“It’s the economy, stupid”, è il mantra che segnò la tornata elettorale americana del 1992, che vide lo sfidante Bill Clinton prevalere sul presidente uscente George Bush. Questo adagio oggi mostra qualche crepa. Al termine di un quadriennio non semplice, che ha visto l’amministrazione di Joe Biden intervenire con iniziative legislative di inedita portata, i numeri dell’economia a stelle e strisce sono in ordine e le aziende investono nel Paese. Tuttavia la maggioranza degli elettori, che fatica a comprendere i benefici degli imponenti pacchetti economici, crede che il Paese sia in recessione e ritiene l’amministrazione responsabile del peggioramento delle proprie condizioni. Il motivo? L’inflazione.

A pochi mesi dalle elezioni e visto nella prospettiva degli ultimi quattro anni, il quadro economico americano è positivo. L’inflazione è oggi al 3%, secondo i dati dello scorso giugno, dopo aver superato il 9% a giugno 2022. La disoccupazione è al 4,1%, con 206mila nuovi posti di lavoro: l’occupazione è in crescita da 39 mesi consecutivi. I salari reali sono aumentati, soprattutto per i giovani nelle fasce di reddito medio-basse. La crescita del Pil nel primo trimestre 2024 è stata dell’1,4% e per il secondo trimestre del 2,8% (oltre le stime). Una leggera frenata rispetto al 4,9% del terzo trimestre 2023, ma i tassi dal luglio scorso sono ai massimi degli ultimi 23 anni e sono molti gli analisti che si attendono per settembre un intervento della Fed per continuare a dare slancio all’economia.

Eppure, secondo un’indagine condotta a maggio dall’istituto americano The Harris Poll per il quotidiano inglese Guardian, quasi tre americani su cinque credono che l’economia degli Stati Uniti sia in difficoltà, e che responsabile di questa situazione sia l’amministrazione Biden. Il 55% ritiene che l’economia sia in contrazione e il 56% pensa erroneamente che gli Stati Uniti stiano attraversando una recessione (che si verifica invece con un Pil negativo per due trimestri consecutivi). Il 49% ritiene che l’indice del mercato azionario S&P 500 sia in calo, sebbene sia aumentato di circa il 24% nel 2023 e del 12% quest’anno al momento dell’indagine. Il 49% ritiene che la disoccupazione sia ai massimi da 50 anni e il 72% che l’inflazione sia in crescita. In definitiva il 58% degli intervistati afferma che l’economia sta peggiorando a causa della malagestione dell’attuale amministrazione.

L’associazione diffusa nell’immaginario elettorale americano è Biden uguale inflazione. Pesa su questa percezione proprio quel 9,1% del 2022, ai massimi degli ultimi 40 anni, un anno e mezzo dopo l’insediamento di Biden alla Casa Bianca e 13 mesi dopo l’approvazione dell’American Rescue Plan, l’imponente piano di stimolo all’economia post-pandemia da 1.900 miliardi di euro. Come suggerisce Roll Call, giornale attento alle vicende del Campidoglio, “prima dell’approvazione dell’American Rescue Plan (compreso il mese in cui è stato convertito in legge), l’inflazione era stata inferiore al 3% per 111 mesi consecutivi. Nei 35 mesi trascorsi dalla firma di quel disegno di legge, l’11 marzo 2021, l’inflazione non è mai stata inferiore al 3%”. Dall’ottobre 2021 al febbraio 2023 la crescita dei prezzi è stata almeno del 6% per 17 mesi consecutivi.

Oltre all’American Rescue Plan, l’amministrazione Biden ha promosso in questi anni altre rilevanti manovre economiche: l’Infrastructure Investment and Jobs Act, piano bipartisan di intervento sulle infrastrutture fisiche e digitali, il Chips and Science Act, a finanziamento della ricerca e della produzione di semiconduttori negli Stati Uniti, e l’Inflation Reduction Act, il più grande pacchetto nella storia degli Usa in materia energetica e climatica. Queste iniziative hanno richiamato l’attenzione delle aziende che hanno deciso di rivolgersi agli Stati Uniti per i propri investimenti verdi. All’inizio di quest’anno, ad esempio, Toyota ha annunciato un piano da 1,3 miliardi di dollari per il proprio stabilimento in Kentucky, diretto allo sviluppo di veicoli elettrici. Ma interesse è emerso anche da parte di tante altre case automobilistiche: Bmw, Ford, Honda, Hyundai, General Motors, Stellantis, Volkswagen e Volvo tra le altre, per la produzione di batterie ma non solo.

Sono due però le criticità che hanno accompagnato la strategia dell’amministrazione Biden di puntare su iniziative legislative di ampia portata con imponenti pacchetti di stimolo economico. La prima è la risposta della popolazione, che fatica a comprendere il proprio vantaggio nell’approvazione di queste leggi. Un sondaggio di aprile promosso da Associated Press in collaborazione con Norc mostra che solo il 19% della popolazione (e il 34% degli elettori democratici) considera l’Inflation Reduction Act positivo per l’economia americana, mentre due persone su tre non conoscono il pacchetto oppure lo ritengono indifferente. La seconda criticità riguarda l’effettivo utilizzo dei fondi previsti. Al netto dei crediti di imposta, i quattro principali piani prevedevano, secondo le stime magazine Politico, una spesa pubblica di 1.100 miliardi di dollari su energia, clima e infrastrutture ma meno del 17% di questa somma sarebbe stata effettivamente utilizzata fino allo scorso aprile.

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