“Gli articoli che Tiziano Terzani scrisse dopo l’11 settembre del 2001 sul Corriere della Sera sono stati lungimiranti: lui invitava a non entrare in una logica di vendetta, una spirale di guerra che non sarebbe finita e infatti non è finita: quello che sta accadendo oggi, infatti, lui l’aveva previsto e scongiurato. Sosteneva che quell’evento potesse essere una buona occasione per ripensare l’Occidente e il rapporto che quest’ultimo aveva instaurato con la natura”. Gloria Germani è una della più note studiose del pensiero di Tiziano Terzani in Italia. A vent’anni esatti dalla morte, ha pubblicato Tiziano Terzani contro la guerra. La verità del ‘Tutto è uno’ tra Oriente e Occidente (Terra Nuova). Da qui emerge un Terzani teorico della pace, della decrescita ma anche dell’ecologia profonda.
Qual è il punto di svolta del pensiero di Terzani, anche sulla natura?
Credo che sia rintracciabile chiaramente nella fine del comunismo, nel 1991, quando Gorbaciov venne deposto. Terzani allora stava compiendo un lungo viaggio nelle regioni più orientali dell’Unione Sovietica, descritto nel libro Buonanotte Signor Lenin. Quando, dopo due mesi, raggiunse Mosca, ebbe delle intuizioni che segneranno tutto il suo pensiero successivo. Capì che tanto il capitalismo – di cui aveva fatto esperienza vivendo in Giappone dal 1985 al 1990 – quanto il comunismo di Lenin, di Mao, di Ho Chi Minh, di Pol Pot credono solo nella materia, che la realtà sia solo materiale. Eppure, la fisica quantistica ci dice, almeno dal 1930, che mente e materia non sono separabili, tutto è interconnesso e impermanente, la natura non è là “fuori” di noi.
Una riflessione anche sulla scienza moderna.
Sì, che Terzani porta avanti anche in quel capolavoro che è Un indovino mi disse. L’anno senza aerei, senza quel mezzo che “scorcia tutto, anche la comprensione delle cose” (come scrive) lo mette in contatto con una diversa maniera di concepire la realtà. Terzani fa spesso un parallelo interessante: quello tra gli scienziati moderni che studiano in laboratorio la materia attraverso la sperimentazione e la razionalità basata sui sensi, e invece i sapienti orientali che se ne stanno nella natura e indagano la propria mente. Attraverso la meditazione, arrivano a scoprire la non–materialità, e quindi che gli opposti (giorno e notte, luce e tenebra, vita e morte) sono tutt’uno e non si possono separare. È il senso del simbolo dello Ying e dello Yang, a cui Terzani teneva moltissimo, perché gli opposti coesistono, e la vita è la meravigliosa unione degli opposti. Tutto è Uno significa dunque uscire dall’apparato logico-linguistico (tipico del tradizione occidentale a partire da Aristotele) e accedere a un altro piano.
Che legame c’è con la non violenza?
Nella sua maturità Terzani infatti si richiama sempre di più a Gandhi e alla sua concezione dell’uomo e della società. All’indomani dell’11 settembre si fa paladino di questa visione rivoluzionaria e positiva. Lui che aveva abbandonato il giornalismo dal 1996, si rimette in gioco, va in Afghanistan, in Pakistan e invita l’Occidente a non considerarsi superiore, a fermarsi. Oriana Fallaci risponderà proprio a lui con La Rabbia e l’Orgoglio e purtroppo dobbiamo ammettere che il mondo occidentale, tanto le destre che le sinistre, hanno seguito Fallaci.
Perché il messaggio di Terzani contro la guerra è fortemente ecologico?
Una delle sue tesi più innovative è che per vendere prodotti, bisogna prima vendere dei desideri. Ma questo è un meccanismo automatico di infelicità. Infatti l’infelicità e la depressione sono in grande aumento proprio in Occidente. Seguendo ancora Gandhi, Terzani invitava i giovani a digiunare dai desideri che la società dei consumi ci vuole imporre. Se facciamo così, salta l’economia moderna? Bene, diceva Terzani, ci inventeremo, un mondo nuovo. È un discorso radicale, ma visto che gli ultimi vent’anni non hanno fatto altro che peggiorare le cose dal punto di vista climatico, della violenza, della guerra, del malessere psichico, la sua proposta non è poi così peregrina.
La sua è una forte critica alla globalizzazione.
Terzani sapeva che la globalizzazione non è solo un processo economico, ma cambia il nostro modo di pensare. Esporta la cultura materialista della scienza cartesiano-newtoniana nell’economia, nella scuola, nelle università. Non c’è dubbio che l’Occidente abbia imposto i propri criteri e le proprie scale di valori all’immaginario dell’Asia come a quello del resto del globo. Oggi l’umanità è diventata la mera somma di individui affrancati da ogni morale tradizionale e gettati in una corsa sfrenata per raggiungere solo la propria autoaffermazione economica.
Gli ultimi mesi come li ha vissuti?
Già dal 1999 Terzani aveva scelto invece di vivere sull’ Himalaya in cerca dell’unione degli opposti, dell’armonia dei contrari. Per tutto questo, tra l’altro, Terzani è considerato un precursore della decrescita, un ecologista profondo. Gli ultimi mesi li ha vissuti in solitudine quasi totale. Lui citava i quattro stati della vita della filosofia indiana: studente, capofamiglia, ricerca spirituale e distacco totale. Lui arrivò al terzo, perché non voleva/sapeva distaccarsi dall’affetto più caro, quello per la sua consorte. Morì da illuminato. E continua, dopo venti anni, a essere un grande esempio.