Una “piaga e un dramma globale” di cui si parla ancora troppo poco. In occasione della Giornata Internazionale contro la tratta di esseri umani del 30 luglio, arriva l’allarme dell’Osce e delle organizzazioni impegnate in prima linea. “Siamo di fronte”, ha detto il presidente Ian Borg, “a una piaga che persiste ed è aggravata da crisi e conflitti, come dimostra la guerra della Russia contro l’Ucraina che ha aumentato il rischio. Negli ultimi decenni, il numero di bambini vittime della tratta è cresciuto: ora rappresentano quasi un terzo di tutte le vittime identificate. Le forme emergenti di tratta, come la criminalità forzata e l’accattonaggio forzato, hanno contribuito a questo aumento e rappresentano una minaccia per i sistemi esistenti di identificazione e protezione”. Anche l’ong WeWorld denuncia i rischi e le terribili conseguenze di un fenomeno che ha numeri in crescita, in Italia e nel mondo, e vede come principali vittime proprio i più deboli. Per la Croce Rossa si tratta di un “dramma globale” e “dobbiamo lavorare perché il diritto all’infanzia non sia messo in pericolo”.

Colpite centinaia di migliaia di persone ogni anno – Secondo We World, che tra le altre cose gestisce un centro di accoglienza a Ventimiglia, “questa moderna forma di schiavitù, a scopo di sfruttamento sessuale o lavorativo, colpisce centinaia di migliaia di persone ogni anno. Nella maggior parte dei casi, si tratta di persone che vivono in condizioni di fragilità o che sfuggono da violenze, guerre e condizione socio-economiche disperate, sono questi i soggetti più facili da adescare e mantenere sotto controllo dei trafficanti con la falsa promessa di un futuro migliore”. E “a rischiare maggiormente di diventare vittime di tratta – soprattutto per servitù domestica – sono donne e ragazze migranti che viaggiano da sole, anche se la percentuale di uomini e persone trans è aumentata negli ultimi anni”.

La ong inoltre, racconta che proprio la scarsità di canali legali per entrare in Italia, unita alla paura di essere detenute nei Centri di Permanenza e Rimpatrio e, successivamente, espulse dal Paese, “spesso spinge le persone vittime di tratta – il più delle volte senza un regolare permesso di soggiorno – a non denunciare gli abusi subiti“. Per questo WeWorld esorta le autorità politiche italiane ed europee a un’attenzione e un impegno maggiore verso questo fenomeno che rende schiavi e schiave migliaia di donne, bambini e bambine, anche nel nostro Paese. “L’Italia rimane uno dei principali luoghi di destinazione finale delle vittime della tratta di esseri umani, nonché una tappa di transito per altre mete europee. Proprio per l’estrema mutabilità della situazione, è necessario monitorare il fenomeno, fare rete ed essere presenti alle frontiere”, commenta Dina Taddia, Consigliera Delegata di WeWorld. “Per sradicare la tratta di esseri umani, bisogna contrapporre alle false promesse dei trafficanti l’impegno concreto per proteggere i diritti delle potenziali vittime, e toglierle così dalla spirale del trafficking”.

Dal 2016 l’ONG è attiva a Ventimiglia, sul confine italo-francese, uno dei punti di snodo più importanti d’Europa all’interno della Rotta Balcanica. Per diverso tempo, la sospensione unilaterale da parte del governo francese del Trattato di Schengen nel 2015 ha causato il respingimento alla frontiera di migliaia di persone (straniere e non registrate) costrette a stazionare a Ventimiglia, rischiando così di cadere vittime di reti criminali che organizzano attraversamenti irregolari delle frontiere o anche tratta di esseri umani a fini di sfruttamento. Tra queste persone c’è Dana, 23enne etiope incinta al sesto mese: “Sono arrivata a Ventimiglia dalla Libia, dopo essere partita due anni fa dal Tigrai, una regione contesa tra Etiopia ed Eritrea dove la sicurezza è ancora estremamente precaria. Sono orfana da quando ero bambina, e per questo sono stata fin da giovanissima costretta dai miei zii a sposare un uomo più grande e a subire mutilazioni genitali”. Solo presso lo spazio di WeWorld a Ventimiglia, sono quasi 4000 le persone accolte da novembre 2020 a luglio 2024, di cui 1745 donne, 674 uomini e 1558 minori accompagnati. Se si prendono in considerazione gli arrivi da gennaio a metà luglio 2024, si contano 396 donne (di cui 14 incinte), soprattutto da Eritrea, Etiopia, Costa d’Avorio, Nigeria e Tunisia. In aumento gli arrivi di giovani uomini e donne minorenni dalla rotta libica.

La denuncia della Croce Rossa – All’appello di WeWorld, si è aggiunta anche la Croce Rossa: “La tratta di esseri umani è un dramma globale che coinvolge in larga misura i minori”, ha detto il presidente Rosario Valastro. “Dobbiamo lavorare affinché il diritto all’infanzia di bambine e bambini non sia più messo in pericolo da chi trasforma i loro sorrisi in lacrime, le loro gioie in sofferenza; dobbiamo sensibilizzare l’opinione pubblica e agire insieme alla comunità internazionale affinché un atto criminale come la tratta, che mercifica la vita umana, non possa più togliere loro la libertà e la dignità”.

Secondo recenti ricerche dell’UNODC – l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine – una vittima su tre della tratta di esseri umani nel mondo è un bambino. Per questa ragione, la campagna di sensibilizzazione delle Nazioni Unite del 2024 ha come obiettivo “Leave No Child Behind in the Fight Against Human Trafficking”, “Non lasciare indietro nessun bambino nella lotta contro la tratta di esseri umani”.

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