Checché ne dica Federico Rampini nel suo La Speranza Africana, la Nigeria non è affatto un “paese democratico”, ma come molti paesi africani è piuttosto una democrazia formale di tipo autoritario.
Ma non è questo il punto. Il punto è che dopo il Kenya ora tocca alla Nigeria: davvero potremmo essere alle porte di una nuova “primavera africana”?
A Lagos, Abuja, Mina, Kano, Katsina e altre decine di località in tutto il paese, milioni di nigeriani sono scesi in piazza nei giorni scorsi per protestare contro la peggiore crisi del costo della vita del Paese. Ad Abuja gli agenti hanno sparato gas lacrimogeni per disperdere la folla che si era radunata a pochi chilometri dalla villa presidenziale. La polizia ha lanciato gas lacrimogeni contro i manifestanti anche negli Stati di Bauchi e Borno, nel nord-est del Paese.
“Protestiamo contro la fame diffusa nel Paese e contro le diffuse disuguaglianze”, ha affermato Adeyanju Deji, attivista per i diritti umani. Su uno striscione la scritta: “Quando è troppo è troppo, Rivoluzione ora!”; su un altro “Stop al cattivo governo ora”. Il governo ha imposto intanto il coprifuoco in varie regioni del paese e forze di sicurezza e camion blindati sono stati dispiegati in molte città.
Un sondaggio dell’African Polling Institute ci dice che nonostante tutto, il 69% dei nigeriani di età compresa tra 18 e 35 anni vuole rimanere a vivere in Nigeria. Vuole un futuro nel proprio paese.
È possibile che, come in Kenya, anche in Nigeria le proteste nate per motivazioni prevalentemente economiche, e legate alla crisi alimentare del paese, assumano un carattere di concreta rivolta molto più vasta di cui non si possono oggi prevedere gli sviluppi. Come molti analisti prevedevano, le manifestazioni antigovernative iniziate in Nigeria sono sfociate in disordini che hanno provocato numerose vittime e uno stato di caos in un paese con oltre 230 milioni di abitanti!
“Abbiamo fame”, uno degli slogan gridati dai ragazzi della Generazione Z.
I partecipanti al movimento #EndbadGovernanceinNigeria (Per porre fine alla cattiva governance in Nigeria) chiedono a Bola Tinubu di tornare su alcune riforme, come la sospensione della sovvenzione al carburante, e di “porre fine alla sofferenza e alla fame” nel paese.
L’adolescenza di questa generazione africana (e non solo) in fondo è una nostalgia. Noi adulti forse rimpiangiamo l’innocenza della nostra infanzia, i giovani della generazione Z rimpiangono quel sentirsi adatti e compresi come quando erano più piccoli.
Noi parliamo il linguaggio dell’esperienza e sappiamo che le sfide si vincono oppure si perdono, ma comunque si superano. I giovani della Gen Z parlano un altro linguaggio, quello dell’ora e qui. Chiedono risposte per stare meglio adesso e chiedono soluzioni immediate. Noi non gliele possiamo dare ed è per questo che a noi non credono. Spesso hanno come la sensazione di essere nati in un epoca “sbagliata” e il desiderio di vivere in un tempo che non c’è.
Forse dovremmo solo imparare a capire (mi verrebbe da dire “ad amare”) chi non si fida più di noi, togliendoci di dosso quella sottile scintilla di orgoglio che attraversa inevitabilmente nostro sguardo.