La “tregua politica” proclamata da Emmanuel Macron è stata una mossa astuta: nell’euforia delle Olimpiadi, i francesi stanno vivendo una parentesi incantata in cui regna un insospettabile buon umore a Parigi, i metrò funzionano miracolosamente bene e persino i poliziotti sorridono, in un’atmosfera cioè agli antipodi dell’inferno che era stato annunciato.

Mentre si acclamano gli eroi, dal giovane prodigio del nuoto Léon Marchand al redivivo Teddy Riner, il caos politico in cui regna l’Assemblea nazionale dalle Legislative anticipate volute dallo stesso Macron, sembra un vago ricordo. “Fino a metà agosto, dobbiamo concentrarci sui Giochi. Abbiamo bisogno di nuovo entusiasmo”, aveva detto il presidente nel suo ultimo intervento su France 2, a qualche giorno dall’inaugurazione dell’evento sportivo. Da parte sua, nell’idillica scenografia del forte di Bregançon, la residenza presidenziale in Costa Azzurra dove si trova in vacanza, Macron starebbe, secondo Le Monde, “maturando il suo piano Matignon .

La questione è: chi prenderà il posto di Gabriel Attal, premier dimissionario dal 16 luglio scorso. Il profilo ideale, continua il giornale, sarebbe “un uomo o una donna, consensuale, che piaccia sia a sinistra che a destra”. Una personalità da “coabitazione”. Secondo Politico, Macron, negando la vittoria alle urne del Fronte popolare di sinistra e ignorando la candidatura di Lucie Castets per il NFP, starebbe cercando di “serrare i ranghi intorno a sé”. Sarebbe persino tentato di conservare alcuni suoi ministri più fedeli, in particolare nei ministeri strategici come la Difesa, la Giustizia e gli Interni, quindi Sébastien Lecornu, Eric Dupond-Moretti e Gérald Darmanin, che però si è già sciolto la cravatta, voltando simbolicamente la pagina del governo.

Macron ha rinviato la nomina del nuovo esecutivo a metà agosto, cioè dopo i Giochi, ma, secondo Le Monde, non è escluso che, in caso di stallo prolungato, possa prendere altro tempo e rinviare il tutto a ottobre, cioè all’apertura della prossima sessione ordinaria dell’Assemblea. In ogni caso i candidati premier sono già in campagna. Il nome più ricorrente in questi giorni è quello di Xavier Bertrand, figura del “gollismo sociale”, ex Les Républicains (LR) che nel 2022 ha fondato il suo movimento Nous France, ex ministro della Salute di Jacques Chirac e del Lavoro di Nicolas Sarkozy, e attuale governatore della regione Alta Francia.

Bertrand sembra il preferito dei macronisti. Darmanin e Bruno Le Maire, l’attuale ministro dell’Economia, gli hanno di recente riconosciuto rispettivamente “una grande competenza” e “molte qualità”. Per alcuni osservatori Bertrand avrebbe il profilo giusto per occuparsi di giustizia, sicurezza, immigrazione, servizi pubblici, potere d’acquisto, ovvero i temi considerati “prioritari” da Macron. A inizio luglio, a L’Événement, Bertrand ha appoggiato inoltre l’idea di un “governo di emergenza nazionale” guidato da una personalità consensuale di destra.

Per Matignon circola anche il nome di Laurent Wauquiez, ex ministro di Sarkozy, e attuale presidente del gruppo parlamentare della La Droite Républicains (ex LR), ma che non nasconde le sue ambizioni per l’Eliseo. Alcuni giorni fa ha smontato i suoi sostenitori dicendo di non voler entrare nel futuro governo di Macron, preferendo dunque puntare direttamente al 2027.

Da parte sua le sinistre unite nel Nuovo Fronte Popolare continuano a fare pressioni su Macron. La loro candidata premier, Lucie Castets, 37 anni, direttrice delle Finanze al comune di Parigi, approfitta della “tregua politica” per farsi conoscere. È stata in visita alla fabbrica Duralex, nella Loira, trasformata in società cooperativa dai dipendenti per sfuggire alla chiusura, e ha reso note alcune misure del suo programma, come quella di tassare i ricchi espatriati per sfuggire al fisco francese.

Castets è diventata subito bersaglio delle destre, che l’hanno accusata di “appropriazione indebita di fondi pubblici” perché fa campagna nei giorni di ferie pagate dal comune di Parigi. Lei ha assicurato che “è tutto in regola” e che “si metterà in aspettativa a tempo debito”.

Sempre Politico, avanza altre ipotesi e non esclude che Macron possa fare appello ad ex ministri più “anziani” della destra gollista repubblicana, come Jean-Louis Borloo o Michel Barnier. Figure cioè “consensuali”, ma “sul finire della carriera politica”, che non rischiano dunque di fare ombra ai giovani ambiziosi macronisti che competono tra loro in vista del dopo-Macron.

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