Torture, vessazioni, uomini ridotti in schiavitù: lo scenario da incubo che si cela dietro le sempre più diffuse “truffe amorose”
È di pochi giorni fa la notizia della morte dell’uomo che era convinto di avere una relazione amorosa (rigorosamente virtuale) con un profilo fake di Dua Lipa.
ma la verità è che le truffe sentimentali trovano sempre nuove vie per insinuarsi nelle vite delle persone. L’obbiettivo, in genere, è sottrarre ai malcapitati i risparmi di una vita. Quello che però forse non tutti sospettano è che in alcuni casi dietro ai messaggini dei truffatori si possa nascondere persino una tratta di schiavi.
ATTENZIONE A QUESTO SMS – L’ultimo inganno dal quale guardarsi bene inizia con un apparentemente innocuo messaggio che recita: “Ciao! Non ci vediamo da molto tempo, non so se ti ricordi ancora di me, mi manchi davvero. Il mio account WhatsApp è stato sospeso e vorrei che aggiungessi il mio account Telegram. Puoi cliccare sul link Telegram qui sotto per contattarmi”. La puzza di truffa è alquanto forte, ad ogni modo vi ricordiamo di non cliccare assolutamente su alcun link. I colleghi del Corriere, invece, lo hanno fatto per realizzare un’inchiesta, ed ecco che cosa hanno scoperto.
L’ULTIMA TRUFFA ROMANTICA – Il click li ha condotti su Telegram, e qui hanno iniziato a conversare con una presunta donna asiatica di nome WeiWei. Un messaggio tira l’altro e sebbene ci si renda conto di non conoscere la propria interlocutrice si finisce ugualmente per intavolare una conversazione che – guarda un po’ – si sposta ben presto su domande inerenti lo stile di vita della persona truffata. Insomma, bisogna capire se la preda è economicamente appetibile.
Arriva pure uno scambio di foto: tutto è teso a creare con la vittima un legame che assuma i contorni di una “storia d’amore”, con tutte le virgolette del caso, in modo da convincere il malcapitato di turno a versare soldi per i motivi più diversi.
LA TRUFFA CHE VIENE DAL SUD-EST ASIATICO – Quando però ci si accorge che il prefisso del numero di WeiWei non corrisponde a quello di Hong Kong, come la donna fa credere, ma a quello della Cambogia, si apre un altro, inquietante capitolo.
Già da qualche anno diverse testate straniere, da The Economist al Time, hanno portato alla luce il sistema per cui migliaia di persone del sud-est asiatico vengono obbligate a compiere truffe online dopo essere state a loro volta truffate e derubate, per esempio attraverso falsi annunci di lavoro. Veri e propri luoghi di prigionia in cui questi individui sono costretti da malviventi armati a portare avanti un serrato lavoro di inganno ai danni del prossimo. Non solo: subiscono torture, qualche volta operazioni chirurgiche per presunti traffici di organi, e c’è persino chi può essere venduto come schiavo ad altre organizzazioni criminali. Il confine tra vittima e carnefice ha contorni più sfumati che mai.
LA STORIA DI BILLY – Un copione simile alla storia di Guracha Belachew Bersha, detto Billy, pubblicata dal Wall Street Journal. Si tratta di un uomo etiope di 41 anni che, convinto di sostenere dei colloqui per un’azienda informatica, è stato rapito e portato in Myanmar, in un edificio nel quale circa 20mila persone ogni giorno sono al lavoro su truffe online.
L’inferno per lui è durato un anno e quattro mesi. In questo lasso di tempo la sua riluttanza a ingannare il prossimo gli è costato torture e cicatrici, e non pochi traumi a livello psicologico. Come quello causato dal fatto che una vittima delle sue truffe innamoratasi di Alicia, alter-ego femminile dello stesso Billy, si è gettata dell’acido in faccia.
COME DIFENDERSI – Non è sempre facile rendersi conto di essere davanti a una truffa su WhatsApp o Telegram, ma qualche accortezza può evitarci il peggio. I messaggi insoliti, ad esempio, è sempre bene ignorarli. Se il mittente è una persona che conosciamo davvero troverà un altro modo per contattarci. Fondamentale anche non condividere mai informazioni personali o finanziarie con individui sulla cui identità non siamo più che sicuri. Si tratta di piccole accortezze che però possono letteralmente salvarci la vita.