L'attore racconta aspetti inediti del suo passato e della sua adolescenza
Con “Indagine di un amore” è al cinema, ha prestato il volto al giovane commissario Montalbano. Alessio Vassallo oggi è un attore di successo, ma il suo passato è stato complicato. “Ero un liceale chiuso in me stesso, introverso, bullizzato, che faceva fatica a esprimersi – ha raccontato a Il Messaggero -. Poi, a 17 anni, fui operato di appendicite e in ospedale conobbi un insegnante di teatro: mi invitò a fare una lezione nella sua scuola. Fu una folgorazione: mi si aprì un mondo in cui riuscivo a esprimermi. Su quel palco prendevo vita. All’inizio fui mosso dalla volontà di riscatto e, forse, anche da un pizzico di vigliaccheria: per paura di affrontare la mia vita, mi nascondevo in quelle dei miei personaggi”.
L’attore ha confessato di aver dovuto far fronte ad una malattia seria, la ludopatia: “Credo che la miccia sia stata tutta la rabbia che covavo: i trascorsi al liceo, le delusioni sul lavoro. Soffrivo ma non riuscivo a esprimere questo mio malessere. Così mi calmavo con il gioco. Mi sembrava di stare meglio ma poi le partite non bastavano mai. Ho deciso di smettere quando i miei genitori hanno avuto problemi economici. Loro faticavano ad arrivare a fine mese, mentre io buttavo via un sacco di soldi ogni sera. Mi sono vergognato e ho capito che dovevo chiedere aiuto”.
Ma poi “l’analisi è stata fondamentale per smettere di giocare. Ho smesso di giocare però la fascinazione resta. Se passo davanti a un Casinò, mi prudono le mani”.