avvicina a fari spenti alla zona del soccorso. Inizia a girare intorno ai gommoni senza interferire con le operazioni. Viene lanciato l’allarme via radio. E poco dopo l’imbarcazione si allontana.
Intanto le operazioni di salvataggio proseguono rapidamente. I naufraghi salgono sulla nave di Emergency a piedi scalzi aiutati da tutto l’equipaggio. Un primo triage viene fatto sul ponte, poi vengono fatti scendere in coperta dove ricevono acqua e vestiti. Il salvataggio si conclude dopo 45 minuti. I naufraghi, 41 in totale di cui 3 minori stranieri non accompagnati, raccontando di essere partiti nella notte da Sabratha. Provengono da Siria, Egitto, Bangladesh, paesi colpiti da guerra, violenze, povertà, insicurezza politica e crisi climatica. Dopo il salvataggio arriva l’indicazione del porto sicuro: Napoli. Ci vorranno due giorni e mezzo di navigazione.