Politica

Centro sperimentale di cinematografia, ecco perché ho fatto un’interpellanza

Tanto per cambiare, uno dei primi atti del ministro Sangiuliano è stato sollecitare il cambio delle cariche al Centro Sperimentale di Cinematografia. L’Ente, istituito nel 1935, gestisce la prestigiosa Scuola Nazionale di Cinema e la Cineteca Nazionale, uno dei più importanti archivi cinematografici a livello internazionale, che conserva il patrimonio storico del cinema italiano. Da sempre il CSC – oggi Fondazione – rientra purtroppo nello spoils system, ma si era sempre avuto il buon gusto di cambiare le cariche a scadenza.

Stavolta c’era fretta, come per l’Inps diretta da Tridico. Così, in pochi giorni, si è fatta saltare la presidente Marta Donzelli, per piazzare al suo posto Sergio Castellitto. Celebre personalità del nostro cinema, le cui indiscusse competenze non sono tuttavia automaticamente sovrapponibili a quelle che servono per gestire una fondazione culturale pubblica. Nemmeno io però avrei le competenze per saperlo e qui mi fermo.

Noto però che tra i primi atti del Presidente e del nuovo CdA, dove siedono altre due maestri come Pupi Avati e Giancarlo Giannini, è stato nominato il produttore e imprenditore Angelo Tumminelli (che ha riportato a teatro Castellitto nel 2022) per “Attività di ausilio a Presidente con riferimento alle attività istituzionali della Fondazione, ai rapporti con gli Organi e con altri soggetti pubblici e privati”. Questo ruolo, non previsto negli organigrammi della Fondazione, viene di fatto declinato come un plenipotenziario e pesa sul bilancio per 105.000 euro l’anno. Inoltre, pur avendo il CSC la facoltà di avvalersi a titolo gratuito dell’Avvocatura dello Stato, sono stati attivati quattro contratti da 139.000 euro – per complessivi 570.000 – per la “esecuzione del servizio di assistenza legale stragiudiziale, a consumo” per gli avvocati. Si aggiungano, oltre a impegni di minore importo, contratti per competenze già disponibili all’interno della fondazione a Mario Sesti, critico cinematografico, come responsabile comunicazione in ragione di 40.000 euro.

Ve lo ricordate il curioso caso del Monsignore accusato di non aver diffuso alcune parti della missiva in cui il Papa emerito criticava la collana “La teologia di Papa Francesco”? Dario Edoardo Viganò, ex prefetto della comunicazione per la Santa Sede, docente ed esperto di Semiotica del cinema e degli audiovisivi, linguaggi e mercati dell’audiovisivo, entra come direttore editoriale, in ragione di 25.000 euro.

Fatte queste premesse, ho deciso di fare un’interpellanza per altri motivi che ora vi descrivo brevemente.

Sangiuliano, come potete immaginare, esercita le funzioni di vigilanza sulla Fondazione. Il ministro sa che anche al fine di ammortizzare parzialmente maggiori oneri complessivi per 726.000 euro, nel mese di luglio è stata data comunicazione interna del non rinnovo di 17 contratti biennali, con il risparmio di 189.000 euro, un terzo dei costi per consulenze aggiuntive? I 17 tecnici erano impegnati da almeno due anni al progetto finanziato dal Mic per la digitalizzazione del nostro patrimonio audiovisivo di inestimabile valore storico, culturale, economico.

Lo dico in un modo semplice al Ministro: l’interruzione dei contratti determinerebbe il sottoutilizzo, se non il fermo, di tecnologie avanzate costate dieci milioni di euro; la perdita di risorse umane che hanno lavorato con impegno e passione dopo aver seguito un iter formativo complesso; e il rallentamento della salvaguardia di un patrimonio fortemente a rischio. I materiali più preziosi della Cineteca del CSC sono le pellicole in nitrato, altamente infiammabili: oltre a dover essere digitalizzate con urgenza, vanno conservate in particolari condizioni. A questo proposito chiedo quali precauzioni sono state introdotte per evitare un nuovo incendio, come quello che, il 6 giugno, ha distrutto un cellario intero, con perdita di importanti film anni 30 e 40, appartenenti anche a depositi privati.

Dopo l’intervento di vigili del fuoco e carabinieri, finora le uniche preoccupazioni sono state: una mail per proibire ai dipendenti di rivelare all’esterno l’accaduto; un contratto con vigilanza privata per presidiare i depositi. Se i problemi non si riescono a risolvere, basta “arrestarli”. Ma vi pare normale? Non una riga sui giornali. Non un comunicato nemmeno per ricostruire i fatti.

Vista la grande presenza di comunicatori attendo comunicazioni anche io in qualità di deputato circa: lo stato di conservazione dei materiali (risultano chiusi per muffe nocive anche depositi di non infiammabili); le condizioni di sicurezza di oltre un milione di metri di nitrato che può andare in autocombustione sopra i 41 gradi con perdita del cinema italiano, rischio dell’incolumità dei dipendenti, mentre l’enorme carico d’incendio in casi estremi potrebbe addirittura propagarsi nel quartiere circostante; il proseguimento del lavoro svolto da quei 17 lavoratori per la digitalizzazione del nostro patrimonio audiovisivo.