Politica

Meloni da Pechino attacca i giornali (tra cui Il Fatto): “Sono portatori di interesse, nel report dell’Ue gli accenti critici sono i loro”

Travaglio: "L’unico interesse che portiamo è quello dei nostri lettori ad essere informati"

Secondo Giorgia Meloni non ci saranno “ripercussioni negative per l’Italia” dopo la relazione Ue sullo Stato di diritto – che stronca l’Italia . Ma da Pechino – dove ha tenuto un punto stampa dopo l’incontro con Xi Jinping – la presidente del Consiglio attacca il Fatto Quotidiano e gli altri giornali critici sull’azione del governo che definisce “portatori di interesse“: “Nel report dell’Ue gli accenti critici sono i loro“, dice la capa dell’esecutivo. Nel rapporto sullo Stato di diritto, sostiene infatti Meloni, “la Commissione Europea riporta accenti critici di alcuni portatori di interesse, diciamo stakeholder: il Domani, il Fatto Quotidiano, Repubblica..”. In realtà, però, nella dossier della commissione Ue non compaiono le critiche dei giornalisti. Semplicemente la presidente del consiglio scambia il Rule of law, la Relazione sullo Stato di diritto diffusa ogni anno dalla Commissione Europea, con il report sulla libertà d’informazione del consorzio Media Freedom Rapid Response. Insomma: la premier fa confusione, pur di derubricare le critiche Ue sulla libertà di stampa, spacciandole come attacchi provenienti da giornali nemici.

“Relazione Ue strumentalizzata” – Una linea simile a quella seguita nella lettera inviata a Ursula von der Leyen per contestare le critiche lanciate da Bruxelles in relazione alla governance della Rai. Secondo Meloni, però, quella lettera non ha deteriorato i rapporti con la Commissione Ue: “Non è il mio diretto interlocutore – sostiene- ma chi strumentalizza quel rapporto che tra l’altro non dice niente di particolarmente nuovo rispetto agli anni precedenti, anche questo varrebbe la pena di ricordare”. Meloni spiega che con “la Commissione europea abbiamo discusso” del report sullo stato di diritto “e del resto la lettera che io ho inviato non è una risposta alla Commissione europea o a un momento di frizione con la Commissione europea, è una riflessione comune sulla strumentalizzazione che è stata fatta di un documento tecnico nel quale mi corre l’obbligo di ricordare che gli accenti critici non sono della Commissione Europea”. Insomma: da qualsiasi punto si osservi la questione la colpa è sempre dei giornalisti.

“Querele temerarie? Se sei giornalista non puoi diffamare” – Meloni ha commentato anche i rilievi contenuti nel report sulla libertà d’informazione del consorzio Media Freedom Rapid Response, che sottolinea come in Italia siano cresciute le querele temerarie, cioè le cause promosse con fini intimidatori, contro i giornalisti. Secondo Meloni, però, la responsabilità non sono delle istituzioni, che non sono ancora intervenute su questo fronte a livello legislativo. “Dicono che ci sono delle intimidazioni alla stampa perché ci sono degli esponenti politici che querelano per diffamazione alcuni giornalisti ma non mi pare che in Italia vi sia una regola che dice che se tu hai una tessera da giornalista, che ho anche io in tasca, puoi liberamente diffamare qualcuno e dire che gli esponenti politici se avviano una causa per diffamazione stanno facendo azioni di intimidazione, vuol dire non avere neanche rispetto dell’indipendenza dei giudici”, continua Meloni. “Vengono ad esempio prese in considerazione – aggiunge – anche alcune querele che ho fatto io, le ho fatte quando ero all’opposizione, non quando ero al governo. Capisco il tentativo di strumentalizzare, cioè conosco il tentativo di cercare il soccorso esterno da parte di una sinistra in Italia che evidentemente è molto dispiaciuta di non poter utilizzare per esempio il servizio pubblico come fosse una sezione di partito, però su questo non posso aiutare proprio perché credo nella libertà di informazione e di stampa“, sostiene sempre Meloni.

“Riforma della Rai è di Renzi” – Poi la premier è tornata a parlare della governance Rai, oggetto principale della sua lettera a con Ursula von der Leyen: “E’ definita da una legge del 2015 che ha fatto il governo Renzi“, ha ricordato, mentreper le prossime nomine della tv pubblica “bisognerà procedere anche perché si è dimessa anche la presidente, quindi è sicuramente una cosa da quale dobbiamo occuparci nelle prossime settimane. Sulla governance io sono assolutamente laica: non è una riforma che ho fatto io, non l’ho neanche particolarmente difesa, quindi se quelli che l’hanno scritta oggi dicono che è pessima, possiamo parlarne”. Le “ipotesi di privatizzazione“, invece, “ho letto queste indiscrezioni, non so da dove siano uscite, non ho su questo niente da dire, posso solamente confermare rispetto a quello che ho letto, che mi è stato attribuito, che confermo di non avere bisogno di una Telemeloni, non ne ho bisogno, non mi interessa, non la voglio, se non i miei canali social che però segue semplicemente chi li vuole seguire”.

Travaglio: “Rispondiamo solo a interesse dei lettori” – A provocare maggiori polemiche, però, sono ovviamente le dichiarazioni di Meloni relative ai giornali (tra cui Il Fatto Quotidiano) che avrebbero quasi ispirato i report Ue. “Sono felice che le istituzioni europee si preoccupino della libertà di informazione in Italia. Penso che la libertà di stampa fosse più minacciata ai tempi di Renzi e di Draghi, oltreché di Berlusconi. Infatti allora non ne parlava nessuno”, dice il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio. “Quanto a Giorgia Meloni – aggiunge – non posso credere che sia incorsa in una gaffe così gigantesca, perché i giornali che ha elencato non sono citati nel rapporto della Commissione europea, ma nel Media Freedom Rapid Response, che è uno dei tanti consorzi europei. Siccome però dice che Il Fatto Quotidiano è portatore di interessi, lo confermo: l’unico interesse che portiamo è quello dei nostri lettori ad essere informati”.

Fnsi: “Liste di proscrizione rischio per la democrazia” – Sulla questione è intervenuta anche la Federazione nazionale della stampa. “Il concetto dei ‘giornalisti anti Meloni‘ ricorda fin troppo da vicino le liste di proscrizione, una pratica inaccettabile che, purtroppo, ci riporta ancora al punto di partenza: la deriva illiberale che qualcuno vorrebbe far imboccare all’Italia. Come se per fare il proprio mestiere un giornalista dovesse indossare una casacca o farsi mettere un guinzaglio. L’unico obiettivo del giornalista invece deve essere quello di informare liberamente, difendere la libertà di stampa e la dignità del giornalismo”, dicono la segretaria generale Alessandra Costante e il presidente Vittorio di Trapani. “Il report Ue sullo stato dell’Unione e il rapporto del consorzio Mfrr non fanno altro che fotografare episodi avvenuti negli ultimi mesi in Italia e che sono stati sotto gli occhi di tutti, compresa l’Unione europea. Non è addossando la responsabilità di quel rapporto al lavoro di alcuni colleghi più sensibili di altri al tema della libertà di stampa, che la politica può sottrarsi dal confronto su ciò che sta accadendo nel Paese, in Rai o anche nelle procedure per vendita dell’agenzia Agi”, proseguono Costante e Di Trapani. La Fnsi denuncia il rischio concreto che liste di proscrizione, “di cui mai si è avuta notizia nelle democrazie più forti come Francia, Spagna e Germania o i Paesi del nord Europa”, possano trasformarsi in un rischio per l’incolumità personale dei colleghi additati come “giornalisti anti-Meloni”.

Le reazioni politiche –Contro Meloni intervengono anche esponenti dell’opposizione. “Chiamata a rispondere sui richiami che arrivano dall’Europa in materia di libertà di informazione in Italia, cosa fa Giorgia Meloni da Pechino? Attacca i giornalisti del Fatto Quotidiano, di Repubblica e del Domani che strumentalizzerebbero il rapporto. Quindi se c’è un problema di libertà di stampa in Italia è per via è dei giornali che muovono critiche al governo?”, scrive su X la presidente della Commissione di Vigilanza Barbara Floridia. “Come sempre poi la colpa di tutto è di qualcun altro: i governi precedenti, i giornalisti cattivi, eccetera eccetera. Quanto ancora dovremo aspettare – si chiede Floridia – per avere una risposta nel merito di quanto ci contesta l’Europa su indipendenza dei media, querele temerarie, governance Rai?”, aggiunge l’esponente del M5s. “Le esternazioni della presidente del consiglio dalla Cina mi appaiono completamente fuori luogo: non c’è nessun complotto in corso, nei Paesi democratici come i Paesi Ue esistono delle verifiche su quanto viene compiuto e su quanto viene denunciato”, dice Nicola Fratoianni dell’Alleanza Verdi Sinistra. “Che poi i giornali di proprietà dei partiti di destra stiano montando la bufala del complotto dei giornalisti “rossi” che intendono vendicarsi con Palazzo Chigi, al limite, è proprio la conferma dei tristi tempi che corre la nostra democrazia”, aggiunge l’esponente di Sinistra Italiana. “Quello che è successo ha un nome e cognome e si chiama lista di proscrizione. Una presidente del Consiglio, la donna più importante che abbiamo nel nostro paese, non può farlo. Non può dividere i giornalisti tra quelli anti Meloni e gli altri. Il giornalista deve essere indipendente e informare correttamente. A definire un giornalista anti Meloni lo si espone anche fisicamente. Si tratta di un attacco gigantesco contro la libertà di informazione e si scontra con l’art. 21 della nostra Costituzione. Quando la premier cita nomi e testate mette tutto il suo carico di potere contro e in una democrazia la politica non può mettere in discussione l’informazione”, scrive in una nota Sandro Ruotolo, europarlamentare e responsabile Informazione nella segreteria nazionale del Pd.