Le due superpotenze hanno trovato un accordo diplomatico: in America tornano cronisti e dissidenti, a Mosca spie e fedelissimi di Putin
Spie in cambio di dissidenti, killer in cambio di giornalisti. Grazie alla mediazione dell’intelligence turca, i “patrioti” di Mosca che da anni erano detenuti in Occidente tornano a casa nello scambio prigionieri tra i più spettacolari della storia delle relazioni Usa-Russia. Dopo oltre un anno di negoziati, in cui sono state coinvolte anche Germania, Polonia, Slovenia e Norvegia, cruciale è stata la telefonata di Biden: il presidente Usa ha chiamato Lubiana un’ora prima di ritirarsi ufficialmente dalla corsa elettorale di novembre. Anche gli sloveni hanno infatti ceduto due prigionieri: Anna Dultseva e Artyom Dultsev, che sotto copertura si facevano chiamare Maria Rosa Mayer Munos e Ludwig Gisch. Gli agenti russi sono stati arrestati nel 2022 con l’accusa di spionaggio: il marito gestiva una società informatica, la moglie una galleria d’arte. Insieme a loro è stato liberato Roman Seleznyov, figlio di un membro della Camera bassa della Duma, arrestato dagli americani alle Maldive nel 2014 per frode e hackeraggio. Scontava una delle condanne più severe: 27 anni di prigione.
Ad accogliere gli otto russi liberati, con tappeti rossi e mazzi di fiori di benvenuto, all’aeroporto di Mosca, il presidente Putin. Tra loro non c’è solo l’uomo a cui il Cremlino teneva di più, Vadim Krasikov (l’ufficiale dei servizi Fsb che scontava l’ergastolo in Germania per l’omicidio del comandante ceceno Zelimkhan Khangosvili avvenuto nel 2019, e per cui Mosca era pronta a cedere perfino Navalny); ma anche Mikhail Mikushin, che sosteneva di essere brasiliano e di chiamarsi Jose Assis Giammaria. Era riuscito a diventare professore dell’Università artica della Norvegia nel 2021: nel 2023 gli 007 di Oslo hanno scoperto che non era un accademico, ma un agente russo.
Vladislav Klyushin era stato invece arrestato in Svizzera nel 2021 per ordine di Washington: a capo di un’azienda digitale legata al Cremlino, è stato accusato di hackeraggio e condannato a 9 anni di prigione per legami con il Gru (in particolare, con Ivan Yermakov, accusato di influenza in elezioni dal procuratore speciale Robert Mueller durante le elezioni statunitensi nel 2016). Torna a casa anche Vadim Konoshchenok, arrestato dall’intelligence estone nell’ottobre 2022 mentre tentava di esportare in Russia componenti elettronici sottoposti a sanzioni e divieto d’esportazione. In custodia in Usa dal 2023, si è sempre dichiarato non colpevole. Liberato anche il reporter ispano-russo Pablo Gonzalez, accusato dall’intelligence polacca nel febbraio 2022 di essere un agente dei servizi russi.