“E adesso? Dico ciao alla boxe“. La risposta è accennata, quasi buttata lì alla fine di un’intervista alla Stampa. Ma il senso pare inequivocabile: Angela Carini ventila il ritiro dal pugilato dopo il caso politico-sportivo che l’ha portata alla ribalta, il ritiro nel match olimpico contro Imane Khelif, atleta algerina intersessuale e iperandrogina (ha livelli di testosterone più alti del normale) e perciò esclusa dai Mondiali 2023, ma non dai Giochi a causa di parametri differenti. L’ipotesi che la boxeuse azzurra smetta di combattere è l’apice di uno psicodramma politico-ideologico sviluppatosi intorno alla vicenda e alimentato dalla maggioranza che sostiene il governo. Già il giorno prima dell’incontro, il 31 luglio, era intervenuto il ministro dello Sport Andrea Abodi: “Nell’evento che rappresenta i più alti valori dello sport si devono poter garantire la sicurezza di atleti e atlete, e il rispetto dell’equa competizione dal punto di vista agonistico. Domani per Angela Carini non sarà così”, aveva sentenziato. E in Parlamento la destra si era scatenata parlando di “indecenza” e “deriva ideologica” (video).

Insomma, già prima di iniziare il match era stato caricato all’inverosimile di significati. Tanto più che la premier Giorgia Meloni ha scelto di recarsi a Parigi, in visita a Casa Italia, proprio in contemporanea con la sfida tra Carini e Khelif. Che, come sappiamo, è durata ben poco: la 25enne campana ha abbandonato il ring in lacrime dopo pochi secondi, al primo colpo ricevuto sul naso, lamentando il dolore troppo forte. La politica non aspettava altro per scatenare il putiferio. La prima a intervenire è stata proprio la presidente del Consiglio: “Dal mio punto di vista non era una gara ad armi pari“, ha detto subito. A seguirla in coro una miriade di esponenti di maggioranza e di governo, tra cui il presidente del Senato Ignazio La Russa (“Il pianto inconsolabile di Angela ci colpisce. L’aspetto in Senato per abbracciarla”) e il vicepremier leghista Matteo Salvini (“Vergogna a quei burocrati che hanno permesso un match che evidentemente non era ad armi pari”).

Inevitabile, quindi, pensare che le pressioni politiche (implicite o esplicite) possano aver avuto un ruolo nella scelta dell’atleta di ritirarsi subito. Una ricostruzione che lei smentisce in un’intervista alla Gazzetta: “Non c’era nulla di programmato, è stata una scelta d’istinto. Secondo me è un segno di maturità e non di debolezza capire quando è il momento di farsi da parte. Ho cercato di isolarmi dalle polemiche, di non pensare a tutto quello che stava accadendo al di fuori”. La suggestione del ritiro, però, incoraggia i retroscena, alimentati dal feeling mostrato con Meloni. “So che un giorno guadagnerai con sforzo e sudore quello che meriti”, le ha detto la premier, da cui Carini ha detto di essersi sentita accolta “come da una mamma“. E nel Napoletano, la sua terra di origine, si fa largo un’ipotesi di cui dà conto Fanpage: quella che l’atleta possa diventare una sorta di “testimonial” del centro sportivo delle Fiamme Oro a Caivano, il paese simbolo di spaccio e degrado sulla cui riqualificazione Meloni ha investito moltissimo. Lo sponsor dell’operazione, secondo il retroscena, è don Maurizio Patriciello, parroco anti-camorra che ha dedicato alla pugile un messaggio piuttosto “allineato” con quelli del centrodestra: “Un grande abbraccio, Angela. Forza! Ti vogliamo bene. Su quel ring, però, non dovevi proprio salirci“.

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