Ha scelto il palco della più potente associazione di giornalisti neri d’America per attaccare Kamala Harris sul modo in cui negli anni ha parlato delle sue origini afroamericane, nei giorni in cui la sua avversaria è impegnata in incontri con alcune importanti confraternite di colore del paese. In cerca di voti della comunità nera Donald Trump, l’uomo che da presidente fece propria la teoria complottista secondo cui Barak Obama sarebbe nato in Africa, ha deciso di affrontare il tema dell’identità razziale della candidata democratica nella campagna per le presidenziali del 5 novembre.

Secondo molti era solo questione di tempo e ieri è accaduto. La prima donna di colore candidata alla Casa Bianca, in un paese nella cui storia non ci sono donne e un solo presidente di colore, è finita per le sue origini nel mirino del tycoon newyorkese. E’ successo di fronte alla National Association of Black Journalists (Nabj), dove il candidato repubblicano è stato subito incalzato dalle domande di una delle tre reporter che lo hanno intervistato e che gli ha ricordato le frasi e le accuse discriminatorie pronunciate negli anni nei confronti della comunità black. “Lavori per la Abc per caso? Loro sono i peggiori”, ha replicato sarcastico Trump che poi ha rivendicato di essere stato il “miglior presidente per i neri dai tempi di Abraham Lincoln“. “Meglio del presidente Johnson, che ha firmato il Voting Rights Act?”, lo ha incalzato Rachel Scott di ABC News. Domanda a cui Trump non ha replicato.

Imperterrito The Donald ha proseguito con la sua solita retorica estrema passando da una gaffe – ha parlato di “lavori per i neri” per poi correggersi subito dopo – a un’offesa alla sua rivale, di madre indiana e padre giamaicano: “Non sapevo che fosse nera fino a qualche anno fa, quando è diventata nera, e ora vuole essere conosciuta come nera. Quindi non so, è indiana o è nera?”, ha detto Trump suggerendo che la rivale stia cercando in questo modo i voti delle comunità afroamericane. Harris “era indiana fino in fondo”, ha aggiunto, ma poi “è diventata una persona nera“. Un commento che la Casa Bianca ha bocciato come “offensivo” e “ripugnante”.

L’attacco di Trump è arrivato ​​in un momento in cui Harris sta partecipando a diversi eventi che avrebbero potuto avere risonanza tra le donne nere. L’apparizione di Harris al raduno Sigma Gamma Rho mercoledì sera è stato l’ultimo sforzo del suo ampio impegno verso i membri di confraternite storicamente nere. A luglio la candidata dem ha parlato alla sua confraternita, Alpha Kappa Alpha, e si è rivolta a un altro gruppo, Zeta Phi Beta, la settimana scorsa. Il giorno prima, aveva parlato a una folla di 10 mila persone ad Atlanta, molte delle quali erano donne di colore entusiaste del suo ingresso nella corsa. Oggi, poi, è atteso un suo intervento al funerale della deputata democratica texana Sheila Jackson Lee, che i suoi ammiratori consideravano una voce forte per gli afroamericani e le donne di colore.

Da parte sua Harris ad Atlanta ha sfidato Trump al dibattito tv. “Se hai qualcosa da dire dimmelo in faccia“, ha detto la vice presidente che ha ballato, incitato la folla. E interrogata sulle accuse di Trump, la vicepresidente ha preferito non entrare nell’argomento: “Il popolo americano merita di meglio“. E’ “il solito vecchio show – ha aggiunto -: divisione e mancanza di rispetto“.

Intanto, continua il toto nomi per il vice presidente che Harris dovrebbe annunciare nei prossimi giorni. Secondo quanto riportato da Axios, la scelta potrebbe ricadere su un governatore poiché la campagna sta facendo pressione sui finanziatori di Wall Street affinché stacchino il prima possibile gli assegni con le loro donazioni in quanto una norma della Sec vieta contributi ai ticket presidenziali che includono il capo di uno Stato in carica. Se questo fosse vero, il primo da escludere sarebbe Mark Kelly, l’unico senatore in corsa, mentre resterebbero in gara i governatori di Kentucky (Andy Beshear), Minnesota (Tim Walz) e Pennsylvania (Josh Shapiro).

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