Israele ha dato inizio alla sua vendetta e torna così a bombardare il Libano. Un raid delle Forze di Difesa (Idf) ha colpito il sobborgo di Haret Hreik, nel quartiere sciita di Dahieh, roccaforte di Hezbollah nella parte meridionale della capitale Beirut. Obiettivo dell’attacco, hanno poi riferito i vertici militari di Tel Aviv, era il consiglio della Shura della formazione sciita, ma nell’area si trova anche un ufficio di coordinamento delle Guardie rivoluzionarie iraniane. E l’esito dell’attacco sembra essere positivo per Israele. Mentre il Partito di Dio conferma la morte di un suo alto ufficiale, affermando che i morti sono almeno due, i media israeliani forniscono il suo nome. Ed è un nome tutt’altro che di secondo piano: si tratta di Fouad Shukr, considerato il numero due della formazione guidata da Hassan Nasrallah. Fonti del Partito di Dio però smentiscono che Shukr sia rimasto vittima del raid. E l’organizzazione risponde immediatamente all’attacco: dozzine di razzi Katyusha sono stati lanciati verso il Nord di Israele.
Le informazioni sono ancora confuse, ma al-Jazeera parla di tre vittime e non due. Israele giustifica il raid come una risposta a quello sul villaggio druso di Majdal Shams, nel Golan, nel quale si sono registrate 12 vittime, tutte tra i 10 e i 16 anni, dato che Tel Aviv ne attribuisce la responsabilità diretta alla formazione sciita. “Hezbollah ha oltrepassato la linea rossa“, ha dichiarato il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant pochi minuti dopo l’attacco dell’Idf a Beirut. Il governo segue l’evolversi della situazione, con l’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu che ha pubblicato una sua foto al telefono presso il quartier generale militare di Kirya a Tel Aviv, impegnato in una “valutazione della sicurezza”. È affiancato dal suo capo di stato maggiore Tzachi Braverman, dal suo segretario militare, il maggiore generale Roman Gofman e dal consigliere per la sicurezza nazionale Tzachi Hanegbi. Da Beirut, invece, il premier libanese Najīb Mīqātī ha definito l’attacco una “flagrante aggressione”.
Anche l’Iran, presente con i suoi pasdaran in territorio libanese, attacca Israele condannando il “feroce” raid israeliano a Beirut: “L’azione feroce dei criminali sionisti nella periferia di Beirut non può certamente fermare l’orgogliosa resistenza del Libano nell’onorevole percorso di sostegno ai palestinesi oppressi e di resistenza all’aggressione del regime di apartheid israeliano”, ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri Nasser Kanani. Lo stesso fa Hamas che parla di “pericolosa escalation“, così come gli Houthi yemeniti, che invece hanno definito l’attacco una “palese violazione” della sovranità del Libano.
Secondo Cnn, che così smentisce quanto emerso nei primi minuti dall’attacco, Israele ha informato gli Stati Uniti prima del raid. La fonte ha anche detto che l’informazione è stata trasmessa da Israele tramite i canali di sicurezza, ma non ha indicato quando è stata data. Il Dipartimento di Stato americano commenta l’accaduto con il vice portavoce del dipartimento Vedant Patel che afferma di continuare “a credere che la diplomazia sia ancora la strada migliore. Il nostro sostegno a Israele è incrollabile, ma non vogliamo un’escalation“. “La guerra totale tra Israele e Libano si può ancora evitare”, ha detto invece la portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre, senza commentare il raid. Dalla Russia arriva invece la condanna nei confronti dell’azione israeliana, con il Ministero degli Esteri russo che l’ha definita “una palese violazione del diritto internazionale“.