Ismail Haniyeh aveva 62 anni e dal 2017 era il capo politico di Hamas. Da tempo era obiettivo di Israele. E nell’aprile scorso Tel Aviv aveva ucciso tre dei suoi figli. Li aveva definiti “martiri sulla strada della liberazione di al Aqsa e di Gerusalemme” aggiungendo anzi “ringrazio Dio per questo onore che mi ha concesso con il martirio dei miei tre figli e di alcuni nipoti”. In un’intervista rilasciata all’epoca al canale satellitare Al Jazeera aveva dichiarato che le uccisioni non avrebbero fatto pressione sul gruppo affinché ammorbidisse le sue posizioni nell’ambito dei negoziati in corso con Israele per il cessate il fuoco. Il nome di Haniyeh compariva anche nell’elenco del procuratore capo della Corte Penale Internazionale che aveva chiesto alla Camera preliminare del tribunale de L’Aia di emettere mandati di arresto per il premier israeliano e per i vertici dell’organizzazione terroristica.

Una militanza dai tempi dell’università – Nato nel campo profughi di Shati a Gaza da genitori fuggiti dalla città di Asqalan dopo la creazione dello Stato di Israele nel 1948, Haniyeh ha studiato all’Istituto al-Azhar di Gaza e si è laureato in letteratura araba all’Università Islamica di Gaza. Militante islamista dagli anni 80, era diventato capo politico nel 2017 prendendo il posto di Khaled Meshaal, prima di fuggire in esilio in Qatar nel 2019 e lasciare il comando nella Striscia di Gaza a Yaya Sinwar. Nel 1983, mentre era ancora all’università, Hanyieh si unì al Blocco studentesco islamico, precursore di Hamas, poi scalò i ranghi all’interno di Hamas come stretto collaboratore e assistente del cofondatore di Hamas, il defunto sceicco Ahmed Yassin.

Il carcere e la famiglia – Haniyeh è stato in carcere in Israele dopo le manifestazioni di protesta nel 1987 e nel 1988: Nel 1992 è stato nuovamente arrestato e deportato assieme ad altri nel sud del Libano, tornando poi a Gaza. Nel 1993 è tornato a Gaza diventando preside nell’Università Islamica. La sua carriera politica lo ha visto occupare il ruolo di Primo ministro dell’Autorità nazionale palestinese dal 2006 al 2007. A causa delle forti tensioni interne – tra Abu Mazen e Hamas – fu quindi incaricato di costituire un governo di unità nazionale che però ebbe vita breve e si concluse con la presa della striscia di Gaza da parte di Hamas. Era sposato e aveva avuto 13 figli, di cui i tre morti nel raid di Tel Aviv.

Gli attentati e il Qatar – Imprigionato più volte dalle autorità israeliane, Haniyeh ha vissuto dentro e fuori la Striscia di Gaza, scampando a diversi tentativi di assassinio. Fu brevemente primo ministro palestinese: nominato nel 2006 dal presidente palestinese Mahmoud Abbas, fu destituito un anno dopo che Hamas estromise il partito rivale Fatah dalla Striscia di Gaza. Nel 2017 è stato eletto capo dell’ufficio politico di Hamas e nel 2018 il dipartimento di Stato Usa lo ha designato come terrorista. Negli ultimi anni ha vissuto appunto in Qatar, prima di lasciare il paese che non poteva più garantirgli sicurezza e agio mentre i gazawi venivano bombardati e affamati. In questi giorni si trovava a Teheran per partecipare alla cerimonia di insediamento del presidente iraniano Masoud Pezeshkian ed è con lui che è stato fotografato prima di morire.

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