La commissione Ue replica a Giorgia Meloni, ma solo in via informale. A livello ufficiale, infatti, in un primomento Palazzo Berlaymont non aveva neanche confermato di aver ricevuto la lettera da Palazzo Chigi. Una missiva inviata dalla premier italiana e indirizzata alla presidente della Commissione Ursula Von der Leyen, quattro giorni dopo la pubblicazione del Rule of Law, la relazione sullo Stato di diritto in Ue. “Le raccomandazioni finali nei confronti dell’Italia non si discostano particolarmente da quelle degli anni precedenti, tuttavia per la prima volta il contenuto di questo documento è stato distorto a uso politico da alcuni nel tentativo di attaccare il governo italiano. Qualcuno si è spinto perfino a sostenere che in Italia sarebbe a rischio lo Stato di diritto, la libertà di informazione“, ha scritto Meloni, contestando la relazione degli analisti Ue.
Il report ha criticato pesantemente l’esecutivo, soprattutto sul fronte delle riforme della giustizia penale e sulla libertà di stampa. Nel suo messaggio, però, Meloni risponde nel merito di un solo tema: la gestione della Rai. Sarà anche per questo motivo se da Bruxelles fanno notare che la relazione “si basa su una varietà di fonti” ed “è il risultato di molteplici scambi anche a livello politico con i Paesi membri” e di “una stretta collaborazione con le autorità nazionali”. Secondo il “consueto iter”, tutti i 27 Paesi, Italia compresa, sono chiamati a cooperare. Dalla commissione ricordano inoltre come “alle autorità nazionali” venga “data l’opportunità di dare aggiornamenti fattuali” sui vari fronti. E inoltre, evidenzia sempre Bruxelles, la “relazione annuale sullo stato di diritto segue una metodologia consolidata ed è il risultato di un processo inclusivo con gli Stati membri e le parti interessate“.
In effetti basta leggere le 48 pagine del dossier per rendersi conto di come gli analisti Ue riportino sempre la replica del governo a ogni critica avanzata dai cosiddetti “portatori d’interessi” (sindacati, enti, authority). Anche nel caso della Rai, alle critiche avanzate sulle nuove norme relative alla par condicio che “consentirebbero ai candidati con un ruolo di governo di avere a disposizione più tempo in onda e di godere di maggiore visibilità rispetto”, la relazione include anche la versione dell’esecutivo: “Ha dichiarato invece che le attività di monitoraggio dell’Agcom assicurano il rispetto delle norme della par condicio e che non risulta che abbiano avvantaggiato candidati con ruoli di governo rispetto ad altri”.