Le urne si sono chiuse alle 18 ora di Caracas, quando in Italia era mezzanotte. In quel momento il Venezuela è piombato nell’incertezza. Il presidente del Consiglio Elettorale Nazionale (Cne), Elvis Amoroso, ha annunciato che Nicolás Maduro ha vinto le elezioni presidenziali con il 51 per cento dei voti, secondo i risultati dei voti scrutinati, al momento l’80%. Maduro avrebbe ottenuto 5,1 milioni di voti contro i 4,1 milioni del candidato dell’opposizione Edmundo González Urrutia. Il tasso di partecipazione ha superato i precedenti di oltre dieci punti percentuali, attestandosi al 59%. Amoroso ha riferito in una conferenza stampa di aver chiesto al procuratore generale del Paese di avviare un’indagine “sulle azioni terroristiche perpetrate” contro il sistema, i centri e i funzionari elettorali.

L’opposizione protesta. La leader Maria Corina Machado ha affermato che “il nuovo presidente eletto” del Venezuela è l’ambasciatore Edmundo Gonzalez Urrutia, che avrebbe “vinto con il 70%” dei voti. Poco dopo la chiusura delle urne, l’ex deputata della Plataforma unitaria democrática, Delsa Solórzano, ha denunciato al Consiglio elettorale irregolarità nello scrutinio. “Lo denuncio con le prove in mano – ha affermato -. Stanno ritardando la trasmissione dei dati al centro di computazione e la pubblicazione dei verbali. C’è un numero significativo di seggi elettorali da cui vengono allontanati i nostri testimoni e altri in cui si rifiutano di trasmettere i risultati della scheda di conteggio”.
“Ma con i risultati che abbiamo – ha aggiunto – possiamo dire di sapere cosa sta accadendo nel Paese”.

I DUBBI DI USA, ARGENTINA E ITALIA – La comunità internazionale solleva dubbi sulla regolarità del voto. Nella notte il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, ha fatto uscire una dichiarazione in cui ha espresso “seri dubbi” che i risultati delle elezioni presidenziali rappresentino la volontà del popolo. Poche ore prima, la vicepresidente, Kamala Harris e altri sette Paesi dell’America Latina, avevano chiesto il “rispetto della volontà del popolo venezuelano”.

“Ho molte perplessità sul regolare svolgimento delle elezioni in Venezuela – ha scritto su X il ministro degli Esteri, Antonio Tajani -. Chiediamo risultati verificabili e accesso agli atti: il risultato che annuncia la vittoria di Maduro rispecchia veramente la volontà del popolo?”.

Dittatore Maduro, fuori!”. È il titolo scelto dal presidente dell’Argentina, Javier Milei, per il suo post su X. “I venezuelani hanno scelto di porre fine alla dittatura comunista di Nicolas Maduro. I dati annunciano una vittoria schiacciante dell’opposizione e il mondo attende che riconoscano la loro sconfitta dopo anni di socialismo, miseria, decadenza e morte. L’Argentina non riconoscerà un’altra frode e si aspetta che questa volta le Forze Armate difendano la democrazia e la volontà del popolo. La libertà avanza in America Latina”, scrive Milei.

L’Alto rappresentante Ue Josep Borrell ha chiesto che il Venezuela assicuri “piena trasparenza” sulle elezioni. “Il popolo del Venezuela ha votato per il futuro del suo Paese pacificamente e in grandi numeri. La sua volontà deve essere rispettata”, però “assicurare la piena trasparenza del processo elettorale, incluso il conteggio dettagliato dei voti e l’accesso ai registri elettorali ai seggi è di vitale importanza”.

Il Perù ha annunciato che richiamerà il suo ambasciatore a Caracas.

MADURO: “IL FASCISMO NON PASSERA'” – “Non ci sono riusciti con le sanzioni, con l’aggressione, con la minaccia. Non ce l’hanno fatta ora e non ce la faranno mai con la dignità del popolo del Venezuela. Il fascismo in Venezuela, la terra di Bolivar e Chavez, non passerà“, sono state le prime parole di Maduro, che ha festeggiato con migliaia di supporter concentrati davanti al Palazzo Miraflores. “Chavez vive. Chavez questo trionfo è tuo. Hasta la victoria siempre. Voi siete il popolo della pace, il popolo di Dio”, ha poi aggiunto mettendo in guardia su “un massiccio attacco hacker al centro del Consiglio elettorale”.

“Sappiamo chi lo ha fatto. Lo hanno fatto perché volevano impedire che il popolo del Venezuela avesse il suo risultato ufficiale oggi. Per poter recitare il copione che avevano preparato, per poter ‘urlare alla frode’. Gente brutta, brutti, la gente bella è qui con me”, ha aggiunto ricordando: “Questo film lo abbiamo già visto” con Capriles, “ci furono morti” per colpa loro. Non permetteremo che scatenino ancora la violenza. Oggi ha prevalso la voce della pace”.

MADURO VERSO IL RECORD: 17 ANNI AL GOVERNO – Nel caso in cui i risultati annunciati dal governo dovessero essere confermati, Maduro resterebbe a capo del Venezuela fino al 2030, totalizzando così 17 anni alla guida del governo. Un periodo più lungo del suo mentore Hugo Chavez, che nel 2012, prima di morire, lo scelse all’interno del suo cerchio magico per portare avanti il progetto socialista bolivariano, e di cui proprio nel giorno delle elezioni ricorrevano i 70 anni dalla nascita.

In 25 anni di vita politica, l’ex autista di autobus, che si paragona ad un ‘gallo pintò, (un gallo da combattimento), è stato deputato, presidente del Parlamento, ministro degli Esteri, e capo del Partito Socialista Unito del Venezuela (Psuv). Dall’8 dicembre 2012, è l’erede del comandante eterno, che lo designò in tv, quando era ormai malato terminale. Il caudillo allora assunse il ruolo di presidente ad interim fino a quando il Consiglio nazionale elettorale convocò le elezioni, nell’aprile 2013. – Non sono Chávez, ma sono suo figlio”, dichiarò Maduro durante la campagna elettorale.

In quell’occasione ottenne il 50,61% contro il candidato del Tavolo di unità democratica (Mud) Henrique Capriles, col 49,12%. E nel 2018, Maduro vinse ancora, contro il candidato dell’opposizione Henri Falcón. Un risultato che fu sconfessato da gran parte della comunità internazionale. Nella sua traiettoria al potere, l’ex autista di autobus ha vissuto soprattutto sull’eredità di Chavez, il Paese è stato perennemente sulle montagne russe, con ondate di proteste e repressioni che gli sono costate accuse di violazione dei diritti umani alle Nazioni Unite, un’indagine della Corte penale internazionale e decine di sanzioni internazionali.

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