“I remix degli Anni 90 con i testi in italiano sono molto popolari, credo che al momento ci sia voglia di ritrovare le vibes del passato”. La spensieratezza, il desiderio di ballare ed emozionarsi, Alexia non li ha mai persi anzi, ha tradotto tutto questo in musica sin dai suoi primi successi. Anche nel 1997, quando le radio di tutto il mondo passavano il suo singolo “Uh la la la”, giunto primo in classifica in nove Paesi. Adesso, la leggerezza (che non vuol dire superficialità) di quel brano tornerà in una nuova versione in featuring con le sorelle Nervo, dj e produttrici australiane. Sulle piattaforme digitali e sul palco del Tomorrowland, dove l’artista ligure è stata la prima donna italiana a esibirsi.
Da dove nasce la collaborazione con le Nervo per la nuova versione di “Uh la la la”?
È stato tutto molto naturale. Le conoscevo già: sono due donne, dj, produttrici grintose e le loro performance sono spettacoli. Ho cominciato a collaborare con una persona che le conosceva e loro conoscevano me. Così, è nata l’idea di un featuring. Ultimamente il remake di brani degli anni ‘90 è diventato una consuetudine e “Uh la la la” è stata prima in classifica in nove Paesi. Era la canzone più giusta.
Hai nostalgia degli Anni 90?
No. Il mio lavoro, le esperienze e i miei ritmi erano legati a quei tempi. Penso che gli Anni 90 manchino di più alla gente. Era un periodo sereno e leggero, economicamente e politicamente. Forse c’era un po’ di incoscienza, ma si vivevano le emozioni con naturalezza, non si era sommersi dagli stimoli della tecnologia e la musica era un modo per trovare il coraggio di sfidare il mondo. L’italo-dance, per esempio, era sinonimo del nostro stare bene. Credo che, a chi è cresciuto con le canzoni di quegli anni, manchino queste sensazioni.
Avevi qualcuno a cui ti ispiravi, quando ha cominciato a fare musica?
Ho sempre studiato sulle cantanti che ritenevo inarrivabili: Aretha Franklin, Whitney Houston, Sarah Vaughan. Per me, era il modo per dimostrare che potevo fare questo mestiere. Mi piacevano le produzioni tedesche, in particolare gli “Snap!”: il loro ritmo è una pietra miliare della dance. In ogni caso, credo che una bella melodia possa essere riprodotta anche da una cassa, conta ciò che viene trasmesso.
Cosa ti hanno regalato di diverso il mercato musicale italiano ed estero?
Entrambe le esperienze mi hanno arricchito: lavorare a livello internazionale con progetti di grosso calibro ti dà un respiro più ampio; in Italia devi concentrarti su ciò che il Paese vive e sulle correnti generazionali. Ma, quando negli Anni 90 si diventava popolari con la musica dance, c’era il rischio di sparire perché non era ben considerata, né nel nostro Paese, né all’estero. Mi faceva male. Sanremo, poi, mi ha permesso di far capire la mole di lavoro e il numero di professionisti dietro alcuni miei progetti.
Sei stata la prima artista italiana a esibirti live al Tomorrowland. Come è andata?
Sono felice, ero concentrata e anche un po’ agitata. Ho calcato grossi palcoscenici, ma il Tomorrowland è stato speciale e ho preparato l’esibizione da mesi.
Pensi che la disparità di genere nella musica sia ancora presente?
Trovo che quando si parli tanto della disparità di genere, se ne crei ancora di più. Ne abbiamo discusso, ora bisogna reagire. Le donne vincono quando pubblicano lavori fatti bene. Molte artiste sono popolari in questo momento perché hanno realizzato brani e album che al pubblico sono piaciuti.
Oggi in cima alla classifica dei singoli più venduti in Italia c’è “Sesso e Samba” di Tony Effe e Gaia. Che ne pensi?
È una produzione estiva nei canoni contemporanei con una buona accoppiata. Lei ha un sound internazionale, lui un’aria da furbetto che piace alle ragazzine. Probabilmente tra dieci anni non la risentiremo. La maggior parte dei brani che escono adesso sono creati per accontentare il pubblico. Lo capisco perché bisogna monetizzare, ma poi si corre il rischio di usurare la qualità delle canzoni.
In Italia, c’è qualche artista con cui ti piacerebbe collaborare?
Farei volentieri una canzone con Salmo. Mi piace perché ha una grinta in cui, quando sono sul palco, mi riconosco, lavora fino in fondo sui suoi brani e i risultati si sentono. Non è solo rapper, ma canta anche e ha un background di tutto rispetto. È un’artista vero.
Ha vinto il Festival di Sanremo nel 2003 con “Per dire di no”. Crede di mandare qualche canzone a Carlo Conti per il 2025?
Per ora ho priorità su altro. Sto lavorando con giovani produttori internazionali dal sound particolare e sto scrivendo da un anno e mezzo. Se mi capitasse tra le mani un brano interessante in italiano, potrebbe venirmi voglia di provarci. Sarebbe bello tornare al Festival.
A proposito di nuovi progetti, cosa puoi anticiparci?
Alcuni sono in inglese, il mio primo amore. Le canzoni hanno avuto bisogno di un boost di produzione per competere con altri brani esteri e mi sono rivolta a professionisti internazionali. Spero saremo pronti per uscire dopo l’estate.
Chi è oggi Alexia?
È una persona che ha imparato a scindere Alexia da Alessia. Quando stai sul palco le persone ti adorano ed è bellissimo. Può fare bene, ma puoi anche tornare a casa e sentirti svuotata. Per questo è molto importante riuscire a trovare spazi per sé stessi, lontano da ciò che questo lavoro regala e toglie, e dedicarsi alle proprie passioni. Oggi sono serena e trovo la felicità in ciò che mi fa stare bene.
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