Economia di guerra, evasione fiscale del privato ormai consolidata, rete elettrica a singhiozzo per penuria di carburante e scarsa manutenzione, corruzione della burocrazia, prezzi impazziti, inflazione fuori controllo, povertà dilagante, giovani senza titolo di studio né lavoro.
Diaz-Canel finalmente lancia l’allarme che è stato procrastinato fin troppo. È la prima volta dalla morte di Fidel Castro che un massimo esponente del governo cubano si esprime ufficialmente in termini così drammatici. Meglio tardi che mai o solo troppo tardi? Mentre il presidente denuncia le tare di un sistema finito ed eticamente marcio, la nuova casta dei Mipyme che oggi ha quasi il monopolio della distribuzione alimentare mayorista (grossista) lungo l’isola, ma soprattutto nella capitale, si appresta ad aprire un grande magazzino all’angolo tra Paseo e 3ra, sia agro che alimentare, nel quartiere strategico dell’Avana El Vedado – dove si concentrano negozi al dettaglio, hotel, Airbnb, cafeterias di lusso e famiglie agiate – proprio davanti all’hotel Melia Cohiba. Il Miramar invece, dove hanno sede ambasciate lungo la 5ta Avenida e compagnie aeree nel Nuevo Centro de Negocio con la caratteristica piazza ornata dalle sculture degli elefanti, è riservato ai diplomatici, ai burocrati e ai ministri con le loro ville – come Alejandro Gil Fernández, ex ministro dell’Economia rimosso dall’incarico per “gravi errori” gestionali dopo l’aumento vertiginoso del prezzo della benzina a marzo – mentre la maggior parte delle famiglie cubane soffre fame vera.
Il video che ho girato in incognito durante lo scarico delle provviste nel cantiere ancora in allestimento dà un’idea della mole del fabbricato, che avrà anche un parcheggio asfaltato. A Cuba l’asfalto vale quanto l’oro. I prezzi sono in costante e cronico aumento, per via del cambio sfavorevole dollaro-peso: i grossisti pagano la merce importata in dollari e la rivendono in moneta nazionale, oltretutto speculando sullo stacco prezzo tra il cambio al momento dell’acquisto e della vendita successiva alle tiendas, i negozi al dettaglio. Per cui il costo dei generi alimentari va alle stelle, tagliando fuori la maggioranza della popolazione, che si riversa sui mercati popolari, i quali però trattano una varietà assai limitata di merce locale, mentre i centri della libreta governativa a prezzi calmierati sono ormai ridotti ai minimi termini.
Come riconosciuto dallo stesso presidente cubano, pezzi dell’apparato statale sono coinvolti in un meccanismo di corruzione che privilegia il privato: i Mipyme pagano le imposte doganali al momento dell’entrata delle merci dell’isola, ma le loro tasse sul reddito sono ridicole: grossisti e dettaglianti non le pagano fino a 40.000 pesos mensili ($160). Da 40.000 a 75.000 ($300) il 3%. Da 75.000 a 150.000 ($ 600) il 5%.
Un giro d’affari appena decente consente di mettere da parte profitti notevoli, considerando che i negozi non rilasciano scontrini. Zero. Ho girato le tiendas della capitale da cima a fondo, comprando di tutto; mi sono sentito come l’ispettore nel film di Cetto La Qualunque quando chiede il vituperato pezzo di carta mentre la cassiera lo guarda scandalizzata.
Non basta: secondo fonti interne al settore, il 70% delle Mipyme sono trasformazioni di imprese statali. L’ex presidente di una di queste si è riciclato nel privato, diventando socio unico di Mipyme Impexport, una delle aziende più importanti di cui è praticamente el dueño, il proprietario.
Un altro Mipyme, titolare di un mercato all’interno di un noto ristorante sulla litoranea per Playa Del Este, mi ha spiegato che le imposte simboliche che pagano sono però compensate dai costi di dogana e soprattutto dalla commissione che devono riconoscere al funzionario governativo. Questa si aggira sul 50% del fatturato dichiarato, che però su quello reale si ferma al 30%. Quanti di questi soldi vadano poi a rimpinguare veramente le casse dello Stato non è dato saperlo. Fatto sta che, secondo voci che girano, quest’anno il governo avrebbe affidato la gestione delle bancarelle gastronomiche a Santiago per il Carnevale proprio ai Mipyme, per mancanza di fondi. Per cui, se tale notizia venisse confermata, non sarebbe poi difficile tirare le conclusioni.
Riflessioni
Si tende ad incolpare Diaz-Canel dello stato d’emergenza attuale, forse per il fatto che si tratta di un politico sconosciuto prima della sua elezione nel 2019, avvenuta in seguito alle dimissioni di Raúl Castro. Ma è il “mecanismo” (come lo chiamano qui) che ha ceduto di schianto, per via di due fattori-chiave: la morte di Fidel, il cui carisma faceva da collante a una nazione sull’orlo del precipizio, sfiancata dal criminale embargo Usa, e la pandemia Covid, esacerbata dallo stesso bloqueo, da cui il turismo internazionale non si è mai ripreso, tranne quello a fin di business dei cubani di Miami che ha sdoganato la deregulation attuale dei Mipyme.
La mediocrità di Raúl, vissuto sempre all’ombra del fratello, ha scaricato la patata bollente sull’attuale presidente che funge da capro espiatorio, reo di non far parte del cerchio magico dei Castro, i cui eredi pensano più ai loro affari che a Cuba.
Vedremo se il suo intervento porterà a uno scossone negli ambienti governativi, colpendo altre mele marce, con punizioni più severe rispetto a una semplice rimozione dall’incarico. La probabile risalita di Donald Trump alla Casa Bianca rimane comunque un’ombra minacciosa che sovrasta questa crisi infinita.
Foto e video © F.Bacchetta