La riapertura dell’ambasciata italiana a Damasco per i più non sarà una notizia di rilevanza, mentre per altri è la conferma che l’Italia, attraverso il ministro degli esteri Antonio Tajani, si sta facendo promotrice di una strategia di normalizzazione dei rapporti con il regime siriano guidato dal ricercato internazionale Bashar al Assad.
Nel 2012, una nota diffusa dalla Farnesina annunciava la chiusura della nostra rappresentanza a Damasco in una ottica di continuità di sostegno “al popolo siriano e a lavorare per una soluzione pacifica della crisi, che ne garantisca i diritti fondamentali e le legittime aspirazioni democratiche”. Da queste dichiarazioni sono passati 12 anni; oltre 500 mila morti; un attacco chimico; oltre 5 milioni di sfollati e infinite piccole e anonime tragedie. La Siria del 2010 non esiste più, nel bene e nel male; nella sua bellezza e nei suoi silenzi. E la scelta di nominare un nuovo ambasciatore, Stefano Ravagnan, a Damasco sembra andare nella direzione di nascondere sotto il tappeto tutto quello che è successo nell’arco di questi anni.
L’Italia, ovviamente, non è nuova a questi comportamenti. Nel 2010, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano appuntò al petto del dittatore siriano una medaglia di Cavaliere di Gran Croce, anni dopo revocata grazie a una mobilitazione dal basso. La first lady del ricercato Assad, Asmae, venne dipinta dai giornali italiani come una icona glamour. E le prigioni, le violenze e i desaparecidos siriani? Non viene mai fatta menzione. Come non si parla più di padre Paolo Dall’Oglio, gesuita italiano, icona della richiesta di libertà dei giovani siriani, sequestrato e scomparso in Siria, a Raqqa, nel 2013, mentre portava avanti una opera di mediazione per la liberazione di ostaggi nelle mani dell’Isis.
Tajani, d’ispirazione cattolica, fino ad ora non ha lavorato per appurare neanche la sorte di un nostro connazionale: forse perché non era il solito giornalista celebre? Invece a Damasco, nella vecchia ambasciata, si preparano le sale dove il vecchio ambasciatore Achille Amerio organizzava bellissime feste, con le canzoni di Toto Cutugno al massimo del volume. Tanto ad Assad piace la musica italiana. Chiudete quell’ambasciata!