A dispetto di 6 anni di quasi totale silenziamento sull’autonomia differenziata – dalla firma delle pre-intese da parte del Governo Gentiloni con Maroni (Lombardia), Zaia (Veneto) e Bonaccini (Emilia-Romagna) per iniziare il percorso di queste regioni verso l’autonomia differenziata, consentita dal c. 3 dell’art. 116 della Costituzione, revisionata nel 2001 – oggi i/le cittadini/e sono ben coscienti dei danni irreversibili che la legge 86, quella del ministro Calderoli, provocherà sull’unità e indivisibilità della Repubblica italiana.

Con protervia vari governi hanno impedito la raccolta online delle firme, e ora finalmente si è attivata la procedura, consentendo a centinaia di migliaia di persone di praticare una forma di democrazia partecipata per dar vita al referendum abrogativo, che questa volta mira a impedire di spaccare l’Italia come vorrebbe la legge 86. Che stabilisce la procedura attraverso le quali le regioni a statuto ordinario potranno chiedere autonomia differenziata fino a 23 materie (sanità, istruzione, infrastrutture, ambiente, governo del territorio, sicurezza sul lavoro e molte, molte altre).

La legge Spacca-Italia, approvata nonostante una serie di autorevoli pareri critici o ipercritici (Banca d’Italia, Commissione Europea, Confindustrie del Sud, Corte dei Conti, Ufficio Parlamentare di Bilancio, Cei, Svimez), che hanno parlato di aumento esponenziale delle diseguaglianze, di gravissimo rischio per i conti pubblici, di frammentazione dei processi amministrativi che danneggeranno non solo i cittadini ma anche le imprese, potrebbe non passare indenne alla valutazione popolare.

La raccolta delle firme e, se la Corte costituzionale l’ammetterà, il referendum contro la legge Calderoli sono per noi dei Comitati per il Ritiro di ogni Autonomia differenziata, l’unità della Repubblica, l’uguaglianza dei diritti – che da quasi 6 anni siamo mobilitati su questo tema, formando, (contro)informando, creando connessioni e collaborazioni per scongiurare la “secessione dei ricchi” – una grande soddisfazione: siamo consapevoli di aver contribuito in qualche misura a questo risveglio di consapevolezza democratica.

La straordinaria risposta alla raccolta delle firme online (la piattaforma pubblica è stata attivata giovedì 25 luglio e alle ore 9 del 31 luglio le firme raccolte sono 327.734) non deve far dimenticare lo sforzo che una serie di soggetti – interni o esterni alla Via Maestra, l’ampia coalizione organizzata dalla Cgil per rispondere agli attacchi del governo alla Costituzione repubblicana e allo Stato sociale – svolgono quotidianamente, in una delle estati più calde di sempre, per raccogliere con i banchetti le firme dialogando con le persone, rispondendo a domande, informando sui contenuti della legge 86. Noi dei Comitati – lì dove siamo presenti – ogni giorno, anche più volte al giorno, organizziamo banchetti per raccogliere le firme. E partecipiamo volentieri a quelli di altre forze in campo: banchetti unitari, come unitaria è la volontà di restituire la parola a cittadine e cittadini.

Per chi, come me, abbia partecipato già ad altre raccolte, la risposta delle persone questa volta è davvero straordinaria: si passa dal “meno male che vi abbiamo trovato”, “una firma di cui sono veramente felice” al frequentissimo (e condivisibilissimo) rammarico in ricordo di chi (durante il Risorgimento o durante la Resistenza) ha sacrificato se stesso per creare un paese unito in un regime democratico, garante dei diritti universali delle persone, gettando il seme che avrebbe dato vita alla Repubblica. Ti accorgi di quanto le persone abbiano voglia di parlare, di esprimere il proprio disagio, di condividere preoccupazioni e turbamenti per lo stato delle cose, per le derive autoritarie, per la limitazione degli spazi di libertà, per la sorte individuale e collettiva di un paese che vede aumentare vieppiù le disuguaglianze sociali e i divari tra i territori.

Questa connessione sentimentale e politica con le singole persone che la raccolta firme per il referendum sta portando alla luce è utilissima anche per la campagna referendaria che, raggiunto l’obiettivo e acquisito auspicabilmente il parere di ammissibilità del quesito referendario da parte della Consulta, sarà la base per portare al voto sul referendum la metà più uno degli elettori il prossimo anno. Un impegno enorme, che dovremo assolvere con convinzione, capacità e caparbietà tutti/e insieme. Il numero di firme raccolte nei banchetti, a conti fatti (cioè a settembre, quando smetteremo di raccogliere per consentire la consegna delle firme in Cassazione) sarà sorprendente. Buone notizie per la Repubblica e la partecipazione, al momento, dunque.

Che mal si coniugano con le dichiarazioni di due presidenti di regione – Luca Zaia del Veneto e Massimiliano Fedriga del Friuli Venezia Giulia – che convergono su una convinzione: la “narrazione” inaugurata da chi ha organizzato e sta portando avanti la raccolta delle firme è falsa e tendenziosa. “Il vero spacca Italia sarà proprio il referendum. La sinistra che raccoglie firme avrà enormi difficoltà a spiegare la sua contrarietà nei territori”. Così Luca Zaia, in un’intervista alla Gazzetta del Sud, che su Forza Italia dice: “Chi è contro l’autonomia differenziata è contro la nostra Carta, e chi non vuole cambiare è perché vuol restare in questa situazione”. Quotidiani sono infatti i contrasti in seno al governo su una materia divisiva e certamente non digerita del tutto dagli alleati di governo della Lega. Ancora più netto il presidente Fedriga: “Purtroppo si stanno prendendo in giro i cittadini raccontando menzogne. E chi cavalca queste menzogne non fa un dispetto all’altra parte politica, ma ai cittadini italiani”.

Le verità inconfutabili sono due: abbiamo una grande facilità a raccontare nei territori i motivi per i quali la “secessione dei ricchi” fa male sia al Sud che al Nord. Abbiamo a disposizione dati, documenti, pareri di costituzionalisti ed economisti che da anni studiamo e confrontiamo; le nostre conoscenze sono salde e circostanziate – dalle considerazioni della stessa Commissione europea, a Gimbe, alla Svimez, all’Upb, a singoli studiosi come G. Viesti, a giornalisti di inchiesta come M. Esposito. Invece di pronunziare frasi generiche sui presunti benefici dell’autonomia differenziata, i governatori Fedriga e Zaia li leggessero e facessero tesoro dei loro dati inoppugnabili.

Viceversa, le affermazioni che precedono, così come il testo della legge Calderoli, non sono supportate da alcun dato, se non dalla clausola ricorrente numerose volte nella legge stessa del “senza oneri aggiuntivi per lo Stato” e dalla volatile e contraddittoria promessa che tutti, anche il Sud, ne trarranno vantaggio. Come si farà ad avere benefici al Nord e al Sud a risorse finanziarie invariate rimane un mistero che i governatori Fedriga e Zaia non svelano.

Se come sostiene il ministro Calderoli, e come la legge 86 ripetutamente afferma, l’attribuzione di ulteriori e differenziate forme di autonomia alle regioni a statuto ordinario è una riforma a costo zero, ciò significherà la istituzionalizzazione delle diseguaglianze nel Paese e dello iato tra Nord e Sud, penalizzando tutti/e coloro che non avranno risorse necessarie a fronteggiare la privatizzazione dei servizi pubblici. Ciò che i governatori leghisti vogliono è potere per garantire il profitto a una ristretta fascia di imprese, quelle del loro territorio: una storia antica. Alla quale dobbiamo dire assolutamente no.

Firmate e fate firmare per il referendum abrogativo, cercando i banchetti più vicini a voi o attraverso la firma digitale. E non scoraggiatevi se la piattaforma vi dovesse dare un messaggio di “errore”. Fortunatamente lo fa quando è sovraccarica di richieste, come in questi giorni. Una firma li fermerà.

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