“Il governo ha a cuore l’accertamento della verità sulla tragica imboscata che ha tolto la vita all’ambasciatore Luca Attanasio, al carabiniere scelto medaglia d’oro al valor militare Vittorio Iacovacci e all’autista signor Mustapha Milambo”. Così il ministro Antonio Tajani, durante l’odierno question time alla Camera, rispondeva all’interrogazione della deputata Maria Chiara Gadda, vicepresidente del gruppo di Italia Viva, che aveva esordito ricordando: “Tutti noi abbiamo pianto ricordando il sacrificio del nostro ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere scelto Vittorio Iacovacci e del loro autista. Le chiediamo perché lo Stato italiano non si è costituito parte civile nel processo e soprattutto perché lo Stato italiano non ha rivolto richiesta formale all’Onu di togliere l’immunità diplomatica alle persone coinvolte”.

“Come ministero – prosegue la risposta di Tajani – abbiamo facilitato l’attività investigativa della Procura di Roma nei suoi risvolti internazionali mediante un’opportuna sensibilizzazione nei confronti delle Nazioni Unite e delle autorità di Kinshasa. Sentiamo forte l’impegno ad assicurare giustizia e onorare la memoria dei caduti, ma questa vicenda va inquadrata nel rispetto sia per l’operato e l’indipendenza della nostra magistratura, sia degli obblighi di diritto internazionale che vincolano l’Italia. Chi governa ha quindi valutato che una eventuale costituzione dello Stato quale parte civile avrebbe esposto l’Italia a responsabilità per violazione delle norme internazionali in materia di immunità delle Nazioni Unite, norme che proteggono i nostri funzionari e i militari all’estero, compresi quelli in Libano, sotto mandato dell’Onu”.

Il timore, ha spiegato Tajani che più volte è stato tirato in causa dalla famiglia che chiedeva maggiore presenza e una presa di posizione forte, è che un maggiore intervento da parte dello Stato potesse creare uno scontro con l’organizzazione internazionale. Insomma, esattamente quello che lui stesso, a suo tempo, definì “interesse nazionale“: “Una violazione di tali obblighi avrebbe comportato conseguenze rilevanti, tra cui il rischio di un contenzioso con le Nazioni Unite – ha aggiunto – Ciò avrebbe potuto sfociare in una condanna dell’Italia da parte della Corte internazionale di Giustizia. La decisione del governo è stata presa alla luce di questi fattori, senza far venire meno, mai, la vicinanza alle famiglie, testimoniata dal fatto che a pochi mesi dall’avvio del mio mandato ho voluto dedicare all’ambasciatore Luca Attanasio la scalea all’esterno del Ministero degli Esteri e al carabiniere Iacovacci una sala dell’unità di crisi all’interno del Palazzo della Farnesina”.

Una risposta che non è però piaciuta alla deputata Gadda che, così, ha replicato alle parole del ministro chiedendogli di immedesimarsi nelle famiglie delle vittime che, nel corso delle ultime audizioni di fronte alla commissione parlamentare d’inchiesta, hanno detto esplicitamente di sentirsi “abbandonate dallo Stato: “Signor Ministro, molto francamente, se lei fosse il padre di Luca Attanasio o il fratello di Vittorio Iacovacci si farebbe bastare questa risposta? Lo Stato italiano ha di certo il dovere di tutelare tutti i servitori e i funzionari che sono sparsi nei fronti più delicati, ma ha anche il dovere di proteggere la memoria, di dare giustizia e di consentire a un processo di potersi svolgere. Le carte processuali mostrano in modo molto evidente quante siano state le omissioni. L’ambasciatore Attanasio, il carabiniere Iacovacci e il loro autista Milambo sono saliti su un mezzo senza che la loro presenza fosse comunicata, senza che quel mezzo fosse protetto, senza che vi fosse una scorta. Noi siamo da sempre garantisti e lo siamo anche in questo caso, ma si può essere garantisti quando un processo si può svolgere e richiamare l’immunità non credo sia la risposta giusta. Non soltanto per onorare queste vite, ma anche per onorare l’istituzione stessa. Il Programma Alimentare Mondiale è una realtà molto importante, che deve essere in grado di garantire la tutela massima per i servitori dello Stato. Le persone coinvolte sono ancora in servizio e le loro omissioni manifeste hanno portato alla morte di un ambasciatore della Repubblica. La invito, come ministro degli Esteri e come vicepremier, a riconsiderare la vostra posizione”.

Pronto il commento di Salvatore Attanasio, padre dell’ambasciatore, che a Ilfattoquotidiano.it ha detto: “Ciò che è stato detto oggi in Parlamento dimostra l’inadeguatezza del governo nella gestione di questo dossier. Che c’entra il contingente in Libano con la mancata giustizia per Luca, Vittorio e Mustapha? Ciò che si deduce dalle parole del ministro è invece che lo Stato è rimasto immobile perché teme ritorsioni dalle organizzazioni internazionali, si nasconde dietro ipotetici contenziosi, quando lo stesso Gup nelle motivazioni del non luogo a procedere ha scritto che lo Stato poteva agire e non l’ha fatto. Inoltre, se la Farnesina è davvero intervenuta per facilitare il compito degli inquirenti, non ha ottenuto grandi risultati. I Ros non hanno mai nemmeno potuto andare a Goma per vedere i luoghi dell’attentato, i veicoli, eventuali testimoni, perché le autorità di Kinshasa non garantivano per la loro sicurezza. Le intitolazioni fanno piacere, ma non sono di alcun aiuto nella ricerca della verità e della giustizia. Il vero aiuto sarebbe quello di non cedere alle pressioni internazionali e alzare forte la voce per consentire alla magistratura di appurare eventuali responsabilità. Non dimentichiamo che c’è un secondo filone di indagine ancora aperto contro ignoti”.

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