Il sequestro di numerosi autovelox – del modello T-EXSPEED v.2.0 – in diverse città italiane (da Cosenza a Venezia, passando per Cerignola e Reggio Emilia) è la prima grande diretta conseguenza della recente ordinanza della Corte di Cassazione sull’argomento. Una vicenda molto complessa che è la replica, su vasta scala, di quanto avvenuto lo scorso anno (sempre su iniziativa della Procura di Cosenza, ma bloccato dal Tribunale del Riesame). Una questione che tocca tanti campi – giuridico, amministrativo ma anche politico – che rischia di stravolgere l’intero mondo degli strumenti di controllo della velocità. Perché senza interventi legislativi, con la nuova interpretazione data dalla Suprema Corte, in pratica in Italia dovrebbero essere ritirati tutti gli autovelox (compresi, ad esempio, anche quelli in uso alla stessa Polizia stradale). La Lega – che della lotta a quelli che definisce “autovelox selvaggi” ha fatto un cavallo di battaglia – è subito intervenuta per ricordare di essere “al lavoro”, in primis con il ministro Matteo Salvini, “per mettere ordine in una situazione di caos“: ma il vicepremier leghista, proprio quando poteva intervenire per evitare il caos, non lo ha fatto (almeno non ancora).
La storica diatriba – Andando con ordine, al centro di questa vicenda c’è una storica diatriba riguardante l’interpretazione di due termini “omologazione” e/o “approvazione“. Il problema nasce già dal regolamento di esecuzione e attuazione del Codice della Strada, risalente al 1992, dove vengono citate le due procedure. Tra sentenze e circolari ministeriali la questione è stata molto dibattuta. Nel 2020 il ministero della Infrastrutture e Trasporti ha provato a chiarire la vicenda affermando che vi era “equivalenza sostanziale tra le due procedure“. Per gli autovelox bastava pertanto la sola approvazione del ministero: anche perché in tutti questi anni l’iter e i criteri dell’omologazione non sono mai stati previsti. Quindi ancora oggi nessun autovelox è omologato. Ma la querelle non è terminata. Anzi, lo scorso aprile la seconda sezione civile della Corte di Cassazione ha annullato la sanzione a un automobilista perché l’autovelox era sì “approvato”, ma non “omologato”: per la Suprema Corte approvazione e omologazione sono due procedimenti distinti con finalità diverse ed entrambi necessari. E così questo vuoto normativo potrebbe causare conseguenze estremamente rilevanti.
L’inizio della vicenda Casertana – Prima ancora dell’ordinanza della Cassazione, a fine luglio 2023 la procura di Caserta sequestra in via d’urgenza gli autovelox modello T-EXSPEED v.2.0 utilizzati da tre Comuni del Casertano (Rovito, Luzzi e San Fili) e indaga per truffa il legale rappresentate della società LaBconsulenze, ditta che aveva noleggiato gli strumenti agli enti locali. La procura contesta, tra le altre cose, il fatto che quegli autovelox sono approvati ma non omologati e che vi sarebbero difformità relative al prototipo depositato al ministero. E poco dopo il gip convalida il sequestro. A settembre però il Riesame annulla il provvedimento e dissequestra tutti gli autovelox, rispondendo punto per punto alle contestazioni della procura.
Il punto del Riesame – I giudici del Riesame scrivono che non si può considerare “sussistente il fumus relativo al reato contestato”. Motivando la decisione i magistrati ripercorrono tutta la vicenda della diatriba omologazione/approvazione – tra sentenze della Cassazione, decreti e circolari ministeriali – e sottolineano che per quanto riguarda la procedura di omologazione “allo stato tali norme non sono state ancora elaborate” e “attualmente tutti i dispositivi di rilevazione di velocità sono soggetti alla sola approvazione“. Il Riesame, pertanto, non ravvisava alcun problema: anche relativamente alle altre contestazioni, come la presunta difformità con il prototipo depositato al ministero.
Il nuovo sequestro – Tutto finito? Assolutamente no. Il 25 luglio scorso il gip, su richiesta della Procura, dispone un nuovo sequestro preventivo – eseguito dalla Polizia Stradale – dell’autovelox modello T-EXSPEED v.2.0 e questa volta non solo nei comuni calabresi ma anche nel resto d’Italia, da Venezia a Reggio Emilia. Cambia anche il reato contestato: questa volta è frode nelle pubbliche forniture e gli indagati sono sei. Le argomentazioni sono praticamente quelle del precedente sequestro ma questa volta, nel provvedimento, il gip cita anche l’ultima sentenza della Corte di Cassazione sezione civile: quella ormai nota che ritiene necessaria l’omologazione oltre che l’approvazione ministeriale.
E gli altri autovelox? – Anche in questo caso il sequestro riguarda solo un modello di autovelox (il T-EXSPEED v.2.0 prodotto dalla società Kria), ma secondo questa interpretazione – come già dichiarato dallo stesso Riesame – tutti gli autovelox potrebbero essere disattivati e dichiarati illegali, in quanto non omologati. Per esempio basta cercare su internet i modelli di autovelox a disposizione della Polizia Stradale per notare che esistono solo i decreti di approvazione.
Il ruolo della politica – Un vuoto normativo che rischia pertanto di rendere inutilizzabili in Italia tutti gli strumenti di controllo della velocità. Chi può risolve il problema è la politica. Immediatamente dopo la diffusione della notizia del sequestro il partito di Salvini è intervenuto con una nota stampa: “La Lega, in primis il ministro Matteo Salvini, è al lavoro per mettere ordine in una situazione di caos. La salvaguardia degli utenti della strada e dei pedoni è una priorità, ma senza tartassare i cittadini con migliaia di autovelox illegali che non aumentano la sicurezza ma solo le multe”. Autovelox “illegali” molto probabilmente, però, proprio per l’assenza di norme. Lo stesso Matteo Salvini che a fine maggio scorso ha presentato in pompa magna l’approvazione del suo decreto ministeriale finalizzato a disciplinare in modo rigoroso l’uso e la collocazione degli autovelox: “Fine della giungla”, aveva dichiarato. Un decreto successivo alla pronuncia della Corte di Cassazione ma che non affronta in nessun modo il problema sollevato dai giudici del Palazzaccio. E questo più che risolvere il caos, rischia di alimentarlo.