Sinceramente non ho mai capito perché in questo paese, da almeno 40 anni a questa parte, manchi un progetto di riforma carceraria, così come manca un progetto sulla giustizia, visto che ogni ministro che è arrivato ha fatto riformine a macchia di leopardo sempre nell’interesse di una determinata parte o di un determinato gruppo ideologico. Non si possono affrontare settorialmente i problemi facendo un’amnistia o un indulto, perché il problema non è dato dalla costruzione di nuove carceri o dalle misure alternative alla detenzione”. Sono le parole pronunciate ai microfoni della trasmissione L’Italia s’è desta, su Radio Cusano Campus, da Alfonso Sabella, giudice del tribunale di Roma, a proposito dell’emergenza carceraria, sulla quale espone la sua passata esperienza personale di capo ispettivo al Dap (Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria – Polizia Penitenziaria) del Ministero della giustizia: “Abbiamo visto che se i detenuti vengono trattati bene, come nel carcere di Bollate, si ha una diminuzione media della recidiva dall’80% al 20%: questo significa che nelle carceri dove sono stati fatti determinati tipi di investimenti e dove i detenuti vengono trattati in un certo modo, solo il 20% di quei detenuti ritornano a delinquere, una volta usciti dal carcere – continua – Nelle altre carceri abbiamo l’80%. Lo Stato, quindi, ha tutto l’interesse ad avere tassi di recidiva più bassi perché abbassando i tassi di recidiva si abbassano notevolmente i costi per il contrasto del crimine e i costi sociali che il crimine determina. Ma tutto questo pare che non venga compreso”.

Riguardo all’aumento dei suicidi nel periodo estivo, il magistrato osserva: “Quest’anno c’è stato più caldo e ne sono morti di più, in questo periodo l’aumento dei suicidi è fisiologico. Abbiamo sempre riscontrato che nel periodo estivo il tasso dei suicidi aumenta notevolmente sia per il caldo, sia l’intollerabilità della permanenza al chiuso in quelle celle microscopiche. Ci dimentichiamo molto spesso che abbiamo a che fare con esseri umani. Al caldo – continua – si aggiunge anche il fatto che nel periodo estivo non c’è la scuola, non ci sono svaghi, non c’è niente che tu possa fare di diverso dal restare chiuso 24 ore su 24 all’interno di una cella. Non si è mai posto un rimedio alla mancanza di attività ricreative nelle carceri durante il periodo estivo, eppure non costerebbe un granché“.

Sabella, tuttavia, spiega che il vero problema non è dato dalle dimensioni della cella: “Da studi che ho fatto quando mi occupavo di edilizia penitenziaria, ho realizzato che l’Italia è nel mondo il paese che ha il miglior rapporto metro cubo di costruzione penitenziaria a detenuto. Un detenuto italiano, infatti, ha circa 6 metri cubi a disposizione, un detenuto olandese ne ha 2 al massimo. Il problema però non è lo spazio a disposizione, ma la qualità di quegli spazi e il modo in cui sono utilizzati dai detenuti. Se un detenuto – spiega – deve mangiare e usare il bagno nello stesso posto, come accade in moltissime carceri italiane, gli stiamo dando un pessimo servizio, lo stiamo trattando come una bestia. Noi dobbiamo migliorare la qualità della detenzione. Perché la struttura non dev’essere climatizzata, maledizione? Non avete idea delle lotte che ho dovuto condurre per introdurre i frigoriferi”.

Il magistrato, infine, cita Luigi Pagano, ex direttore del carcere di San Vittore per 15 anni: “Non servono nuove carceri, ma carceri nuove. Ma questo principio non è stato mai ascoltato perché gli interessi sono diversi. Le ragioni per cui si continuano a mantenere i detenuti in queste condizioni sono tante, riguardano tanti aspetti di categoria, molte tutele di piccoli privilegi e alcune idee di carattere politico generale. Preferisco sinceramente non dirle, perché se le dicessi mi massacrerebbero più di quanto mi massacrano – conclude – Ho tutta la stima possibile e inimmaginabile per il personale della polizia penitenziaria che svolge un lavoro complicatissimo. Ma l’Italia ha il miglior rapporto in Europa anche tra polizia penitenziaria e detenuti: in Italia il rapporto è 2 agenti di polizia per 3 detenuti, mentre in Spagna, Francia e altri paesi è 1 su 3. Alla luce di questi numeri si capisce che qualcosa non funziona in questo meccanismo. Se andiamo ad analizzare questi numeri, forse le soluzioni le troviamo ma preferiamo mantenere certi tipi di situazioni. Perché mantenere certi tipi di situazioni nelle carceri italiane è una scelta di molti”.

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