Economia & Lobby

Giornata nera sui mercati. Timori per la debolezza dell’economia Usa e primi dubbi sull’intelligenza artificiale

Giornataccia sui mercati azionari di tutto il mondo che pure, da inizio 2024, hanno corso un bel po’. Dall’Asia agli Stati Uniti, gli indici sono tutti in rosso deciso. Tokyo ha chiuso con un tonfo di quasi il 6%. Milano ha peso il 2,5%, Londra l’1,3%. A New York le flessioni sono state del 2,4% per il Nasdaq e dell’1,8% per l’indice S&P500 con titoli come Amazon o Intel che hanno perso il 9 e il 26%. Al di là dei casi specifici, cosa sta accadendo? Non è semplice, ad una prima lettura. Le probabilità che la Federal Reserve (la banca centrale americana) tagli il costo del denaro di mezzo punto a settembre sono aumentate, in seguito a dati che hanno segnalato una certa debolezza dell’economia americana. Una prospettiva lasciata intendere anche dalle dichiarazioni di mercoledì scorso del governatore della fed Jerome Powell.

In teoria tassi più bassi dovrebbero favorire le borse (e quindi spingere gli indici) ma in queste ore prevalgono i timori per una recessione statunitense. C’è forse anche un po’ di voglia di portare a casa i guadagni incamerati da inizio anno e quindi si vende, ognuno trova una ragione giusta per farlo, seppur con logiche apparentemente contradditorie. Gli algoritmi, dai cui automatismi dipendono ormai oltre i 2/3 degli scambi azionari, tendono ad amplificare questi movimenti.

In Giappone vale, ad esempio, il discorso opposto. A penalizzare gli indici sono stati i timori di un inasprimento della politica monetaria, mossa che tende a frenare l’economia (e quindi anche i profitti delle aziende quotate). A Milano hanno sofferto in modo particolare i titoli bancari (Unicredit – 5%, Intesa Sanpaolo – 4,4%). Un po’ per le voci di un ritorno di una tassa sugli extra profitti, un po’ perché se la Fed taglia è più facile che lo faccia anche la Bce e tassi più bassi tendono a comprimere i guadagni degli istituti di credito.

A questo quadro si aggiungono alcune trimestrali “chiave” che hanno deluso. Intel ha ad esempio annunciato un taglio dei costi da 10 miliardi di dollari, la sospensione del dividendo del quarto trimestre e una riduzione della forza lavoro del 15%. La società ha inoltre avvertito che i ricavi per il terzo trimestre saranno ben al di sotto delle attese provocando un’ondata di vendite sul titolo, in calo di oltre il 26% . In generale i grandi investimenti effettuati dai big sull’intelligenza artificiale non hanno (ancora) prodotto la spinta ai ricavi auspicata. Amazon perde quasi il 9%. Il titolo “simbolo” del settore, ovvero il costruttore di chip Nvidia, ha lasciato sul terreno il 7%. L’hedge fund Elliott ha avvisato i suoi clienti che le quotazioni di Nvidia sono gonfiate e che le aspettative sulle applicazioni dell’IA sono eccessive. Il premio Nobel per l’Economia Paul Krugman dà un’ altra lettura: i problemi vengono dal Sol Levante.