L’Istat ha fornito i dati sulle abitazioni in Italia e sono dati che dicono molto sul consumo di suolo avvenuto e sulla necessità di intervenire con una vera grande opera di riqualificazione, recupero, manutenzione straordinaria ed efficientamento energetico sugli immobili realizzati nel nostro Paese.

Istat ha reso noto che il numero complessivo delle abitazioni presenti in Italia al Censimento permanente del 2021 è di 35.271.829 unità.
Quelle che risultano occupate da almeno una persona residente sono 25.690.057, pari al 72,8% delle abitazioni totali. Le abitazioni non occupate (attenzione: in questo caso l’Istat considera non occupate quelle abitazioni dove non vi sono persone che risiedono stabilmente, per esempio le case utilizzate per affitti brevi turistici sono considerate sfitte; quindi non solo tutte abitazioni effettivamente vuote) sono, secondo l’Istat, 9.581.772 e corrispondono al 27,2% delle abitazioni complessive.

Le abitazioni in Italia sono ubicate per il 27,5% nel Nord-ovest del Paese, al Sud per il 22,8%, nel Centro Italia per il 18,9%, nel Nord-est il 18,8% e nelle Isole il 12%. Per quanto riguarda le abitazioni occupate, il 28% sono nel Nord-ovest, il 21,3% al Sud, il 20,2%, al Centro, il 19,8% nel Nord-ovest e il restante 10,7% nelle Isole. Nel 2021 nelle Isole il 34,9% delle abitazioni risultano non occupate, segue il Sud Italia con il 32%. Più contenute le percentuali al Nord-est con il 23,1% e al Nord-ovest con il 26%.

A livello nazionale si contano 116,8 abitazioni per kmq: la Lombardia presenta la densità più alta con 234,7 abitazioni per kmq, la Basilicata quella più bassa con 36,2 abitazioni per kmq. Le abitazioni costruite prima del 1919 rappresentano il 9,5% delle abitazioni complessive di queste più di 2 su 3 risultano occupate da almeno una persona residente. Le abitazioni costruite tra il 1961 e il 2000 sono state quasi 20 milioni e corrispondono al 56,3% del totale delle abitazioni. Il 26,7% delle abitazioni occupate, 6.852.371 unità, ha una metratura compresa tra gli 80 e i 99 mq; seguono quelle tra 60 e 79 mq, che sono il 20,6%, e quelle più grandi, tra 100 e 119 mq, con il 18,1%.

L’Istat, limitando il confronto ai dati delle sole abitazioni occupate, segnala che nel decennio 20211-2021 le abitazioni occupate da persone residenti sono aumentate di 1.548.733 unità, ovvero del 6,4% rispetto al 2011. L’incremento percentuale più alto di abitazioni occupate ha interessato l’Italia centrale con un +8,6%, mentre quello più basso ha riguardato le due Isole maggiori con un 5,5%. L’Istat evidenzia come gli incrementi più significativi si sono registrati nei quattro decenni antecedenti, quando le abitazioni occupate sono passate da 15.301.427 nel 1971 a 24.141.324 nel 2011, con variazioni sempre prossime o superiori al 10%.

A livello regionale, in Lombardia si riscontra la quota più elevata di abitazioni edificate in Italia, pari al 15,9% delle abitazioni totali. Seguono la Sicilia con il 9,0% di abitazioni totali, nel Lazio il 9,0% di abitazioni totali, la Campania con l’8,1% di abitazioni totali, il Piemonte con quasi l’8% di abitazioni totali, il Veneto con il 7,5 % di abitazioni totali e l’8,1% di abitazioni occupate. Le regioni con la minore quota di abitazioni presenti sono quelle meno estese, la Valle d’Aosta con lo 0,4% di abitazioni totali e lo 0,2% di abitazioni occupate, il Molise con lo 0,7% di abitazioni totali e lo 0,5% di abitazioni occupate.

Le quote più elevate di abitazioni occupate rispetto al totale regionale delle abitazioni si rileva nel Lazio con l’80,5%, in Lombardia con il 78,8%, in Emilia Romagna con il 78,2% e in Veneto con il 78,0%. E’ la Valle d’Aosta con il 56,0%, come nel 2011, a detenere il primato della percentuale più elevata di abitazioni non occupate, seguita dal Molise con il 44,6% e dalla Calabria con il 42,2%. Questa massa di dati cosa ci dice?

Che in Italia abbiamo costruito tanto, che le abitazioni in gran parte sono vecchie e necessiterebbero di un vasto programma pubblico di recupero, che persistono comunque milioni di abitazioni vuote. Infine che, nonostante l’abbondanza di abitazioni rispetto ai residenti, non si comprende, se non con una volontà speculativa imperante, perché i valori degli affitti e i costi delle case in compravendita risultano così alti. Questo è reso ancora più evidente dal dato di 20 milioni di abitazioni realizzate dal 1961 al 2000, che non hanno risposto compiutamente al fabbisogno reale, tant’è che ancora oggi sono allarmanti i dati relativi all’emergenza abitativa.

Il dato poi delle abitazioni sfitte, anche se eventualmente depurato dalle abitazioni che non sono effettivamente sfitte ma utilizzate temporaneamente da studenti, lavoratori in mobilità o per affitti turistici, restano milioni. Questo significa che si è costruito solo per rispondere ad appetiti speculativi con un consumo di suolo irresponsabile che è, anche, una delle cause dell’innalzamento delle temperature nelle nostre città.

E’ tempo che qualcosa cambi, a lisciare il pelo alla speculazione immobiliare si vive tutti più male, molti in una precarietà senza risposta abitativa stabile, e, non dulcis in fundo, non respirando per il caldo. Altro che far diventare immobili di 20 mq, con un tratto di penna, abitabili. Domanda: ma questi dati chi governa a livello nazionale o locale li legge?

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